Accorinti e il dissesto a “corrente alternata” tra Comune ed ex Provincia

Accorinti sindaco del Comune di Messina, che di fronte ad un dissesto conclamato opta da 4 anni per un Piano di riequilibrio-fantasma, non deve essere la stessa persona dell’Accorinti sindaco metropolitano di Messina, che di fronte ad una futura sofferenza finanziaria dell’Ente decide per la dichiarazione immediata di dissesto.

O il primo cittadino ha un problema di doppia personalità oppure è un po' umorale, non si spiegherebbero altrimenti posizioni diametralmente opposte.

DISSESTO AL COMUNE

Nel giugno 2013 il commissario Luigi Croce incontrò gli allora candidati sindaci avvisandoli di una situazione di dissesto nei fatti (come direbbe oggi il commissario Romano “il dissesto non è una scelta politica ma è matematica”). Nel 2013 Accorinti candidato la pensava allo stesso modo e a Tempostretto dichiarava: “Il dissesto è nei fatti”. Insediatosi a Palazzo Zanca ha subito cambiato idea e da 4 anni siamo alle prese con un Piano di Riequilibrio (che peserà sulle prossime generazioni per i prossimi 30 anni), rimasto più un fantasma o una leggenda metropolitana che un dato reale. Si sono alternati 3 assessori al bilancio, Signorino-Eller-Cuzzola ma attualmente gli strumenti contabili sono impantanati tra debiti fuori bilancio non ancora definitivamente quantificati, ritardi, rimpalli di responsabilità. Le ultime dichiarazioni dell’assessore Cuzzola lasciano basiti e fanno trapelare una situazione ancora gravissima e lontana dalla soluzione.

DISSESTO EX PROVINCIA

Nell’agosto del 2017 un altro commissario, in questo caso Filippo Romano, dichiara “il dissesto dell’ex provincia è nei fatti” e fa riferimento, in un atto d’indirizzo, non ad una mole di debiti schiaccianti (anzi lui stesso ammette d’aver ereditato una situazione positiva) ma ad un problema “strutturale”, ovvero il prelievo forzoso da parte del governo nazionale che unito alla diminuzione dei contributi regionali, aggraverà la situazione delle casse. Si tratta quindi di una dichiarazione di dissesto preventiva più che di un disastro conclamato. Accorinti, a differenza di quanto fatto per il comune di fronte ad una dichiarazione identica da parte dei due commissari, il 16 agosto fa un copia incolla dell’atto d’indirizzo di Romano e dichiara “il dissesto è nei fatti”. Mentre a Palazzo Zanca sui bilanci 2014-2015-2016-2017 sta succedendo di tutti, si fanno salti mortali e anche acrobazie, a Palazzo dei Leoni pare di aver a che fare con un ventriloquo. Accorinti, che pure è sindaco metropolitano quindi ha una responsabilità anche politica delle scelte, si è limitato a ripetere pedissequamente quanto dichiarato dal commissario Romano. Quest’ultimo, probabilmente pensando “dopo di noi il diluvio” si appresta a lasciare l’incarico che ricopre, sia pure con ruoli diversi, dall’estate del 2013, ma di fatto, dal giugno 2016 quando si è insediato Accorinti come sindaco metropolitano, ha continuato a gestire anche politicamente l’Ente intermedio.

Entrambi, sia Romano che Accorinti (nei prossimi mesi sarà nominato anche il commissario che sostituirà il sindaco metropolitano), lasciano ai “posteri” un terreno minato, sorvolando sul fatto che la decisione sul dissesto o meno dell’Ente dovrebbe essere presa da chi lo amministrerà nel 2018, attraverso un’elezione diretta.

Sia Romano, scelto da Crocetta, che Accorinti, diventato sindaco metropolitano in seguito all’automatismo della riforma delle ex province (lui a onor del vero ha sempre contestato questa modalità che non condivide) non sono stati eletti, ma nominati.

Se al Comune ad un dissesto nei fatti l’amministrazione ha risposto con un Piano di riequilibrio ed alla Provincia con un futuro dissesto sindaco e commissario blindano il dissesto, ne consegue che si tratta di una scelta politica e in quanto tale dovrebbe comunque e sempre essere presa da chi è stato delegato dai cittadini ad amministrare quel territorio.

E’ la politica che sceglie e non sceglie. Se così non fosse, se cioè davvero la dichiarazione di dissesto fosse un dato di fatto e non frutto di una decisione politica, non si comprende perché quel “2 più 2” che a Palazzo dei Leoni fa 4, a Palazzo Zanca diventa 12.

Rosaria Brancato