Miracoli e miracolati a Ficarra tra XVI e XVII secolo

Miracoli e miracolati a Ficarra tra XVI e XVII secolo

Vittorio Tumeo

Miracoli e miracolati a Ficarra tra XVI e XVII secolo

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venerdì 25 Febbraio 2022 - 08:00

Dal giurista Anelli, guarito da una terribile febbre, alle apparizioni nel convento dei Minori Osservanti

Il paese di Ficarra è noto, da molti secoli, per essere stato teatro di eventi straordinari, al di sopra delle leggi naturali, di miracoli insomma. Quando si toccano i confini di questo tema il richiamo della tradizione fa pensare prima facie agli episodi di sudore di sangue della statua della Madonna Annunziata, di cui si ha notizia nel 1592. In un precedente articolo (https://www.tempostretto.it/news/la-chiesa-di-s-rosalia-a-ficarra-una-verita-che-riaffiora.html) chi scrive aveva riportato la scoperta di un miracolo fatto da Santa Rosalia al ficarrese diciassettenne Domenico Messina. A quello praticato dalla santa palermitana se ne aggiunge, nelle trame della storia mistica di Ficarra, un altro. Ne danno conto le Croniche del convento di S. Domenico in Soriano, un libro del 1687 licenziato da frate Antonino Lembo, che racconta la cronologia di un decennio, dal 1630 al 1640, di miracoli fatti da San Domenico per mezzo del quadro che lo raffigura, conservato nel convento di Soriano Calabro.

Il quadro “miracoloso” di San Domenico a Soriano Calabro

Tra le gratie, e miracoli oprati per mezzo della taumaturgica tela, si racconta che il Santo risanò, nel 1630, un infermo divenuto cieco, e sordo. Era questi un giurista ficarrese. Così si legge nel prezioso resoconto: “Assalito da febre maligna Gioseppe Giacomo Anelli da Ficarra, Castello nell’Isola di Sicilia, Dottore di Leggi, fu da questa si fortemente abbattuto, che nel quatordicesimo giorno fù pianto per morto. Fè con tutto ciò resistenza all’impero del morbo la robustezza della sua complessione che vigorosaménte fioriva nell’età di 27 anni, sì che rimasto in quell’vltimo assalto ancor vivo, prevalse il male nel toglierli totalmente la vista, e l’vdito. Aiutaronlo co’ molti antidoti dottissimi medici, tánto ch’erano no men stanchi essi loro à prescriverli , che l’infermo nauseato à riceverli; ma frá i tentativi dell’arte perdevasi tuttavia la giornata nella battaglia col morbo, si che abbandonati i ripari dell’arte come già inutili, era rimasto il cieco, e sordo infermo quasi preda di morte prossimo all’agonia. Racchiuse all’hora il meschino ne’ soli termini del divino aggiuto le fue speranze, e ricordatosi della Celeste Imagine di San Domenico di Soriano, per cui tanti, e tanti haveano ottenuto la vita, voltossi di tutto cuore al Santo Patriarca, e donandoli à divedere il suo misero stato, si pose con divote preghiere à chiederli la salute, e con voto di visitare la sua Celeste Imagine; si pose tutto nelle braccia del S. attendendo co’ gran confidenza la gratia: e miracolosa appunto l’ottenne, poiché in quel medesimo punto senza intervallo di tempo partissi la febre, e ricuperò perfettamente l’udito, e la vista”. Ma questo non è l’unico evento prodigioso che interessò il paese di Ficarra a cavallo tra XVI e XVII secolo. Oltre alla guarigione del giurista ficarrese, si narra di un miracolo fatto dal Beato francescano Ludovico de Martino da Caltagirone nel refettorio del convento dei frati Minori Osservanti di Ficarra, tuttora visibile.

Il convento dei frati Minori Osservanti di Ficarra

Lo riporta fra Benedetto Mazzara nel suo Leggendario francescano (Venezia, 1689): “Occorseli una volta, che dovendo farsi il Capitolo nel Convento della Ficarra, vi fù destinato egli per Cuoco, una mattina andato à sentir la Messa, e communicatosi si trattenne in orazione fin’ alla Messa cantata vicin’ all’ora di pranso, non essendo ancor’andato in Cucina, molti cominciarono à mormorare. Terminata la sua orazione si portò alla Cucina, dove osservando i Frati viddero alcuni Giovanetti, che l’aiutavano, e credendosi secolari lo riferirono al ministro come cosa disdicevole nella Religione. Andò di persona il Ministro in Cucina, ne vi trovò nessuno, e dimandato lui medemo se avesse introdotto secolari nell’Officina? egli rispose umilmente di nò; e la meraviglia fù che in brevissimo tempo si vidde ogni cosa apparecchiata. Stando poi tutti à mensa disse il ministro, Padri, e Fratelli ringraziamo il Signore, che questa mattina hà conceduto reficiarsi con cibi apparecchiati dagl’Angioli. Restarono allora confusi i Frati, che mormorato avevano. Si divulgò il caso per la Città, onde fù costretto il Servo di Dio da lì partirsi per fuggire il concorso de’ popoli, e se n’andò in Messina”. Un’altra versione, quella del gesuita Giuseppe Antonio Patrignani (Delizie della Quotidiana Conversazione col Divino Infante, Venezia 1689), vuole che il francescano, che sposò la riforma dell’Ordine vivendo ancora di più in povertà, mentre stava apparecchiando la tavola per dei frati forestieri prima di servire la messa, vide aprirsi le cinque mura che separavano la cucina dalla chiesa del Convento al punto da poter vedere il sacerdote e, nell’elevazione, l’immagine di Gesù Bambino impressa nell’ostia.

Vittorio Tumeo

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