“Habemus Papam” di Nanni Moretti e il latino "non infallibile" del Papa

“Habemus Papam” di Nanni Moretti e il latino “non infallibile” del Papa

“Habemus Papam” di Nanni Moretti e il latino “non infallibile” del Papa

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giovedì 21 Febbraio 2013 - 09:40

Il prof. Giovanni Faraone, che svolge la sua attività di ricerca nell’ambito della cattedra di "Paleografia latina" e di "Letteratura latina medievale e umanistica”, scrive la sua opinione in merito alla “fallibilità” del Papa, e alle “incongruenze” nel suo discorso in latino

Il prof. Giovanni Faraone ha conseguito il dottorato di ricerca e il post-dottorato in "Filologia medievale e umanistica" sotto la guida dei professori Vincenzo Fera e Giacomo Ferraù, e una specializzazione presso la Biblioteca Apostolica Vaticana sotto la guida dei professori Paul Canart e Paul Gabriele Weston. Si è occupato di Federico II, curando la prima traduzione integrale del "Liber Augustalis" e di codici danteschi conservati nelle biblioteche siciliane. I suoi interessi scientifici si incentrano prevalentemente sulla produzione politica e culturale in latino della prima stagione umanistica con particolare riferimento all'umanesimo civile. Attualmente svolge la sua attività di ricerca nell'ambito della cattedra di "Paleografia latina" e di "Letteratura latina medievale e umanistica", di cui è anche Cultore della materia. Pubblichiamo la sua riflessione in merito alle dimissioni del Papa Benedetto XVI.

"HABEMUS PAPAM". Nessuno può dubitare oltre del valore profetico dell'ultimo film di Moretti 'Habemus Papam' (2011), in queste ore neanche i cattolici, soprattutto quelli più intransigenti, che si sono stracciati le vesti per quella pellicola, bollandola come surreale, superficiale e indelicata nei confronti di chi crede. Il Papa è una persona, magari investita di un ufficio e di una responsabilità importantissimi, ma come tutti è fallibile, sottoposto cioè a quelle dinamiche naturali di turbamento e intima prostrazione che accompagnano ogni essere umano in ogni sua condizione. Al di là di tutte le elucubrazioni teologiche e dogmatiche messe in campo dalla Chiesa per giustificarne l'assolutezza e il primato, egli è e rimane soprattutto un uomo. Il film di Moretti, come è noto, si chiude col discorso del Papa smarrito, depresso, da poco rientrato dalla fuga per le vie di Roma, discorso che sintetizzo così: la Chiesa deve portare amore e comprensione verso tutti, deve essere inclusiva, non esclusiva… deve essere davvero universale. Questo messaggio vorrei che fosse chiaro ai fondamentalisti cattolici, che forse ascoltano la parola della Chiesa ma stentano a recepire il messaggio di Cristo. Perché questa gente ha contestato il film del 'solito' Moretti anticlericale e laico, magari senza averlo mai visto, eppure a poco meno di due anni esso è attualissimo, attualissima è quella fictio divenuta in queste ore realtà. Chi l'avrebbe detto! Ora la figura di Benedetto XVI riesce pure più simpatica e umana: fiaccato nell'animo e nel corpo, impotente di fronte al verminaio su cui suo malgrado si è trovato seduto, non credendo lui stesso alla possibilità di riformare la Chiesa, ha deciso di mollare tutto e rassegnare le dimissioni. Gesto da galantuomo, da intellettuale serio, da persona onesta. Cosa vogliamo dirgli o imputargli? Per inciso, il mito o il dogma dell'infallibilità del Papa si afferma tra non poche divisioni e incertezze con quel Pontefice di stampo medievale che fu Pio IX, il Papa del ‘Sillabo’, per intenderci, nemico dichiarato del progresso e della civiltà moderna; ed era comprensibile (ma non giustificabile) in quel clima di forti lacerazioni ideologiche e culturali tra l'Italia, da poco nata come Stato con tutte le sue prerogative, e il Vaticano. Siamo nel 1870, e Pio IX voleva solo rafforzare il suo ruolo di Pontefice e capo di uno Stato che non c'era più, tutto qui. Ma a tanti decenni di distanza e con i presupposti accennati, stiamo ancora qui a discutere di infallibilità? Di chi, di che cosa? Forse alla sua infallibilità non ha mai creduto neanche lo stesso Benedetto XVI.

QUEL LATINO “NON INFALLIBILE” DEL PAPA. Nel discorso in cui il Papa annuncia le sue dimissioni, si rileva qualche incongruenza, come "pro Ecclesiae vitae" invece che "pro Ecclesiae vita". Credo che la tipologia dell'errore sia scusabile, dovuto, per quanto riguarda "vitae", alla contiguità con "Ecclesiae": il primo termine, cioè, potrebbe avere attratto nel suo caso, inter scribendum, il secondo termine "vita" divenuto per errore "vitae". A meno che non si pensi a un'interferenza, non si sa fino a che punto voluta dall'autore o del tutto involontaria, con la preposizione greca "pro" – a favore di, per – che tra l’altro ha lo stesso significato del latino "pro" e in questa accezione regge il genitivo. Non si dimentichi che Benedetto XVI domina indifferentemente testi greci e latini. Richiamerei invece l'attenzione sull' errato "commissum" invece dell'esatta concordanza "commisso", potrebbe aver influito l' "um" finale di "Cardinalium", quindi si tratterebbe di un errore involontario (vedi qualche rigo più sopra l'esatto "ad ministerium mihi commissum"). Più interessante invece "ab his quibus competit convocandum esse", dove ci saremmo aspettati "quibus competit" (il dimostrativo assorbito dal relativo secondo l'uso latino e il semplice dativo di agente retto dal gerundivo "convocandum") e "convocandum sit" e non "convocandum esse", dal momento che si tratta della consecutiva retta da "ita ut": a meno che non si faccia dipendere "convocandum esse" da "declaro", ma così perderebbe d'incisività la circostanza che la convocazione del Conclave è la conseguenza naturale, obbligata, della rinuncia al ministero di Vescovo di Roma. Dirimente potrebbe essere l'interpunzione del testo originale. Bisogna in ogni caso considerare che il discorso del Papa è stato concepito per essere letto davanti a una platea di Cardinali; non è escluso quindi che per farsi intendere meglio, il Pontefice si sia abbandonato a un latino più colloquiale, meno ricercato e costruito, più immediato e adatto alla concitazione del momento.

Un commento

  1. Sarebbe interessante conoscere, in proposito l’opinione del compianto, PROF. GIUSEPPE MORABITO, latinista insigne. Come dire …. paucis pauca verba !

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