Assertività: io valgo. Ma quanto? E chi lo decide?

Assertività: io valgo. Ma quanto? E chi lo decide?

Assertività: io valgo. Ma quanto? E chi lo decide?

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martedì 14 Maggio 2013 - 09:52

Se noi per primi diamo valore alle nostre doti, gli altri lo faranno di conseguenza, altrimenti, saremo felici anche senza la loro approvazione. Chiedi alla psicologa: invia una mail all’indirizzo psicologica@tempostretto.it.

Oggi voglio iniziare ringraziando i lettori che mi scrivono, per la fiducia che mi accordano, ma soprattutto perché mi aiutano a comprendere quali argomenti devo approfondire. Grazie alle mail ricevute, mi rendo conto che anche io ho fatto passare un po’ in sordina il pensiero posto a fondamento del ben più complesso concetto di assertività. Per questo voglio fare un passo indietro e dare la dovuta importanza a due sole parole: io valgo. Il concetto di assertività si basa sull’idea che “io valgo quanto vali tu”. Ma quanto valgo io? O meglio, quanto penso di valere? Facciamoci questa domanda e facciamola a chi ci sta intorno. Scopriremo che alcune persone pensano di valere tanto, più di molti altri, e di meritare per questo privilegi ed attenzioni speciali. Scopriremo che molte persone pensano di valere poco, comunque meno dei propri figli, dei propri genitori o suoceri, dei VIP che sembrano così belli e potenti, dei politici che appaiono così intoccabili, delle grandi menti che danno alla luce idee ed opere d’arte degne di passare alla storia.

Sbagliano i primi, per ovvi motivi, ma sbagliano anche i secondi. Prima ancora che nel confronto con gli altri, dobbiamo riconoscere il nostro valore assoluto, il valore delle persone che siamo, indipendentemente dal confronto con gli altri. Io valgo perché esisto e la mia esistenza ha il diritto di essere riconosciuta come preziosa, dagli altri, ma prima di tutto da me. Esisto e provo dei sentimenti, nutro dei desideri, combatto le mie battaglie piccole e grandi. In relazione alle possibilità che la vita mi ha dato, vivo. Il mio vivere è prezioso in sé: chiunque di noi ha fatto cose di cui non va fiero, tutti abbiamo dei motivi per essere orgogliosi. Tutti abbiamo delle qualità.

L’autostima si fonda e si alimenta nel saperle riconoscere, valorizzare, coltivare. Perché però alcuni di noi sentono di valere poco o nulla? L’essere umano nasce e si sviluppa nel confronto sociale. Noi abbiamo bisogno dell’altro, del contesto sociale, persino per confermare la nostra individualità. Se però il nostro contesto sociale, la nostra famiglia di origine per prima, non riconosce il valore intrinseco del nostro esistere, non valorizza le qualità di cui siamo dotati, ma ci impone degli obiettivi da raggiungere altrimenti “non siamo nessuno”, ecco allora che conta poco o nulla il fatto di essere uomini che hanno pregi e difetti, che vivono, amano, lottano, si impegnano nella vita.

Conta molto di più adeguarsi a norme ed ideali imposti dall’esterno, possedere cose e persone, ricevere ammirazione: allora sì che valgo qualcosa. Se qualcuno mi sceglie come compagna, valgo. Se il mio capo, mio padre, il mio professore all’università mi fa un complimento, valgo. Se i miei amici vorrebbero essere al mio posto, valgo. Se sono come qualcun altro che vale (velina o premio nobel, poco conta), valgo. Ma se sono solo me stesso? Se il mio essere me stesso non viene riconosciuto ed apprezzato? Se sono solo me stesso e nessuno mi apprezza per quello che sono, vuol dire che non valgo nulla? Qui sta l’errore di pensiero fondamentale. Se nessuno mi apprezza per quello che sono, vuole semplicemente dire che non sa vedere e dare valore alle mie doti, non che io non valgo nulla. Se io sono generoso, ma tutti mi ripetono che in questo mondo bisogna essere “furbi”, io valgo comunque, per quello che sono e per la mia generosità. Sono gli altri che mi circondano che non sanno darmi valore. Se adoro fare il pane e vestirmi sportiva per essere più libera di esplorare il mondo intorno a me e il mio fidanzato mi ripete che una donna di successo dovrebbe fare l’avvocato e mettere sempre i tacchi alti, è lui che non vede il mio valore e dovrebbe cercarsi una donna che vale tanto quanto me, ma il cui valore deriva dalle qualità che per lui sono importanti. Io valgo per le mie qualità, non per quelle di un’altra. Se amo andare in moto e fare lunghi viaggi da solo e mia moglie dice che sono un egoista, è lei che non sa dare valore al mio spirito di avventura. Io valgo, anche e soprattutto, per i valori che scelgo e coltivo. Se da bambino adoravo fare lavoretti in legno ma a scuola mi hanno detto che devo fare l’ingegnere, è il sistema scolastico in cui sono cresciuto ad essere sbagliato: servono gli ingegneri ed i falegnami. Io valgo, per quello che sono, per le passioni che danno un senso alla mia vita. Se gli altri non danno valore a me, alle mie doti o alle mie passioni, non sono io che non valgo, sono loro che non sanno vedere ed apprezzare. Ricordiamocelo questo, sempre. Noi valiamo, per quello che siamo, per le doti che la natura ci ha dato. Se noi per primi diamo valore alle nostre doti, gli altri lo faranno di conseguenza, altrimenti, saremo felici anche senza la loro approvazione.

“Psicologica” è curata da Francesca Giordano, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi di Torino, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva, Roma (SPC), Vicepresidente A.p.s. Psyché, “mamma di giorno” presso il nido famiglia Ohana di via Ugo Bassi, 145, Messina. Per informazioni telefonare al: 345.2238168.
Avvertenza: questa rubrica ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e quelle pubblicate, previo esplicito consenso del lettore, saranno modificate in modo da tutelarne la privacy.

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