Cultura

La Biennale dello Stretto e la possibilità territoriale

Pubblichiamo un intervento di Luciano Marabello, architetto e componente del coordinamento scientifico della Biennale dello Stretto e del coordinamento di progetto.

La Biennale dello Stretto, curata da Alfonso Femia e Francesca Moraci, contiene azioni concrete e immediate e azioni che lavorano sul tempo più lungo. In Calabria la Biennale ha restituito alla collettività gli spazi del Forte Batteria Siacci con una ricca mostra piena di intersezioni disciplinari che terminerà a dicembre. Ha innescato un flusso di dibattiti e ragionamenti rimbalzati da una sponda all’altra, temi depositati nei luoghi ma trasmessi ben oltre i confini geografici dello Stretto. La Biennale ha amplificato il respiro e il soffio vitale dello Stretto attraverso lo scambio di presenze e di idee e l’apertura continua di link concettuali e operativi utili a ripensare luoghi, ruoli e significati.

Un’idea nuova di territorio in cinque giorni intensi

Dal 30 settembre al 4 ottobre nei cinque giorni più intensi, quelli degli incontri e dei talk, la Biennale dello Stretto ha sviluppato ambiziosamente un’idea nuova di territorio pulsante che si confronta ma al tempo stesso si libera dalle dichiarazioni di intenti sulla continuità territoriale, per mettere in campo una rappresentazione sperimentale e concreta di una possibilità territoriale.

Un investimento culturale che contiene dentro le regole e la visione del progetto un metodo per sviluppare e stimolare un riposizionamento generale di quest’area all’interno dell’area mediterranea. La possibilità territoriale è quella che non esaurisce tutte le sue forze e i suoi desideri nelle infrastrutture di mobilità, seppure ne riconosce necessità e significato.

Lo Stretto

La possibilità territoriale non è soltanto una nuova pista di decollo aereo o un binario iperveloce che consenta di salire su un treno a Torino e discendere velocemente fino a Palermo, non è quella tecnica che sospende la velocità dei treni nella pancia della nave e smonta e rimonta vagoni come se fossimo naviganti metallurgici. La possibilità territoriale è quella che non è indifferente alle sponde e non è soltanto il segno netto di una retta; la possibilità territoriale è quella che rende continui e sorprendenti i luoghi anche attraverso i nodi materiali e immateriali che si stabiliscono tra i centri abitati di questa area e le altre esperienze territoriali. La possibilità è quella che sviluppa gli antecedenti e le premesse per rendere conseguenti i cambiamenti, la mobilità delle persone, delle cose e delle idee.

La possibilità territoriale e l’umanesimo delle infrastrutture

La possibilità territoriale sta nei nodi che collegano le esperienze e attraverso quei nodi di idee, di persone, di città e di mobilità, sta la chance di senso e significato. L’umanesimo delle infrastrutture è pieno di nodi e nei nodi accade sempre qualcosa da capire, progettare e governare.

Laboratori progettuali tra le due spondee

La possibilità territoriale per quest’area è riposizionarsi nella mappa del mediterraneo, derivare, dalla spinta operativa e culturale provocata della Biennale, strutture permanenti di comprensione, laboratori progettuali di area che allarghino lo sguardo trovando il significato sovra urbano senza perdere la comprensione della figurazione dei luoghi; Atelier comuni che annodino le scale di progetto e dei processi raccogliendo nuovi respiri vitali, che superino l’opposizione delle due sponde rintracciando la tensione energetica tra le rive.

Lo Stretto è un bene comune

Nei giorni della Biennale si è dato valore a qualcosa di apparentemente ovvio: lo Stretto è un bene comune e ricchezza e risorse non sono soltanto dei suoi abitanti. I beni comuni sono quelli riconosciuti tali, dalle comunità permanenti o temporanee. Ecco, nei giorni della Biennale, la comunità temporanea dello stretto si è allargata strutturando legami e nuovo interesse .

Lo Stretto è troppo carico di peso simbolico per essere delle sole comunità insediate, è troppo carico di bellezza per essere una frattura, troppo segnato e fragile per essere una cartolina, troppo variabile per essere un taglio netto. Complessità e molteplicità sono necessari per capire le sovrapposizioni dei layers: non basta la contemplazione perché lo Stretto è troppo inquieto e frattale per essere metafisico.

Luciano Marabello