La pericolosa tecno-scienza e il nichilismo, Galimberti a Messina

La pericolosa tecno-scienza e il nichilismo, Galimberti a Messina

Emanuela Giorgianni

La pericolosa tecno-scienza e il nichilismo, Galimberti a Messina

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mercoledì 30 Gennaio 2019 - 08:30

Il celebre filosofo Umberto Galimberti ospite all’Aula Magna del Rettorato per una lectio magistralis, dai toni aspri e di forte accusa, sul tema "L'Uomo nell'età della tecnica".

Umberto Galimberti, filosofo, psicoanalista, sociologo e accademico italiano, è stato ospite della nostra città per due eventi organizzati dal Gruppo Caronte & Tourist e dalla libreria Bonanzinga. Il 29 Gennaio per una lectio magistralis all’Aula Magna del Rettorato, col patrocinio dell’Università di Messina e dall’Associazione ALuMnime, dal tema “L’Uomo nell’età della tecnica” e il 30 Gennaio, all’Auditorium del Palacultura, per incontrare i giovani dei licei messinesi aderenti all’iniziativa, Maurolico/Galilei, La Farina/Basile, Archimede, Ainis, Seguenza, Verona Trento, e discutere “Il disagio giovanile nell’età del nichilismo”.

Galimberti nasce a Monza nel 1942, diviene, prima, professore incaricato di Antropologia Culturale e, poi, professore associato di Filosofia della Storia. Dal 1999, è professore ordinario di Filosofia della Storia presso l’università Ca Foscari di Venezia. Collabora con il Sole 24 ore e con La Repubblica. Nel 2002 riceve il Premio Internazionale “Maestro e traditore della psicanalisi” e, nel 2011, il “Premio Ignazio Silone”, grazie ai suoi studi su Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, arricchiti dalla profonda conoscenza filosofica e l’attenzione a pensatori quali Nietzsche e Heidegger.

Nella pienissima Aula Magna, il rettore Salvatore Cuzzocrea ha dato avvio all’evento, manifestando tutta la stima e gratitudine per la presenza dell’accademico e per il suo operato. A seguirlo i ringraziamenti di Patrizia Accordino, Presidente dell’Associazione ALuMnime, per il Gruppo Caronte & Tourist e Daniela Bonanzinga, definita “libraia illuminata”. Grazie alle loro iniziative, offrono la possibilità di conoscere le più brillanti personalità del nostro tempo, nel nostro contesto territoriale.

Galimberti introduce, da subito, il suo discorso con parole aspre e di forte denuncia nei confronti di una tecnica che non possediamo più ma dalla quale siamo, ormai, totalmente posseduti. Con l’abile, chiara e diretta dialettica che lo contraddistingue, grazie ai riferimenti, storici, filosofici, letterari e alla sua sarcastica ironia, niente e nessuno è risparmiato dalla sua arringa.

“La tecnica è la condizione di esistenza dell’umano” afferma. “Pensare all’uomo come ad un animale ragionevole è inesatto, un modo comodo di pensarlo ma sbagliato, l’uomo è una creatura disorganizzata rispetto al mondo in cui vive, ed è privo di quelle risposte rigide agli stimoli, vale a dire gli istinti, che generano nelle altre specie la possibilità di sopravvivere; deve, quindi, sfruttare la tecnica e crearsi delle istituzioni”.

Il mito della tecnica nasce, secondo il filosofo, in Occidente, nell’ambito della tradizione giudaico cristiana, non nella grecità.  “Per i greci la natura è uno sfondo immutabile da ammirare per catturarne le leggi fondamentali per la fondazione della città e la conduzione della propria vita. Nel cristianesimo, invece, si ritiene l’uomo dominatore su tutto, la natura è consegnata da Dio all’ordine degli uomini, e la tecnica è iscritta già nel comando di Dio come condizione della vita umana”. Galimberti cita, poi, il Prometeo incatenato di Eschilo, dove il coro chiede a Prometeo: “chi è più forte? La tecnica è di gran lunga più debole della necessità che vincola le leggi di natura”. Questa realtà poteva essere accettabile in quei tempi in cui la tecnica era ancora elementare, ma con la Rivoluzione Scientifica del 1500, con la scienza moderna di Bacone, Galileo, Cartesio, con le loro ipotesi ed i loro esperimenti manipolatori, tutto cambia, gli scienziati si confrontano alla natura come un giudice dinanzi l’imputato, non più come un alunno dinanzi il maestro, l’uomo diventa padrone del mondo, studia la natura non per contemplarla ma per manipolarla, la tecnica diviene l’essenza della scienza e nasce, così, il predominio assoluto della tecno-scienza.

Tutto oggi dipende da essa, cultura, politica, economia, il suo è il “not making power: il potere di non fare”. E il suo potere annienta ogni tipo di morale, che sia quella cristiana su cui è stato orientato tutto l’ordine giuridico europeo, o la morale kantiana finalizzata a trattare il prossimo come fine e mai come mezzo, che sia la morale dell’intenzione o la morale della responsabilità di Weber, tutto perde senso dinanzi alla tecno-scienza. Il suo futuro imprevedibile rende impossibile rintracciare un’etica, non vi è alcuno scopo, importa solo conoscere e controllare sempre di più.

E da questa privazione di un qualsiasi scopo nasce il nichilismo che soffoca la nostra società, la mancanza di senso e il rifugio in qualsiasi forma di alienazione, dall’alcool alla droga, l’assenza totale di una distinzione tra bene e male e l’annientamento di qualsiasi passione umana. L’uomo è un animale razionale, ma non solo quello, non principalmente quello, “abita anche l’irrazionale, amore, sogni e idee sono irrazionali, ma tutto ciò va messo fuori dal percorso della tecnica che si interessa solo di efficienza e produttività, non c’è più colleganza ma competizione. La tecnica soppianta totalmente la morale, un peccato viene perdonato, se fai un errore per la tecnica vieni, invece, escluso dal sociale. È l’esempio dei bimbi e del loro bisogno dello smartphone di ultimo modello, se togli il telefono al bimbo non lo privi dell’oggetto, ma della capacità di socializzare. Cosa ha fatto di noi la tecnica?” continua a domandarsi Galimberti.

Ma più inquietante del non essere preparati a questo cambiamento è, ancora, il non avere alternative di pensiero.

Tra un applauso e l’altro tali pesanti affermazioni colpiscono fortemente il pubblico, ma lo riempiono anche di numerose domande, non esiste davvero nessuna alternativa a questo nichilismo che distrugge tutti i valori? A questo annientamento che la tecnica ha in possesso? Al termine dell’incontro, infatti, risuonano tra le voci degli spettatori gli stessi quesiti, che riaprono la discussione, e la speranza?

“La speranza appartiene alla realtà giudaica cristiana e io sono un greco di cultura, perciò non posso parlarne senza temere che la speranza diventi illusione. Tanto dalla fede quanto dalla scienza, il passato è, sempre, stato considerato negativo, sede dell’ignoranza, il presente è ricerca e il futuro salvezza, ma io non posso darvi questa conferma. Guardiamo in faccia la realtà, il nichilismo svaluta ogni valore e rende il futuro non più una promessa, ma un’imprevedibilità che non può retroagire come motivazione, manca il perché delle cose” risponde il filosofo.

I sentimenti vengono considerati retrogradi dalla nostra società del progresso, i valori sono coefficienti sociali, non vi è speranza né salvezza futura.

La lectio di Galimberti consta di una pars destruens efficace e precisa, ma lascia i suoi ascoltatori in attesa di una pars costruens che, non solo tarda ad arrivare, ma è del tutto inesistente. Siamo, dunque, veramente privi di qualsiasi alternativa?

Il filosofo non fa, neanche, riferimento alla sua storica idea di “nichilismo attivo”, capace di superare il nichilismo stesso, passando, per mezzo della volontà di potenza, dal momento distruttivo a quello costruttivo, sostituendo all’assenza ontologica di senso, uno nuovo, umanamente creato.

Un grande pregio per Messina accogliere questa figura di spicco del panorama culturale contemporaneo, ascoltare le sue parole forti, un evento importante al quale l’incontro con i giovani delle scuole, ci si augura, però, possa seguire con qualche speranza in più, affinché sappiano non arrendersi al nichilismo, e sfruttarlo come punto d’avvio per la scoperta e l’amore di se stessi.

Sebbene le parole della conferenza sembrino negarlo, è Galimberti stesso a scriverlo, nel 2007, ne L’ospite inquietante, “forse un modo per oltrepassare il nichilismo, almeno nelle sue catastrofiche ricadute giovanili, è quello di risvegliare e consentire ai giovani di dischiudere il loro segreto, spesso a loro stessi ignoto”.

Si tratta della loro espansività, delle loro passioni, dei loro sogni e capacità, che neanche il super potere di una fredda e amorale tecno-scienza potrà mai annichilire.

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