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Messina. Sturniolo: “Io, candidato sindaco alternativo alle coalizioni e a De Luca”

MESSINA – “Libertà è partecipazione” e Gino Sturniolo punta a trasformare questo obiettivo in strumenti politici e amministrativi concreti. L’ex consigliere comunale ed esponente della Rete No Ponte si candida a sindaco e intende recuperare lo spirito partecipativo della prima campagna elettorale per Renato Accorinti.

“Un progetto alternativo per una Messina da riscattare”

Luigi, conosciuto ancora di più come Gino, Sturniolo (nella foto) ha rotto da pochi giorni gli indugi: «Con la lista Messina in Comune, sostenuta da una serie di persone con le quali condividiamo anni di lotte ed esperienze politiche, intendiamo proporre un progetto alternativo al centrosinistra, al centrodestra e al populismo dell’ex sindaco De Luca con il candidato Basile».

Sturniolo, chi sosterrà la sua candidatura?

«Stiamo lavorando alla lista. Con questo nome simbolicamente significativo, Messina in Comune, vogliamo aprire il Palazzo alla città. Mi auguro che ci sia un sempre più vasto consenso di cittadine e cittadini che condividano il nostro progetto. Ora stiamo lavorando al programma e siamo aperti a contributi e proposte. Non manca, ovviamente, il supporto di alcune forze politiche: da Rifondazione Comunista e Pci – Partito comunista italiano a Potere al Popolo e al movimento regionale Antudo».

Rappresentate la Sinistra radicale?

«Anche la Sinistra radicale ma non solo quest’ambito politico. La nostra è una lista civica che sostiene un progetto politico di cambiamento e di partecipazione, senza sentire la necessità di delimitare il perimetro o etichettarlo. Siamo aperti a tutti quelli che credono nei valori indicati nel nostro documento».

A chi in particolare vi rivolgete?

«A tutti coloro che non si riconoscono negli attuali schieramenti. A tutti coloro che, in questi anni, si sono rifugiati nell’astensionismo ma anche alle persone di estrazione popolare che hanno in precedenza espresso il consenso per De Luca e per le sue promesse. Il nostro è un progetto diretto a recuperare l’entusiasmo, i valori e il metodo che portarono alla prima elezione di Renato Accorinti sindaco».

Lei contribuì a quel successo e fu eletto consigliere comunale nel 2013…

«Fu un’esperienza unica di entusiasmo e di proposta di partecipazione che poi, nel concreto, non si è tradotta in atti amministrativi e decisioni. La mia rottura con l’amministrazione Accorinti avvenne proprio per la discrepanza tra le idee espresse in campagna elettorale, di partecipazione e coinvolgimento della cittadinanza, e la loro traduzione sul piano politico e amministrativo quando si cominciò a governare».

Da qui la sua uscita dal gruppo consiliare e poi le dimissioni…

«L’uscita dal gruppo Cambiamo Messina dal Basso avvenne nel settembre 2014 e le dimissioni da consigliere comunale nel 2016, dopo due anni e otto mesi dall’elezioni. Dimissioni comunicate per primo proprio ad Accorinti, facendo prevalere la coerenza e il senso di responsabilità rispetto a un percorso che dolorosamente si era interrotto. Così come, fino a quando il candidato è stato lo stesso Accorinti, come nella precedente contesa elettorale, io ho scelto di non parteciparvi».

Che cosa vi ha separato?

«Il tema drammaticamente attuale del piano di riequilibrio e una politica amministrativa arroccata nel Palazzo, dopo aver promesso la partecipazione e il coinvolgimento di tutti. Ecco, questa nostra nuova esperienza nasce proprio dalla necessità di liberare energie politiche compresse e di favorire la centralità della cittadinanza».

Che cosa replica a chi sostiene che la vostra è una Sinistra che fa solo testimonianza?

«Il nostro è un disegno alternativo alle varie realtà politiche che si presentano. Non ci candidiamo per fare testimonianza».

Per quale ragione non siete all’interno della coalizione di centrosinistra?

«Perché non siamo di centrosinistra. Sia chiaro: siamo incompatibili con il Partito democratico».

Perché?

«Il Pd è il partito che più di tutti sta soffiando sul fuoco della guerra in questo momento. Ha una posizione pericolosa. Il Pd è incompatibile con noi pure sul piano sociale, dato che sostiene la privatizzazione dei servizi pubblici locali. Il Pd non è, inoltre, contro il Ponte sullo Stretto e anche il Movimento Cinque Stelle risulta titubante su questo tema. Di recente, il governo Draghi ha finanziato un nuovo studio di fattibilità, utilizzando 50 milioni del Pnrr a questo scopo. E potrei aggiungere altri temi per noi fondamentali».

Ad esempio?

«Il Partito democratico sostiene quelle politiche normative, e anche il M5s non si è opposto, che di fatto comportano per i Comuni situazioni di dissesto e di predissesto. Vorrei ricordare che molte amministrazioni comunali siciliane, ma anche campane e calabresi, si trovano in questa condizione delicata».

Lei prima parlava di un dissenso con l’amministrazione Accorinti sul piano di riequilibrio. Qual è la sua posizione?

«Ho rotto con Accorinti su questo tema e non ho evitato di polemizzare con De Luca proprio sul suo piano, perché le sue narrazioni sul presunto risanamento finanziario non corrispondono ai fatti. In generale, ritengo che, negli ultimi dieci anni, dal commissario Croce in poi, non ci sia stato alcun progresso: sia la situazione attuale a Messina di predissesto, sia quella del dissesto sono istituti penalizzanti per i Comuni, con interventi da lacrime e sangue».

Ma lei che cosa propone?

«I sindaci siciliani che vivono questa continua emergenza, come a Messina, dovrebbero fare insieme un’azione politica per incalzare il governo affinché trovi una soluzione. Vorrei ricordare che cosa significa essere in una condizione di dissesto o predissesto. Come si evince dal documento di sostegno alla mia candidatura, che indica in chiave evocativa i nostri valori, entrambi i dispositivi mettono a rischio i servizi pubblici locali. Senza una soluzione politica che consenta di ritornare a un regime ordinario, saranno i più poveri a pagare le conseguenze delle politiche di austerità».

Perché?

«Perché l’unica soluzione diventa quella di tagliare tutto, eliminando posti di lavoro e così desertificando il Comune, a Messina come a Palermo. In una città che vive il dramma dell’assenza di lavoro, in questi anni, abbiamo perso dalle 700 alle 800 unità lavorative, che non sono state sostituite. Perdere posti di lavoro significa non elargire servizi. Da anni sostengo che Messina è strutturalmente in dissesto e la storia mi ha dato ragione».

Che cosa le piacerebbe portare in questa nuova campagna elettorale dell’esperienza elettorale con Accorinti?

«Vorrei riproporre il tema della partecipazione dei cittadini e dei bilanci in piazza, con gli strumenti proposti da quel laboratorio dei beni comuni che lavorò bene e poi fu ignorato dall’amministrazione comunale guidata da Accorinti. Quest’ultima non metteva in condizione né i consiglieri né il suo stesso gruppo di rendersi conto della situazione economica, proponendo i bilanci all’ultimo momento».

Non temete che il vostro sarà ritenuto un voto non utile e dannoso per la Sinistra?

«In ogni competizione elettorale viene sferrato quest’attacco a chi non si allinea. In realtà, non si valuta che, con più forze in campo, magari sarà più facile che nessuno arrivi al 40 per cento, consentendo il ballottaggio».

Oggi il movimento Cambiamo Messina dal Basso, al pari di MessinAccommuna, è nel centrosinistra…

«Questa scelta mi conferma quanto la mia presa di distanza politica da quel mondo fosse coerente con le mie idee».

Siete alternativi a centrodestra e centrosinistra ma anche a De Luca con Basile sindaco?

«Certo. In coerenza con la storia di chi propone Messina in Comune, siamo alternativi al suo populismo. La sua politica è finalizzata ad annullare ogni mediazione, da quella partitica a quella associativa, a favore del rapporto diretto fra singolo cittadino e politico. Altra caratteristica del populismo di De Luca: questo rapporto diretto avviene sui social attraverso il suo cellulare. Noi, nel proporre un’alternativa, ci rivolgiamo anche ai delusi dell’ultima amministrazione. A chi ritiene che discriminazioni, penso alle periferie, e ingiustizie non siano irreversibili».