La “sentenza” della Cgil: il Comune di Messina vive di trasferimenti statali e rischia il dissesto

La “sentenza” della Cgil: il Comune di Messina vive di trasferimenti statali e rischia il dissesto

La “sentenza” della Cgil: il Comune di Messina vive di trasferimenti statali e rischia il dissesto

martedì 06 Luglio 2010 - 13:37

Con un occhio al federalismo fiscale, il segretario generale Oceano fa le pulci al bilancio consuntivo di Palazzo Zanca, che nelle prossime settimane dovrà essere votato dal consiglio comunale

Il Comune di Messina non è autonomo, dipendendo troppo dai trasferimenti nazionali e regionali, ha una scarsa programmazione e soffre di tutti quei sintomi che possono condurre al dissesto finanziario. E’ impietosa l’analisi che la Cgil, a sintesi del Focus realizzato in collaborazione con l’istituto di ricerche Cerdfos, espone sul bilancio di Palazzo Zanca. Un bilancio a cui il sindacato ha fatto le pulci con un occhio al federalismo fiscale e al taglio ai comuni previsto dalla manovra del Governo, 4 miliardi di euro in meno in due anni. A presentare il lavoro, oggi, il segretario generale Lillo Oceano (nella foto) insieme a Beppe Citarrella e Gaspare Rappa del Centro studi.

«Ciò che balza immediatamente all’occhio analizzando il sistema delle entrate e delle spese del comune di Messina – evidenzia Oceano – è la grossa dipendenza dai trasferimenti nazionali e regionali e basse entrate autonome, peraltro sbilanciate sui redditi da lavoro. Se a questo poi si aggiungono i dati sui servizi sociali, i più esigui tra i comuni siciliani di grandi dimensioni, abbiamo di Messina un quadro chiaro: scarsa autonomia finanziaria che con il federalismo fiscale rischia portarci a un taglio consistente dei già esigui servizi ai cittadini: trasporti pubblici, scuola, assistenza e sostegno alle famiglie». Qualche dato: mentre in Italia nel periodo compreso tra il 2005 e il 2007, il livello medio di autonomia finanziaria dei comuni (il rapporto tra entrate proprie e quelle da trasferimenti regionali nazionali) si attestava al 71,6%, a Messina era appena il 37,5% contro il 60% di Trapani, il 51% di Milazzo, il 46,8 di Catania. Si prenda ad esempio l’Ici, l’imposta più importante di cui dispongono i Comuni per potersi autofinanziare: tra il 2005 e il 2007, prima della sua abolizione sulla prima casa. rappresentava il 50% delle entrate dei comuni italiani e il 47% di quelli siciliani e appena il 35% di quelle di Messina. Stessa situazione per altri tributi come la Tarsu (quanto paghiamo per la spazzatura), segnalando da un lato la scelta di non tassare la rendita e i patrimoni, dall’altro un fenomeno rilevante di evasione e elusione sui tributi locali. Al contrario l’aliquota Irpef, quella sui redditi da lavoro dipendente, è la più alta nel panorama siciliano tra le città di più grandi dimensioni.

«I trasferimenti regionali inoltre – aggiunge Oceano – a conferma della vulgata di Messina città scartata che vuol dire poi scarsa incidenza della nostra rappresentanza politica nei centri decisionali, a Messina sono i più esigui tra le città siciliane». Basti pensare che tra il 2005 e il 2007, prima del governo Lombardo, la media dei trasferimenti regionali era di 212 euro pro capite a Catania, di 183 euro a Palermo, 185 a Siracusa e di 131 euro a Messina, che nel 2008 scendono addirittura a 113 euro. Meritano un capitolo a parte i servizi sociali: per questo settore, infatti, viene destinato appena il 9,5% delle spese correnti contro una media regionale del 13,5%, il 19,9 % di Siracusa e il 14,4% di Catania. «E nel settore istruzione le cose vanno persino peggio». Mentre a Palermo il 9,3% delle spese correnti va alle scuole medie inferiori ed elementari, a Messina appena il 4,5% .

«Non a caso- prosegue Oceano- nella spesa per il welfare, che è appunto costituito dalle spese per servizi sociali più quelle per l’istruzione, Messina tra le 30 città siciliane sopra i 30mila abitanti è solo al terzultimo posto». Citarrella e Rappa sottolineano poi i gravi rischi cui va incontro il Comune di Messina a causa dell’elevata dipendenza dai trasferimenti nazionali, che non solo risentiranno fortemente del Federalismo fiscale ma sui quali intanto incide in maniera decisa la manovra correttiva in fase di approvazione. Tra il 2005 e il 2007 a fronte di una media nazionale pari a 150 euro di trasferimenti correnti pro capite dallo stato, per ogni cittadino messinese lo sono stati trasferiti ben oltre 480 euro, anche se è francamente difficile coglierne i risultati sul campo. La logica osservazione dei due studiosi è: «Se già oggi Messina è una città che, come dimostrano i dati, non è in grado di dare risposte adeguate ai propri cittadini in termini di trasporti, scuole, servizi sociali, con l’entrata in vigore del Federalismo fiscale cosa accadrà?».

Il nodo cruciale e più preoccupante, non solo per la Cgil ma anche e soprattutto per i consiglieri comunali, è proprio il bilancio, che «secondo i nuovi parametri dettati dallo Stato sull’equilibrio, è a forte rischio di diventare Ente strutturalmente deficitario con tutte le conseguenze del caso». Conseguenze che si traducono in controllo centrale sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni di personale, controlli centrali in materia di copertura del costo di alcuni servizi, copertura dei servizi a domanda individuale maggiorata del 36%, copertura del servizio acquedotto maggiorata dell’80%, sanzione pari alla perdita dell’1% del contributo ordinario spettante per l’anno per il quale si è verificata l’inadempienza.

«La grave dipendenza dai trasferimenti nazionali e quindi la bassa autonomia finanziaria – aggiungono Cittarrella e Rappa – è l’elemento di rilievo secondo gli attuali parametri sulla deficitarietà strutturale. La situazione cambia invece se simuliamo l’applicazione dei nuovi parametri che entreranno in vigore con il consuntivo 2009. Messina sfora ben 6 parametri su 10. Una situazione che la porterebbe ad essere dichiarata ente strutturalmente deficitario». Secondo Oceano «più di una perplessità suscitano poi nel bilancio di previsione per il 2010 alcune voci riguardanti le entrate dove sono stati calcolati 19 milioni di euro (3 milioni in più del preventivo 2009) per alienazione di beni patrimoniali, a fronte di effettive dismissioni per soli 500 mila euro; mutui per cassa depositi e prestiti destinati a ripianare debiti fuori bilancio per 17 milioni di Euro contro i 9 milioni dello scorso preventivo e a fronte di nessun accertamento; entrate per 2,5 milioni di euro per concessioni edilizie, nonostante le difficoltà del settore e le prudenze che da più parti si invocano a tutela del territorio. Per ultimo restiamo perplessi sull’ennesima previsione di un avanzo di amministrazione di 1,7 milioni di euro che, dopo quello del approvando consuntivo 2009, segnala ancora una volta un più che probabile sovradimensionamento delle poste indicate in entrata. Un’analisi che complessivamente dimostra la sostanziale incapacità di chi ci amministra a reperire risorse, a programmare, a pensare al futuro della nostra città. Una situazione – conclude Oceano- che con il federalismo fiscale non potrà che portarci a un aumento complessivo della tassazione locale e a un taglio netto ai servizi che sono già ben al di sotto della media nazionale».

(nell’immagine, il grafico sulle entrate tariffarie pro capite dei maggiori comuni siciliani)

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