Maria Enrica Puglisi, l'influencer di Brolo: mamma, imprenditrice e in lotta contro i pregiudizi

Maria Enrica Puglisi, l’influencer di Brolo: mamma, imprenditrice e in lotta contro i pregiudizi

Giuseppe Fontana

Maria Enrica Puglisi, l’influencer di Brolo: mamma, imprenditrice e in lotta contro i pregiudizi

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domenica 31 Luglio 2022 - 07:30

La donna è diventata il volto di molte aziende del messinese nella fascia tirrenica, ma ha combattuto per anni contro "pettegolezzi", critiche e insulti

BROLO – Ha recentemente condotto l’evento “Moda sotto le stelle”, ma il suo è un volto ormai noto in gran parte della riviera tirrenica messinese. Parliamo di Maria Enrica Puglisi, diventata ormai a tutti gli effetti un’influencer che “presta” la propria immagine a molte aziende sul territorio, sfruttando i canali social per far crescere anche la sua attività da imprenditrice. Una storia particolare, quella di Maria Enrica, donna dalle tante passioni e dai tanti impegni quotidiani, tra l’animazione per bambini e il suo negozio di frutta e verdura, fino ai social e alla famiglia, passando per un duro percorso di studi che l’ha portata a diventare assistente all’infanzia. Per anni ha combattuto con il pregiudizio e quelli che definisce “pettegolezzi” della sua città, Brolo, a causa della sua carriera (crescente) da influencer.

Maria Enrica, come nasce il tuo percorso da influencer?

Tutto è nato l’8 marzo 2017. Me lo ricordo perché era la feste delle donne. E nasce da una pagina, che all’epoca si chiamava “La vita in diretta”. Praticamente lì pubblicavo video fatti in ufficio. Ero una segretaria, ma si trattava di un lavoro che mi stava stretto perché non riesco a stare ferma, seduta ad una scrivania. In un giorno di noia ho aperto la pagina e ho iniziato a fare video, prima raccontando cosa facevo durante il giorno, facendo anche qualche balletto in diretta. Lascio immaginare, in un “paesino” come Brolo, quanto abbia fatto scandalo questa cosa. Poi da lì ho iniziato a fare qualche foto in vari posti, ad esempio dalla parrucchiera con il prodotto che utilizzavamo. E così è cominciata questa lunga strada. Neanche so davvero come sia cominciata. Sono arrivate le prime sponsorizzazioni, ho posato per un’azienda di intimo, ci sono stati cartelloni in strada. I pettegolezzi nel paese sono aumentati e forse anche per questo sono aumentati i follower.

Che tipo di pettegolezzi?

Per pettegolezzo intendo proprio messaggi da gente che pensavo fossero amici e amiche. Mi scrivevano: “Non ti vergogni? Non pensi al male che fai ai tuoi figli?”. Tanti li ho cancellati. Ho dovuto lottare con molti pregiudizi. C’era chi chiamava mio marito dicendogli che ero impazzita e che doveva portarmi da qualche parte, senza contare le cattiverie. Siamo arrivati a questi livelli. Ma a me non interessava perché io ero tranquilla. La gente non riesce a separare il mondo virtuale da quello reale. Di questo, soprattutto all’inizio, ho parlato tanto con mio marito.

L’avventura su TikTok invece inizia per altri motivi

Sì, su TikTok è nato tutto perché mia figlia si vergognava del suo fisico. Pensava di essere robusta, diceva che le sue amiche la prendevano in giro. Io le ho detto che doveva piacersi lei. Abbiamo aperto il profilo insieme anche per questo: ho iniziato a ballare io e a fare video. Poi l’ha fatto anche lei e questo “gioco” sui social le ha dato una diversa autostima. Il profilo su TikTok l’ho aperto solo per questo. Ma i ragazzi sui social vanno comunque controllati, non è facile lasciarli da soli. C’è tutto un mondo dietro molto pericoloso. A me arrivano decine di messaggi orrendi. Pensate a una ragazzina quanti ne possono arrivare.

La tua famiglia ti ha sostenuto fin dall’inizio?

All’inizio ci sono stati un po’ di battibecchi con mio marito e penso sia normale. Da questo punto di vista non è stato semplice affrontare il pregiudizio. Brolo non è una città facile. Tra le mie varie attività io faccio anche animazione. Da quando è partita quest’attività da influencer sui social molte mamme non mi hanno più chiamata. Mi dicevano di vestirmi e coprirmi quando facevo le foto per Instagram. Ma io ho messo i paraocchi: io ero e sono tranquilla, non faccio male a nessuno. Io da influencer seguo i trend, se capita di fare una battuta la faccio e se indosso una canotta scollata è una mia scelta. Ma è diverso quando lavoro con i bambini: in quel caso non tocco nemmeno il telefono. Molti genitori mi chiedono poi le foto delle feste, ma non ne ho mai proprio per questo. Prendo in mano lo smartphone solo appena finisce la festa, per chiamare la mia famiglia.

Tra lavori, famiglia e gestione dei social ti sei anche abilitata

Sì io sono assistente all’infanzia. Mentre studiavo e davo esami ho preso la mia rivincita personale contro quelle persone che mi criticano da anni. C’è chi mi chiede: “Perché, fare l’influencer è un lavoro?” Sì, lo è. Io fatturo, ho un’agenzia dietro con cui lavoro. Tendono a sminuire, come fossi solo una donna stupida. Io con la mia abilitazione ho preso la mia rivincita e se dovessi scegliere il momento più bello della mia vita professionale sceglierei proprio questo. Il mio sogno è aprire un nido e spero di potercela fare a settembre. Quando ho svolto il tirocinio in un asilo di prima infanzia ho avuto la conferma che la mia strada è quella. Avevo tutto pronto, la qualifica è arrivata, ma poi il Covid ha fermato tutto. Paradossalmente la mia attività da fruttivendola è nata anche per questo: avevamo visto il locale per creare l’asilo ma costava troppo. Mio marito mi ha convinto a buttarmi su quest’altra attività di frutta e verdura. Non l’avevo mai fatto, e pur essendo stancante mi piace molto.

Che messaggio lanceresti ai tuoi concittadini e cosa diresti ai tuoi figli se in futuro volessero diventare influencer?

Il messaggio è questo: inseguite i propri obiettivi e i propri sogni, credeteci sempre. Qui la gente ha la tendenza a buttarsi giù e mollare prima ancora di provarci. Qualsiasi cosa tu proponi è subito “no”, senza pensarci neanche un attimo. Ma la verità è che i limiti sono nella nostra testa. Io non prendevo neanche l’autostrada alla guida, non uscivo di notte, ho cresciuto il primo figlio in una campana di vetro. Dico questo: bisogna avere più fiducia in se stessi. Ai miei figli cosa direi, invece? Di studiare, a prescindere da tutto. Hanno tante libertà, nei limiti della loro età, ma devono studiare perché la scuola è importante. Non mi importano i voti, ma l’impegno, le capacità che sviluppano. Mio figlio maggiore lavora con me la mattina in negozio, sa che la vita non è soltanto divertimento.

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