Non solo Ponte: ecco la mappa degli interessi in Sicilia “Made in China”

«Che intenzioni avete in Sicilia?». Così Hilary Clinton ha “indagato” sulle mosse cinesi nella nostra Isola nella sua ultima visita a Pechino. Una domanda interessata, eccome. Perché la Cina si prepara ad una vera e propria invasione in Italia con uno “sbarco” che, in pieno stile americano da seconda guerra mondiale, inizierà proprio sulle nostre coste. L’incontro di ieri tra la società “Stretto di Messina” ed una nutrita delegazione di menti pensanti cinesi nel campo dei trasporti e degli investimenti può essere considerato un “assaggio”, un primo approccio. Certo, avranno pure parlato del know-how italiano messo a disposizione per quella che nelle intenzioni del Governo dovrà essere l’ottava meraviglia del mondo. Ma inutile prendersi in giro: i cinesi non sono venuti qui per “copiare”, loro hanno annusato, parlato, fatto due calcoli. Loro vogliono investire sul Ponte. Che senza capitali privati, in questo caso capitali privati esteri, non potrà mai diventare realtà. Dunque se ne riparlerà e a breve, questo è certo. Ma il Ponte è solo un tassello di un mosaico ben più ampio, che per essere compreso ci costringe a fare un passo indietro a qualche settimana fa, ed in particolare all’incontro avvenuto a Roma tra il ministro degli Esteri Frattini ed il presidente del Fondo sovrano cinese “China investment corporation”, Lou Jiwei. Quello è stato molto più di un approccio: il rappresentante pechinese si è di fatto presentato con una lista della spesa da spavento. «Noi vogliamo investire in Sicilia e vogliamo partire da qui», il succo del discorso. Ed eccolo, il “qui”: Ponte sullo Stretto, aeroporto intercontinentale, rete ferroviaria connesse alle due infrastrutture, completamento dell’anello autostradale, porto di Augusta, porto di Pozzallo, energia fotovoltaica e centro direzionale della Regione.

Investimenti per miliardi di euro, spiccioli per un “mostro”, la “China investment corporation”, che si è di recente rivitalizzata con una iniezione di capitali da 200 miliardi di dollari, portando il totale a oltre 400 miliardi. Le infrastrutture sono tutte collegate tra loro, pezzi dello stesso mosaico, appunto. I porti di Augusta e Pozzallo fanno parte dello stesso disegno e camminano di pari passo. Per Pozzallo i cinesi sarebbero pronti ad investire, in questo caso insieme ai russi, circa 90 milioni di euro. Per quanto riguarda Augusta i primi contatti risalgono a qualche settimana fa. Poco dopo la metà di agosto, una delegazione dell’Autorità portuale di Tianjin, il porto di Pechino, è stata ricevuta per tre giorni dai colleghi dell’Authority di Augusta. E’ stato il passaggio conseguente al “Memorandum understanding” siglato durante la visita di Augusta in Cina che ha, di fatto, sancito la collaborazione tra le due autorità portuali. Si è discusso dell’ampliamento del porto commerciale e del nuovo porto di “transhipment” (il “vero” porto logistico), che sarà realizzato insieme alla bonifica del sito attuale.

C’è poi l’aeroporto della valle del Dittaino, in provincia di Enna, e più precisamente tra i comuni di Centuripe e di Villarosa. Qui la prima ad interessarsi ad uno scalo intercontinentale fu, nel 2009, la holding cinese Hna, pronta a gettare sul tavolo 300 milioni di euro. Già allora si parlava di collegamento con il porto di Augusta (da ampliare) e con l’interporto di Catania. I manager della Hna hanno anche incontrato il presidente della Regione Lombardo, che già sogna ad occhi aperti: l’aeroporto di Enna sarebbe in grado di accogliere, insieme a Fontanarossa, flussi “orientali” per 30 milioni di passeggeri l’anno, con una pista lunga 5 chilometri (come quella di Malpensa) utile ai voli intercontinentali, unico scalo del genere in Sicilia. Perché proprio ad Enna? Perché è il cuore dell’Isola, certo. E perché ad Enna c’è la Kore, l’Università siciliana che più delle altre ha gli occhi a mandorla.

Ulteriore approccio sull’asse Sicilia-Cina si è avuto sul campo delle energie rinnovabili. Nell’ottobre 2010, a Roma, Lombardo e la “China development bank corporation” hanno firmato un “memorandum d’intenti”, individuando proprio nel fotovoltaico il primo obiettivo da raggiungere nell’ottica di una più ampia collaborazione. Ecco perché, riassumendo il quadro, il Ponte non è che un tassello del mosaico. Ma è il tassello più importante, un tassello da circa 4 miliardi di euro. «Siamo corteggiati e seguiti da tutto il mondo per questa opera», ha detto ieri Ciucci. E la Cina, in questo momento, sembra avere più strumenti degli altri per corteggiare meglio degli altri.