Cave chiuse e lavoratori in cassa integrazione: la Cgil lancia l'allarme

Cave chiuse e lavoratori in cassa integrazione: la Cgil lancia l’allarme

Sara Faraci

Cave chiuse e lavoratori in cassa integrazione: la Cgil lancia l’allarme

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giovedì 20 Giugno 2013 - 11:46

Il segretario generale della Fillea Cgil Messina, Biagio Oriti, ha messo in luce le difficoltà in cui versa uno dei settori aziendali dapprima cardine di una fiorente economia nella zona tirrenica

Collasso per via della crisi e le pastoie burocratiche non aiutano. Questo il resoconto di un’indagine sull’attività produttiva dei laterizi, offerto dal segretario generale della Fillea Cgil Messina, Biagio Oriti.

E’ nuovamente allarme per un settore che ha conosciuto indubbi fasti nel passato e che dal 1991 lentamente declina sino a ribaltare del tutto i dati di appena 10 anni fa. Se la produzione laterizia sino al 2003 era un fulcro imprescindibile dell’economia provinciale e, in specie, della zona tirrenica di Rometta, Valdina e Pace del Mela, adesso le tristi contingenze economiche, unite a una asfissiante burocrazia che soffoca l’iniziativa privata e impedisce la rinascita, parla di una realtà drasticamente mutata.

Sporadica presenza di aziende superstiti alla generale moria, lavoratori in cassa integrazione, economia prostrata sono ormai dati di fatto innegabili che sollecitano Oriti a muovere accuse anche nei confronti delle istituzioni competenti, ree di chiudere gli occhi dinanzi ad un problema in progressivo aggravamento.

Statistiche alla mano è chiaro comprendere l’apprensione della Cgil. Nel 1991 le imprese operanti nel settore, all’interno della provincia di Messina, erano ben 45 con 800 addetti – un numero esorbitante se si considera che in tutta la Sicilia le aziende nel campo erano 91 con circa mille addetti. Già dieci anni dopo la flessione ne falcidia ben 13 e i lavoratori si riducono nettamente a 450. Ma è nel 2012 che ala produzione dei laterizi viene assestato il colpo di grazia: sopravvivono solo 7 aziende e i 250 operai ivi impiegati sono tutti in cassa integrazione.

La causa sembra doversi imputare al blocco delle attività estrattive, a sua volta dovuto all’errata stesura del nuovo piano cave che ha di fatto precluso l’accesso anche alle cave già esistenti e autorizzate. Non che manchino le soluzioni – spiega Oriti – ben nove progetti alternativi di recupero ambientale di vecchie cave o di apertura di nuove sono già stati elaborati. Ma languono in attesa di essere visionati, tra le maglie limacciose di una burocrazia lenta e pesante che causa un intorpidimento del settore impedendo la rioccupazione dei lavori e destinandoli alla cassa integrazione ancora per lungo tempo.

L’auspicio del segretario generale della Fillea Cgil, rivolto anche all’assessore regionale al territorio Lo Bello, è che la problematica approdi sulle scrivanie di una dirigenza adeguatamente formata e pertanto competente che si adoperi in fretta per lo sblocco di uno stallo non più tollerabile e che, soprattutto, si renda conto di come “perdere per pastoie burocratiche e per le lungaggini dei procedimenti questa opportunità significa non comprendere la gravità dell’assenza di lavoro in questo momento nel nostro territorio”. (Sara Faraci)

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