Un anno di giudiziaria, dalle condanne per i boss agli scandali formazione professionale

Un anno di giudiziaria, dalle condanne per i boss agli scandali formazione professionale

Alessandra Serio

Un anno di giudiziaria, dalle condanne per i boss agli scandali formazione professionale

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martedì 31 Dicembre 2013 - 13:12

Da Patti a Messina, la Procura ha puntato i riflettori sulla gestione clientelare e familistica dei fondi destinati alla formazione. Fioccate le prime pesanti condanne per i vertici del clan di Barcellona

Secondo palazzo di giustizia, formazione professionale, pubblica amministrazione. Poi la costante lotta alle organizzazioni criminali della città di Messina e della provincia. Sono questi i principali fronti sui quali si è messa la magistratura messinese nel 2013, per lo più filoni tutti da approfondire e che potrebbero ancora riservare eclatanti sorprese anche nel 2014. A cominciare dall’inchiesta sulla gestione dei fondi destinati alla Formazione professionale, sfociata nel luglio scorso negli arresti domiciliari di Chiara Schirò e Daniela D’Urso, mogli rispettivamente dei due ex sindaci di Messina, Francantonio Genovese e Giuseppe Buzzanca. Con loro i due punti di riferimento per il settore, l’ex consigliere Pd, Elio Sauta, insieme alla moglie Graziella Feliciotto, e l’ex assessore Melino Capone. Dieci gli arrestati, sospeso un Ispettore dell’Assessorato al lavoro, indagate le stesse società con le quali erano gestiti i servizi per gli enti di formazione, Ancol, Aram e Lumen. Il processo, cominciato il 17 dicembre, terrà banco anche nell’anno nuovo. E non mancheranno i colpi di scena, già registrati alla prima udienza. Attese le deposizioni dei funzionari regionali che si sono occupati degli accreditamenti degli enti. Ancora in corso, e alle ultime battute, il resto dell’indagine, quella che mira a chiarire la posizione del deputato nazionale del Pd, Francantonio Genovese, ed il cognato e deputato regionale Franco Rinaldi. Una indagine coperta dal più stretto riserbo, visto che nel caso di Francantonio, nel caso di sviluppi concreti, alla Procura di Messina toccherà chiedere l’autorizzazione a procedere alla Camera dei Deputati, aprendo così ufficialmente il caso politico.

Negli ultimi mesi del 2013 gli investigatori, in particolare gli agenti di polizia giudiziaria della Polizia, guidati dal vice questore Fabio Ettaro, hanno compiuto parecchi passi avanti ed hanno ascoltato molti personaggi chiave, alcuni come persone informate dei fatti, altri come formalmente indagati. A occuparsi della vicenda è un pool di sostituti guidati dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita. Ex numero uno del Dap, il Dipartimento Affari Penitenziari, Ardita è un giovane magistrato tra i più promettenti in Italia, in corsa per poltrone ancora più prestigiose. Sul tavolo ha altri faldoni scottanti, a cominciare dall’inchiesta sul bilancio del Comune di Messina, un mare magnum affidato al super consulente Franco Tatò che dovrà rassegnare le sue conclusioni proprio all’inizio del nuovo anno. Sarà la sua perizia sui conti ad indicare alla Procura quale strada da seguire, nell’accertamento di eventuali responsabilità sul buco milionario nelle casse di Palazzo Zanca. Molto attesi anche i possibili ulteriori sviluppi dell’inchiesta sul voto pilotato nella struttura di riposo Casa Serena, alle ultime amministrative. Indagine che ha portato, a fine ottobre, al divieto di dimora per il presidente di seggio Giuseppe Portato.

A breve l’aggiunto Vincenzo Barbaro tirerà le file dell’indagine. Gli investigatori hanno ascoltato tanti anziani ai quali è stato promesso o donato qualcosa in cambio della preferenza a questo o quel candidato al consiglio comunale. Due in particolare i candidati che fecero il pienone nella struttura, tra i più votati in assoluto in città. Ma i fari degli investigatori su Palazzo Zanca sono praticamente sempre accesi, e la Procura di Ardita è decisa a passare al filo tutti i nodi principali. Dai compensi dei dirigenti, fardello pesante sul bilancio comunale, agli oneri riflessi incassati dai consiglieri comunali, passando per i fondi gestiti dall’ex sindaco Giuseppe Buzzanca come commissario speciale per l’emergenza traffico, i cosi detti fondi Ecopass. Lo scorso anno l’inchiesta ha già fatto registrare il rinvio a giudizio dell’ex primo cittadino per una parcella salatissima liquidata per un arbitrato, ma si tratta davvero di una primissima pagina di un intero album ancora tutto da sfogliare. Infine, il 2014 potrebbe essere l’anno della svolta nell’iter ventennale per la realizzazione del secondo palazzo di giustizia. Realizzazione per la quale il Ministero della Giustizia ha messo sul piatto, nel 2009, 17 milioni di euro, dei quali 4 milioni già revocati per l’infruttuoso passare del tempo. Dopo un bando revocato da Palazzo Zanca, con la spada di Damocle del contenzioso con l’impresa che se l’è aggiudicata. Intanto gli operatori della giustizia si sono divisi sull’individuazione della struttura già esistente, da ristrutturare con i fondi residuali. Due le strutture in ballo, l’ex ospedale Margherita indicato da Genio Civile, sindacati di Polizia ed un centinaio tra magistrati, avvocati, operatori di giustizia e presidenti dei Quartieri interessati, e l’ex Casa dello Studente di via Cesare Battisti, preferita da Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e Presidenza di Corte d’Appello. Nel maggio scorso la vicenda è finita sotto i riflettori del sostituto procuratore Adriana Sciglio, che ha inviato un avviso di garanzia all’ex responsabile del procedimento, il funzionario comunale Sebastiano Coglitore, indagato per abuso d’ufficio. L’indagine sull’iter in Commissione ed al Consiglio Comunale procedette spedita sin dalle prime battute, poi accusò un rallentamento per via del trasferimento ad altra Procura del pm Sciglio e l’assegnazione del fascicolo ad altro sostituto. In questi primi mesi del nuovo anno anche questa indagine dovrà trovare un punto di sintesi e quindi uno sviluppo visibile.

A fine anno, poi, gli arresti dell’esponente centrista Francesco Curcio , della figlia Roberta e dei due costruttori Giuseppe Bonaccorso e Aurelio Arcordia, accusati di corruzione nell’iter di rilascio della certificazione di sostenibilità ambientale in alcuni processi edilizi, hanno riportato alla ribalta l’indagine-mappatura ancora aperta che il sostituto procuratore Liliana Todaro sta portando avanti sull’edilizia cittadina all’ombra del Piano regolatore generale del 2003 e la compatibilità di tanti progetti con le normative relative alla Zps, la zona a protezione speciale. Anche questa una indagine che promette eclatanti novità.

Il 2013 è un anno da ricordare per la giustizia messinese, infine, per gli importantissimi sviluppi nella lotta alla mafia a Barcellona Pozzo di Gotto, patria del potentissimo clan che dalla provincia di Messina ha scalato le gerarchie mafiose regionali grazie all’alleanza con i catanesi soprattutto e agli ottimi rapporti con i palermitani. Assicurando al carcere duro il boss Filippo Barresi, il procuratore capo Guido Lo Forte affermò che quella era l’ufficializzazione che a Barcellona la partita mafia-Stato era finalmente quanto meno alla pari. Una opera possibile grazie all’intenso lavoro di riorganizzazione degli uffici di Procura e del rapporto tra i pm e gli investigatori delle Forze dell’ordine che negli anni precedenti aveva dato importanti risultati di polizia, sfociati nell’anno concluso in condanne a tempo record, come quella a 16 anni, alla fine del processo in abbreviato, di Rosario Cattafi, l’avvocato affarista considerato riciclatore dei soldi dei clan barcellonesi e catanesi, elemento di raccordo tra le famiglie siciliane e l’alta finanza, a suo agio nel commercio delle armi e nei rapporti con i servizi segreti.

L’altra condanna simbolica è quella comminata all’ex procuratore generale Franco Cassata, condannato per diffamazione nei confronti del professore Adolfo Parmaliana, morto suicida. L’alto magistrato è stato condannato ad 800 euro di multa ed il risarcimento dei danni alla famiglia, da liquidarsi in separata sede, il 25 gennaio 2013 a Reggio Calabria. Tante e importanti le collaborazioni registrate anche nel 2013, che hanno contribuito ad archiviare la vecchia fama di omertosa attribuita a Barcellona. Hanno scelto il pentimento, ad esempio, molte nuove leve di Terme Vigliatore e Mazzarrà, come Salvatore Campisi e Salvatore Artino, figli d’arte che sembravano destinare a seguire le orme dei padri: una vita in carcere nel caso di Agostino Campisi; la morte, nel caso di Ignazio Artino, braccio destro dei capi dei mazzarroti. Le loro dichiarazioni sono entrate in importanti processi in corso, come quello d’appello sulla guerra di mafia all’ombra delle discariche, denominato Vivaio. Tanti e importanti anche i patrimoni sottratti alla criminalità. L’ultimo in ordine di tempo quello stimato intorno ai 25 milioni confiscato ai costruttori di Caronia Tindaro e Antonino La Monica, poi quello record da 450 milioni confiscato ad ottobre al gruppo imprenditoriale Bonaffini –Chiofalo che grazie ai legami col potente clan di Mangialupi, principale piazza del traffico di droga per la provincia, avevano messo i n piedi un impero tra edilizia, ristorazione, commercio internazionale e altre attività. Resta ancora da decidere, invece, la confisca sui beni confiscati ai fratelli Pellegrino, i costruttori di Santa Margherita. I sigilli sono scattati nel 2009 e la confisca decisa l’anno dopo: sotto chiave mezzi, cave e costruzioni per 50 milioni di euro, sottratti alla famiglia che ha fornito cemento alla maggior parte delle imprese operanti in città Cemento impoverito, secondo la Procura, come quello adoperato per il molo di Tremestieri. Proprio sulla qualità delle forniture si sta giocando la battaglia in secondo grado, con la Corte d’Appello che da mesi si è riservata la decisione sulla richiesta di dissequestro o la conferma del provvedimento di confisca. ALESSANDRA SERIO

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