Intanto il segretario di Italia dei Valori Mammola attacca: «Di quali poteri forti parla? Faccia i nomi. L’unica cosa dignitosa sarebbero le dimissioni»
Poco più di una settimana fa Giuseppe Buzzanca, al secolo Peppino, era seduto nella “pancia” dello stadio San Filippo, al fianco di Luciano Ligabue, al secolo Liga. Fosse stato qualche giorno dopo, il cantante emiliano avrebbe potuto dedicargli una delle canzoni del nuovo album: “La linea sottile”. E porgli la domanda con cui si conclude la canzone: “Cosa pensi di fare? Da che parte vuoi stare?”. Già, cosa pensa di fare Giuseppe Buzzanca, al secolo Peppino? C’è effettivamente una linea sottile, sottilissima, tra le dimissioni da deputato regionale, opzione al momento più probabile (diciamo un 70 per cento), e la battaglia a oltranza (a cui riserviamo l’altro 30 per cento). E quella linea sottile più passa il tempo e più diventa esile. Quasi invisibile. Secondo i calcoli fatti nell’entourage Buzzanchiano, il sindaco avrebbe tempo fino a domani, 4 agosto, per decidere. Il punto è: cosa deciderà? L’amletico dubbio lo ha assalito per tutto il fine settimana nel buen retiro di Portorosa, se lo è portato appresso anche in città. «Aspetto – ci ha detto ieri – ciò che mi diranno i miei legali sarà determinante». Lui, da politico, sa che la prossima mossa potrebbe essere decisiva per il suo futuro, appunto, politico. Loro, i legali, venderebbero cara la pelle prima di arrendersi. E potrebbero pure consigliare di arrivare fino in fondo, rischiando il commissariamento. In mezzo c’è pure un’altra questione: lasciando l’Ars, Buzzanca, al secolo Peppino, priverebbe il Pdl di un importante seggio d’opposizione in aula, che verrebbe occupato da un deputato di maggioranza, Antonio D’Aquino dell’Mpa. Come si intuisce, il quadro è tutt’altro che di semplice lettura, ma ormai è questione di ore. Già in giornata Buzzanca potrebbe decidere “da che parte vuol stare”.
Intanto c’è chi osserva da lontano e dice la sua. Come il segretario cittadino di Italia dei Valori, Salvatore Mammola, che non ne può più di sentire parlare di poteri forti: «Ma se è stato eletto sindaco e deputato, se il suo referente a Roma si chiama Domenico Nania, uno dei cinque saggi di Berlusconi, di quali poteri forti sta parlando? Faccia i nomi o taccia. Signor sindaco, eviti che Messina, anche se non è la sua città, venga nuovamente commissariata soltanto per un suo piacere, si dimetta. Il seguente virgolettato – continua il dipietrista Mammola – è di Daniele Capezzone, portavoce del Pdl riferito a Gianfranco Fini ma sembra fatto su misura per il sindaco Buzzanca: “Le dichiarazioni rese sono, nello stesso tempo, una prova di debolezza e un atto di viltà politica. L’unica cosa dignitosa, sarebbe stato dare le dimissioni : ma ha scelto di restare aggrappato alla sua poltrona. Brutto spettacolo, che verrà giudicato con la giusta severità.” Come Pdl a Roma – conclude Mammola – state sventrando il Paese, invece, a Messina, avete raggiunto già il vostro obbiettivo, il prossimo sindaco per riorganizzare la città, dovrà fare miracoli. Sindaco Buzzanca, compia l’unico suo atto che farà del bene a Messina, si dimetta».
