Lottavano per gli stipendi, erano stati condannati per interruzione di pubblico servizio. Tutti assolti

Lottavano per gli stipendi, erano stati condannati per interruzione di pubblico servizio. Tutti assolti

Francesca Stornante

Lottavano per gli stipendi, erano stati condannati per interruzione di pubblico servizio. Tutti assolti

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venerdì 15 Maggio 2015 - 23:29

Per 49 tra lavoratori e sindacalisti dell’Atm è arrivata l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Una sentenza che ribalta totalmente la prima che li aveva visti condannati per interruzione di pubblico servizio dopo la durissima protesta del 6 novembre 2008.

Tutti assolti per non aver commesso il fatto. Ci sono voluti sette anni, ma alla fine hanno vinto loro. I lavoratori dell’Atm, che nel 2008 erano stati denunciati per interruzione di pubblico servizio e che nel 2012 erano stati condannati dal gup Maria Vermiglio, adesso possono brindare ad una sentenza che ha totalmente stravolto l’esito della prima. In 49, tra dipendenti dell’azienda trasporti di via La Farina e sindacalisti, erano stati condannati a una multa di 570 euro, risultato della conversione in pena pecuniaria dei 15 giorni di reclusione previsti dalla pena. Una sentenza che aveva fatto molto discutere perché andava a punire lavoratori che, in preda alla rabbia e alla disperazione, avevano deciso di non restare più in silenzio e di far valere i propri diritti anche a costo di azioni eclatanti. Lo scorso 23 aprile, invece, il giudice monocratico Barbagallo li ha assolti tutti per non aver causato nessuna interruzione di pubblico servizio.

La denuncia era scattata dopo una giornata di protesta e altissima tensione all’interno dell’azienda trasporti. L’accusa per i 49 lavoratori era infatti quella di non aver permesso agli autobus di uscire dal deposito per svolgere il regolare servizio di trasporto. Era il 6 novembre 2008, all’Atm soffiavano venti di bufera, la crisi aziendale si acuiva ogni giorno di più e i lavoratori erano senza stipendi già da due mesi. Bisogna dunque fare un salto nel passato, nell’epoca targata Buzzanca, con Melino Capone come assessore alla Viabilità e Claudio Conte alla guida dell’Atm. La carenza di liquidità aveva iniziato a ritardare ormai ciclicamente il pagamento degli stipendi ai lavoratori e per l’azienda era già iniziato quel lungo cammino che pochi anni dopo l’avrebbe portata a mettere in strada non più di dieci autobus al giorno.

Quella mattina, all’alba, l’esasperazione divenne incontrollabile e quel gruppo di lavoratori diede vita ad una protesta durissima. Occuparono gli ingressi e il piazzale della sede di via La Farina con il chiaro obiettivo di creare disagi e rendere difficile l’uscita dei bus che si preparavano ad iniziare il primo turno. Non mancarono momenti di scontro, anche con quei colleghi che nel frattempo si erano dissociati dalla protesta, inevitabili furono i disservizi che quel giorno subì il trasporto pubblico. L’Atm rimase paralizzata per diverse ore, scattarono le 49 denunce, nessuno poteva immaginare che quella sarebbe stata solo la prima di una lunghissima e intensa stagione di proteste che pochi giorni dopo portò al lungo sciopero di 15 giorni, scandito da cortei, sit-in, mobilitazioni.

Insieme a loro anche i segretari dei sindacati di base che finirono nel calderone delle denunce e delle condanne, come il segretario dell’Orsa Mariano Massaro che oggi accoglie con soddisfazione la sentenza di assoluzione. “Mi sono trovato coinvolto personalmente in questa spiacevole vicenda ed ho avuto modo di realizzare come, rivendicando sacrosanti diritti sanciti dalla Costituzione, si rischia di passare dalla parte del torto senza aver commesso alcun illecito. Questa volta la bilancia della giustizia è stata equa, ha riconosciuto il diritto al dissenso vanificando le infondate accuse di chi vorrebbe mettere il bavaglio alla protesta” commenta Massaro che invece proprio dopo la prima sentenza non aveva risparmiato parole di fuoco contro quelle condanne ritenute ingiuste. “Non sono i lavoratori che rivendicano il diritto al salario ad interrompere i servizi pubblici, il braccio della Legge dovrebbe agire contro i responsabili dello sfascio sociale lautamente pagati con soldi pubblici; contro chi non è stato in grado di pagare gli stipendi dei lavoratori e di organizzare l’azienda in modo da garantire ai cittadini un servizio di trasporto pubblico civile, contro chi ha causato un crac debitorio da cui è impossibile uscire e a cui oggi si prova ad ovviare con alchimie che ci auguriamo non siano foriere di privatizzazioni”. Per Massaro, che per il sindacato Orsa ha schierato l’avvocato Daniele D’Orazio a difesa dei lavoratori coinvolti nel processo, la sentenza di assoluzione conferma che, nonostante tutto, i lavoratori possono ancora contare sulla giustizia e alla fine un monito che vale per tutte le battaglie dei lavoratori: “Quando c’è da lottare per i diritti, un passo indietro neanche per prendere la rincorsa”.

Francesca Stornante

2 commenti

  1. E LA RESPONSABILITA’ CIVILE DEI MAGISTRATI? CHI PAGA I DANNI CAUSATI? LO SCIOPERO NON ERA UN SEMPLICE BLOCCO SCATURITO DALLA VOLONTA’ DEL SINDACATO CHE DIFENDEVA QUALCHE “LAVATIVO”. QUESTI IMPIEGATI DELL’ATM POSSONO CHIEDERE TUTTI I RISARCIMENTI ANCHE ESISTENZIALI E FORSE ANCHE DI SALUTE. LO CHIEDERANNO. CHI PAGA? L’INTERRUZIONE DI PUBBLICO SERVIZIO E’ REATO NON C’E’ NESSUNA GIUSTIFICAZIONE, MA QUANTO E’ SUCCESSO ALL’ATM MESSINA NON OCCORREVA ESSERE DEI “PARRY MASON” PER CAPIRE CHE I MANCATI STIPENDI, PER ALTRO PREVISTI DA TUTTE LE LEGGI, INDUCEVANO A QUESTI COMPORTAMENTI DI DISPERAZIONE SOCIALE. POTREBBE ESSERE ALTRA MAZZATA PER LE FINANZE DI QUESTA SOCIETA’ DI TRASPORTI.

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  2. E LA RESPONSABILITA’ CIVILE DEI MAGISTRATI? CHI PAGA I DANNI CAUSATI? LO SCIOPERO NON ERA UN SEMPLICE BLOCCO SCATURITO DALLA VOLONTA’ DEL SINDACATO CHE DIFENDEVA QUALCHE “LAVATIVO”. QUESTI IMPIEGATI DELL’ATM POSSONO CHIEDERE TUTTI I RISARCIMENTI ANCHE ESISTENZIALI E FORSE ANCHE DI SALUTE. LO CHIEDERANNO. CHI PAGA? L’INTERRUZIONE DI PUBBLICO SERVIZIO E’ REATO NON C’E’ NESSUNA GIUSTIFICAZIONE, MA QUANTO E’ SUCCESSO ALL’ATM MESSINA NON OCCORREVA ESSERE DEI “PARRY MASON” PER CAPIRE CHE I MANCATI STIPENDI, PER ALTRO PREVISTI DA TUTTE LE LEGGI, INDUCEVANO A QUESTI COMPORTAMENTI DI DISPERAZIONE SOCIALE. POTREBBE ESSERE ALTRA MAZZATA PER LE FINANZE DI QUESTA SOCIETA’ DI TRASPORTI.

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