La sinistra è con Fini, ma il Pdl con Berlusconi
Verrebbe da dire Fini-to. Se non fosse che il Gianfranco nazionale, sdoganato nel lontano 1993 dall’allora imprenditore Berlusconi, ha un seguito personale che cresce giorno dopo giorno, di ora in ora, di minuto in minuto. Una parte della sinistra è infatti con lui fin dalle prime schermaglie della bagarre. Anzi, c’è una sinistra che è con l’uomo di Fiuggi da anni.
Da quando quest’ultimo ha aggiornato gli slogan, passando da “città più sicure” a “voto e cittadinanza agli immigrati”. Ora, però, anche la sinistra più estrema, che ad un tratto sembra aver dimenticato il passato di fasci e celtiche, strizza l’occhio a Gianfranco e tifa per lui.
Anche al bar non si parla d’altro che della sfida al Cavaliere lanciata dall’ex delfino di Almirante. E’ come per il calcio. Più che la grandissima vittoria dell’Inter sul Barcellona interessa il bambino Balotelli; più che i risultati elettorali e i programmi del Pdl, interessa Fini.
“C’è chi sta mettendo in difficoltà Berlusconi, finalmente” si plaude, con orgoglio. Anche se in difficoltà, fin dall’inizio dello scontro, è proprio lui, il Presidente della Camera, che ha già dovuto fare due passi indietro scordandosi i gruppi indipendenti e le correnti. Ma si esalta: “Non mi dimetto dalla Camera e resto nel partito”.
Le voci restano tante: partigiani, associazioni di immigrati, giornali di sinistra, blog anarchici, non si arrendono e stanno tutti con Fini. E quest’ultimo che fa? Indietreggia, indietreggia e poi cade rovinosamente, di fronte all’intero Pdl che avrebbe voluto rappresentare al posto di Berlusconi.
Alla Direzione Nazionale del partito di cui contesta la leadership, Fini si fa ingabbiare, subisce ad uno ad uno i colpi sferratigli dal palco, senza pietà, dai politici del Pdl, poi diventa rosso ed insicuro quando Berlusconi racconta che martedì Fini ha detto di essersi pentito di aver fondato il partito che l’ha scelto come Presidente della Camera.
E c’è da giurarci che Fini si sia pentito di aver sciolto An. Come era facilmente prevedibile, infatti, è proprio allora che ha perso il controllo dei suoi colonnelli, quelli pronti a sparlare di Fini al bar* e, al contempo, ad allinearsi sempre alle decisioni politiche della segreteria.
Nessun rispetto per Fini, ma paura dell’espulsione, di non essere candidati, di non essere nominati ministri o sottosegretari, di non avere incarichi importanti nel partito. Ma ora che La Russa, Gasparri, Meloni, Matteoli, e tutti gli altri, non possono essere sbattuti fuori dal partito per volontà di Fini, ci vanno giù pesante con l’ex capo.
Quanto più negli anni passati hanno subito le decisioni verticistiche imposte da Fini, tanto più oggi sono avvelenati e costruiscono il vuoto intorno a lui.
E’ comunque la prima litigata seria all’interno del centrodestra, da quando esiste il centrodestra! Per anni il centrosinistra è stato litigioso, accapigliandosi ogni giorno sui giornali, e per anni il centrosinistra ha puntualmente perso le elezioni.
E’ questo che preoccupa. Ed è per questo che Fini rischia, perché Berlusconi non vuole fare la fine del centrosinistra. Meglio perdere un Fini oggi che gli elettori domani, è il ragionamento di tutto il Pdl.
E se la gente di sinistra è con Gianfranco, gli elettori del Pdl si schierano con Silvio. Non c’è Lega che tenga. Nemmeno l’attacco sul troppo potere di Bossi all’interno della coalizione convince il popolo della destra.
Se la Lega conta più di Fini è perché ha fatto una politica coerente per anni, raccogliendo infine i numerosi frutti che oggi fanno così tanto arrabbiare l’ex leader aennino. A Bossi&co. è bastato ribadire le stesse posizioni di sempre sull’immigrazione, mentre Fini svoltava a 360° gradi proprio su questo tema.
Ma a Fini continuano ad arrivare aiuti imbarazzanti.
Addirittura “Repubblica” sembra riscoprire un amore impossibile per i postfascisti e fa di tutto per salvarlo. Titola: <
A parte che sono 11 contrari ed un astenuto, ed è francamente brutto vedere un giornale nazionale di tale importanza inciampare così maldestramente, ciò che però più colpisce è il riferimento ai voti contrari ed il contestuale silenzio su quella che è la notizia e, cioè, che il documento è passato. E’ come se si annunciasse la vittoria di Vendola, scrivendo: <
Nessuna resa. In Direzione Fini ne ha prese metaforicamente tante, ma passato il faccia a faccia si è subito ripreso ed è tornato a minacciare, atterrendo il povero Bondi: “In parlamento vedrete scintille”. Addio processo breve, forse.
Insomma, a fare le spese per le beghe della politica saranno ancora una volta i cittadini
*Luogo dell’incontro, il gran caffè «La Caffettiera», a piazza di Pietra, a due passi dal Parlamento. È lì che ieri mattina, tra un intervento e l’altro del convengo sul partito unico organizzato dal comitato di Todi, si sono riuniti Altero Matteoli, Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri. Praticamente il 60% del gotha di Alleanza Nazionale (mancavano all’appello Gianni Alemanno e Francesco Storace). Un aperitivo che si è subito trasformato in un’occasione per fare il punto sulla situazione del partito. Ma anche un pre-incontro prima della cena tra Gianfranco Fini e i suoi colonnelli. I tre, però, non si sono limitati a riempire qualche casella vuota dell’organigramma (coordinatori regionali ecc.), ma si sono scatenati in un vero e proprio processo a Gianfranco Fini. «È malato – ha tuonato La Russa – non lo vedete che è dimagrito, gli tremano le mani. Non so di che tipo di malattia si tratti, ma o guarisce o sono guai. Non possiamo permetterci di affrontare una campagna elettorale con Fini in queste condizioni». Il più preoccupato, però, sembra Altero Matteoli. «La vera questione – dice il neo-responsabile dell’organizzazione del partito – è chiedersi chi è Fini oggi. Dobbiamo rispondere a questa domanda». E poi aggiunge: «Dobbiamo andare da lui prima di agosto, altrimenti parte per le ferie e scompare. Dobbiamo andare e dirgli: -Gianfranco, svegliati!-. Che ne so, se serve, prendiamolo a schiaffi, ma scuotiamolo!». La Russa e Gasparri annuiscono. «Forse – aggiunge Matteoli – comincia a pentirsi di aver fatto l’accordo all’assemblea nazionale». «Fidati – gloi risponde La Russa – è stato meglio così». Gasparri non sembra proprio convinto e allora La Russa insiste: «Se fossero nate una maggioranza e un’opposizione sarebbe stato un massacro per il partito». Dopo gli attacchi arriva il momento delle ricette. Che fare? «O diciamo che andiamo avanti senza Fini – ipotizza Matteoli -, ma non possiamo permettercelo, oppure troviamo una soluzione». Sul partito, inoltre, spesa come una spada di Damocle, la questione del partito unico. «Se anche l’Udc ci sta – dice Gasparri – noi dobbiamo capire cosa fare». «Sì – lo blocca La Russa – però sul partito unico non possiamo far fare le trattative a Gianfranco. Non è capace. Quelli gli telefonano, gli dicono che vogliono togliere quello e mettere quell’altro, e lui dice sempre di sì». Matteoli, però, sembra avere la soluzione. «Credo che se noi teniamo la barra dritta – chiosa – possiamo andare avanti». Gasparri e La Russa sembrano d’accordo. Cominciano a squillare i cellulari, gli appuntamenti incombono. I tre si alzano, pagano e se ne vanno. Non prima che Matteoli, forse per stemperare un po’ la tensione, racconti un aneddoto. Qualche risata e poi via verso le attività istituzionali. Il vertice di piazza Di Pietra ha dato ottimi risultati. (Il Tempo 15/07/2005)
