Operazione Bocca di Rosa, i racconti delle lucciole schiave

Operazione Bocca di Rosa, i racconti delle lucciole schiave

Alessandra Serio

Operazione Bocca di Rosa, i racconti delle lucciole schiave

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sabato 15 Febbraio 2014 - 07:46

I verbali delle donne sfruttate nelle case d'appuntamento scoperte dai Carabinieri di Messina. Nelle 400 pagine dell'ordinanza del Gip Salvatore Mastroeni si aprono finestre su esistenze di donne offese nel corpo e nell'anima, donne piegate, umiliate.

"Svolgo l'attivita' di banconista di bar con uno stipendio di circa 700 euro al mese. Vivo in affitto pagando un canone mensile di 320 euro al mese, vivo sola e devo far fronte alle spese di luce, gas ed a stento arrivo a fine mese. Ho anche un bambino in tenera eta'..ho anche dormito in macchina…" E` così che una delle ragazze che per qualche tempo ha "lavorato" a casa di Antonella racconta il suo ingresso nel mondo della prostituzione. Un racconto simile quello di altre ragazze sfruttate dalla maitresse, deceduta qualche tempo fa, e i suoi compari arrestati dai Carabinieri nel blitz del giorno di San Valentino.

“Bocca di rosa” e' il nome scelto per l'operazione, ma di romantico, men che mai della Bocca Di Rosa di De Andre', la storia di queste ragazze ha ben poco. Storie simili: lo stato di bisogno, le difficolta' economiche da dover affrontrare da sole, spesso con figli a carico, il disagio causato dalla malattia o dalla droga. Poi l'ncontro con uomini bramosi di approfittare di loro che ne fanno merce di scambio, con altre donne che le vendono. Nelle 400 pagine dell'ordinanza del Gip Salvatore Mastroeni si aprono finestre, i verbali dei racconti delle "lucciole", su esistenze di donne offese nel corpo e nell'anima, donne piegate, umiliate.

Cosi dopo la barista c'è la ragazza che scappa dal marito ma trova la porta dei genitori sbarrata e, rimasta senza un posto dove vivere, incontra un anziano avvocato di provincia che la conduce da un maitresse. Qui la scelta è difficile da accettare ma obbligata: vendersi agli uomini per 80, 100 euro, a volte meno, o tornare per strada. Anche se poi i soldi li tiene tutti lei, Antonella, perché "tanto sempre qui devi stare". O la ragazzina di centro città tossicodipendente alla quale i genitori tagliano i viveri e che si vende pur di procurarsi la dose. O, ancora, la giovane disabile mentale, madre di sei figli che non riesce ad accudire, nella sua baracca del rione Taormina, dove i sevizi sociali del Comune, malgrado le visite, la abbandonano al suo destino: essere alla merce' delle voglie dei clienti di due donne che la mettono a disposizione due, tre, quattro volte al giorno, nelle case di appuntamento o " a domicilio", prendono i soldi dai clienti. Poi ne corrispondono una parte al suo aguzzino: il suo compagno, il padre dei suoi sei figli.

Dove succede tutto ciò? Via Salandra, via La Farina, Provinciale, un bar del centro e uno nei pressi della stazione, una casa del salotto buono cittadino, una baracca del rione Taormina. Messina, anno di (nessuna) grazia 2014. (Alessandra Serio)

6 commenti

  1. “La giovane disabile mentale, madre di sei figli che non riesce ad accudire, nella sua baracca del rione Taormina, dove i sevizi sociali del Comune, malgrado le visite, la abbandonano al suo destino”?
    Ma in questo caso non sono colpevoli anche i clienti?

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  2. I clienti sfruttano questa situazione, ma i magnaccia sono da evirazione.

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  3. Basterebbe legalizzare la prostituzione cosi com’è nei paesi piu evoluti.. anche lo stato avrebbe il suo guadagno e tutto sarebbe piu limpido e pulito..la prostituzione ci sarà sempre com’è giusto che sia..Fa piu male fumare con una sigaretta che andare con una prostituta..non facciamo i bigotti che altri paesi col turismo sessuale di persone di stati che non prevedono la legalizzazione della prostituzione si sono arricchiti..

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  4. I servizi sociali non sono famiglie il commento è fuori luogo sono le famiglie dei disagiati padri madri fratelli che spesso abbandonano simili soggetti a se stessi. Non esiste un servizio h 24 esiste la solidarietà de vicino e del conoscente che vive su internet e non parla con la donna del pianerottolo il dramma è che l’articolista vive il complesso del meridionale povero e solo cui deve provvedere lo Stato il Comune la Chiesa…mai noi…

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  5. E le famiglie di origine (e del retroterra culturale sottostante) allora? L’accostamento dei due termini DISABILE MENTALE e MADRE DI 6 FIGLI a me sembra un filino azzardato: in quale altra comunità del mondo civile si sarebbe consentito un simile abominio? Da quali contesti di sfruttamento, ignoranza e degrado veniva già questa sfortunata creatura? Ciò che in qualsiasi altro luogo del pianeta susciterebbe stupore e sconcerto, nella nostra realtà non viene nemmeno notato…

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  6. ORA INDAGHIAMO SULLE CASE DI LAVORO!
    storie tristi di degrado sociale, quando il bisogno ti spinge a prostituirti e la crisi a cercare piacere.
    Domanda e offerta che si incontrano, ma alla fine chi ne trae profitto veramente sono gli sfruttatori.
    Ma in questa città, cè una forma di prostituzione più grave, che tutti conosciamo, è quella delle case lavoro (NO piacere … LAVORO!), dove di mezzo non ci sono corpi sfruttati, ma menti giovani! che ahimè ogni giorno lavorano gratuitamente per avvocati, professori universitari, politici, professionisti in genere etc…
    Una forma di sfruttamento vile, ignobile che ogni giorno mortifica questi ragazzi che a 30 anni devono chiedere ancora la paghetta a casa.
    Punirei anche questi xxxxxxxxxxx, che ogni giorno sfruttano la mente, talvolta il corpo, della nostra gioventù defraudata dalla speranza di un degno futuro
    a.i.

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