La “Suite Messina” di Perosi e la celebre Quarta Sinfonia di Ciajkovskij: buona performance dell’Orchestra del Teatro

La “Suite Messina” di Perosi e la celebre Quarta Sinfonia di Ciajkovskij: buona performance dell’Orchestra del Teatro

giovanni francio

La “Suite Messina” di Perosi e la celebre Quarta Sinfonia di Ciajkovskij: buona performance dell’Orchestra del Teatro

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domenica 28 Aprile 2019 - 12:34

Un concerto degno di assoluto rilievo si è tenuto sabato u.s., per la stagione musicale del Teatro Vittorio Emanuele di Messina: l’esecuzione in prima assoluta mondiale, da parte dell’Orchestra del Teatro, diretta da Giuseppe Ratti, della “Suite Messina”, di Lorenzo Perosi, seguita dalla celeberrima Sinfonia n. 4 di P.I. Ciajkovskij. Il compositore piemontese, autore per la maggior parte di musica sacra, vissuto a cavallo fra l’800 ed il 900, molto prolifico, è purtroppo caduto quasi nel dimenticatoio, e le sue opere vengono ormai raramente eseguite nelle sale da concerto. Ciò è dovuto, a mio avviso, dal fatto che la sua musica, pur gradevole ed interessante, è rimasta ancorata ai canoni ottocenteschi del romanticismo, in un contesto ove ormai il mondo musicale guardava altrove, rivolto a nuove sperimentazioni sonore, al superamento della forma sonata, alla frammentazione dell’armonia, alla ricerca di dissonanze (si pensi che il compositore è contemporaneo di Debussy, Stravinsky, Prokofiev, Bartok etc.). Perosi compose, tra l’altro, anche nove Suites orchestrali, (più una incompiuta) dedicate alle più importanti città italiane. A parte Roma, Venezia, Firenze, Milano, Torino, Genova, la incompiuta Napoli, e Tortona, sua città natale, una di queste suites è dedicata a Messina, ispirata dal terribile destino di città in rovina. La suite Messina, composta per un imponente organico orchestrale, consta di tre movimenti, il primo dal carattere mosso, dai temi tipicamente romantici, il secondo più lento, ed il terzo una sorta di scherzo dall’andamento più ritmato. La Suite, ben eseguita dall’Orchestra, sotto la sapiente direzione di Ratti, si fa apprezzare per la gradevolezza e plasticità dei temi, tuttavia il suo romanticismo “fuori tempo” è troppo legato a modelli passati – Mendelssohn innanzitutto – senza una qualche rivisitazione in chiave moderna (cosa che invece seppe fare, ad es. Rachmaninov), per cui il difetto principale di tale musica, che ne ha probabilmente decretato la quasi caduta nell’oblio, sembra essere proprio la mancanza di originalità. La seconda parte è stata dedicata all’esecuzione della celeberrima Sinfonia n. 4 in fa minore op. 36 di P.I. Ciajkovskij La Sinfonia, finita di comporre nel 1878, porta la dedica “al mio migliore amico”, ma è ormai certo che l’amico cui si riferisce il compositore russo è in realtà, la sua mecenate, Nadezda von Meck, alla quale Ciajkovskij in una lettera del 1878 scrive: “La nostra sinfonia ha un programma….L’introduzione contiene il germe di tutta la sinfonia, ….è il fato, la potenza del destino che ci impedisce di essere felici…Tutta la nostra vita è un succedersi di penose realtà e di sogni effimeri: in balia delle onde vaghiamo senza meta sino a quando veniamo inghiottiti dal nulla…”. La quarta sinfonia costituisce probabilmente la summa della poetica Ciajkovskijana, ove, a differenza del sinfonismo del primo romanticismo, Beethoven su tutti, l’uomo non ha alcuna speranza di felicità, è destinato a soccombere di fronte all’ineluttabilità del destino, in un pessimismo privo di speranza, ma ricco di rimpianti. Il primo movimento è caratterizzato da una continua variazione di tempi, dall’Andante sostenuto che enuncia il tema del destino nell’introduzione, al Moderato con anima “In movimento di Valse” che costituisce lo splendido tema principale, dolce e nostalgico, inconfondibilmente Ciajkovskijano, al Moderato assai, quasi andante, ove i fiati sono assoluti protagonisti di un fraseggio indimenticabile, fino al Molto più mosso della coda che sfocia nel drammatico finale. Il secondo, “Andantino in modo di canzona”, ha un carattere appunto di canzone, mesta e malinconica, alla quale segue però un secondo tema più mosso, dal carattere danzante; anche qui i legni sono posti in particolare rilievo. Il terzo movimento è costituito da un enigmatico pizzicato degli archi, un tempo di grande fascino, leggero e inquietante al tempo stesso, che prelude al gran Finale, “Allegro con fuoco”, potente e trascinante, un vero tripudio sonoro, una festa interrotta però dal cupo tema del destino, che ricompare tragicamente, a porre fine ad ogni possibile illusione. L’esecuzione dell’orchestra del Teatro Vittorio Emanuele ha fornito nel complesso un’esecuzione più che convincente. Se nel primo movimento si è avuta l’impressione di una certa frammentarietà del discorso musicale, dovuta anche alla difficoltà interpretativa della partitura Ciajkovskijana, ricca di cambi di tempo, gli altri movimenti sono stati eseguiti in maniera più che soddisfacente, e il maestro Ratti ha saputo enfatizzare i momenti topici del capolavoro, in particolare nei passaggi solistici dedicati ai fiati, gli indimenticabili fraseggi del secondo movimento, con lo splendido incipit dell’oboe, seguito dagli altri fiati e ripreso in maniera toccante dai violoncelli. L’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele, finalmente al gran completo, ed in evidente ripresa, dovrebbe però essere sostenuta di più dal pubblico e dalla città in genere: non è comprensibile – se non forse dal fatto che oggi è prevista la replica – la presenza di un pubblico così poco numeroso, tra l’altro composto in parte da non “habituè” (lo testimoniano i ripetuti applausi alla fine di ogni movimento), in occasione di un evento che ha visto la prima esecuzione mondiale di un brano che reca “Messina” nel titolo, e a cui ha fatto seguito l’esecuzione di uno dei capolavori sinfonici più importanti dell’ottocento. Si spera che alla replica (oggi alle 17.30) il pubblico accorra più numeroso, ne vale veramente la pena.

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