La Traviata di Alessandro Cecchi Paone: un raffinato meccanismo popolare

La Traviata di Alessandro Cecchi Paone: un raffinato meccanismo popolare

giovanni francio

La Traviata di Alessandro Cecchi Paone: un raffinato meccanismo popolare

Tag:

mercoledì 29 Agosto 2018 - 06:00

Dopo trent’anni torna la grande opera lirica al Teatro di Tindari

Nell’ambito degli eventi estivi programmati al Teatro di Tindari, particolarmente attesa era la rappresentazione, dopo ben trent’anni, di un’opera lirica, nella fattispecie la popolarissima e amata La traviata di Giuseppe Verdi, per la regia di Alessandro Cecchi Paone, la direzione dell’Orchestra Filarmonica della Calabria, diretta da Filippo Arlia con il Coro Lirico Siciliano, diretto da Francesco Costa. Si tratta forse del melodramma più popolare, e uno dei più amati, della storia dell’opera e chiude la cosiddetta. trilogia popolare, dopo Trovatore e Rigoletto. In tre atti, su libretto di F.M. Piave, rappresentato per la prima volta al teatro La Fenice di Venezia (ove, a differenza delle successive rappresentazioni in Italia, fu un clamoroso insuccesso), rispetta abbastanza fedelmente il dramma di A. Dumas figlio da cui è tratto, “La signora delle camelie”. Verdi cambiò tuttavia i nomi, probabilmente per prudenza, essendo l’opera – notevole novità per l’epoca – ambientata in un contesto temporale contemporaneo (XIX secolo) e la protagonista – Marguerite Gautier, divenuta nell’opera Violetta Valery – realmente esistita.

Cecchi Paone ha introdotto lo spettacolo, ringraziando gli spettatori, molto numerosi, della presenza nonostante condizioni climatiche davvero proibitive (tali che hanno determinato una interruzione dello spettacolo fra il secondo ed il terzo atto), soffermandosi in particolate sull’importanza che avevano a quei tempi le cortigiane, come la protagonista dell’opera. Violetta è una donna bella e mondana, ma di salute assai cagionevole (affetta da tisi) che, durante un fastoso ricevimento, confida all’amica Flora Bervoix, come cerchi di annegare nell’ebrezza il suo dolore causato dalla malattia. Conosce qui Alfredo Germont, presentatole da Gastone, che invita Violetta a ballare il valzer del celeberrimo brindisi, – “Libiam ne’ lieti calici” – che immancabilmente ascoltiamo ogni capodanno. Alfredo, dopo averle dichiarato il suo amore, riceve da Violetta una camelia, con la promessa di rivedersi quando il fiore sarebbe appassito. Rimasta sola, Violetta si rende conto di essersi innamorata. Il secondo atto vede Violetta e Alfredo vivere insieme felici in una dimora fuori Parigi, tuttavia Alfredo scopre, dalla domestica Annina, che Violetta è stata costretta a vendere i gioielli per pagare le loro spese, e così parte per Parigi in cerca di denaro. A quel punto Violetta riceve la visita del padre di Alfredo, Giorgio Germont, rappresentante della mentalità borghese ed ipocrita del tempo, che prima con le minacce, poi, – colpito e commosso dal gesto di Violetta di aver venduto i gioielli senza chiedere nulla ad Alfredo – con le suppliche, chiede alla donna di rinunciare a suo figlio, per non rovinare la felicità dell’altra figlia di Giorgio, sorella di Alfredo, il cui fidanzamento sarebbe compromesso a causa del loro legame scandaloso. Violetta acconsente per il bene del suo amato Alfredo, e parte per Parigi. Durante una festa a casa di Flora i due si incontrano nuovamente, e Violetta gli rivela di aver giurato al barone, Douphol, antico amante, di non vederlo mai più; a quel punto Alfredo le getta ai piedi, con disprezzo, i soldi vinti al gioco, e subisce il rimprovero del padre, che però non gli svela ancora la verità. Gliela svelerà nel terzo atto, quando apprende che Violetta è in fin di vita per la terribile malattia. Alfredo corre al capezzale dell’amata, insieme al padre, e i due amanti intonano un duetto – “Parigi o cara” – tra i più commoventi che la musica abbia mai rappresentato, cantando di una nuova vita, ma illudendosi, come sa lo spettatore, che ha appena udito dal medico Dottor Grenvil che la tisi non concederà che poche ore di vita alla povera Violetta. In un commovente e desolante crescendo della malattia, Violetta infine muore tra le braccia di Alfredo. A dispetto della sua enorme popolarità, la Traviata si distingue per la raffinatezza psicologica con la quale il testo e la musica delineano i personaggi; alle passioni dai forti contrasti si sostituiscono raffinate espressioni di sentimento dolorosi, di tenerezza, di un amore consapevole della propria impossibilità di realizzarsi. In particolare l’aria cantata da Violetta nel primo atto “È strano…..follie” delinea con stupefacente ricercatezza psicologica i contrasti interni del personaggio, il dubbio fra cedere al primo vero amore o invece continuare nella vita mondana e festaiola, ma solo per dimenticare la malattia che la opprime. Anche i due preludi (al primo e al terzo atto) costituiscono una meravigliosa rappresentazione di questa raffinata psicologia in musica, infatti, pur basati sullo stesso tema, il primo raffigura l’intensità dell’amore dei due protagonisti, mentre il secondo ne simboleggia il tramonto. Poche opere vantano un numero così cospicuo di arie e brani famosi, a cominciare dal bellissimo preludio di cui si è detto, vibrante nella sua struggente melodia, che racchiude un po’ tutto il dramma, con il tema che riascolteremo nel secondo atto, lo stupendo “Amami Alfredo”. Oltre il brindisi, ricordiamo, fra i brani più noti, “Un dì felice, eterea”, “È strano…..follie”, “Addio del passato”, “Parigi o cara”, solo per citarne alcuni. Molto giovani gli interpreti dell’opera, tutti ampiamente all’altezza, i cui nomi non possiamo citare, in quanto non è stata resa disponibile alcuna brochure all’ingresso del teatro, né gli stessi sono stati pubblicizzati o resi noti in alcun sito, né risultanti dal cartellone.

Su tutti spicca la protagonista, che ha sfoggiato una voce notevole e sicura, modulando e assecondando in maniera eccellente i due contrastanti aspetti della complessa personalità di Violetta, quello frivolo e quello appassionato, ed esibendo tra l’altro un’ottima prestanza scenica. Bene anche gli altri cantanti, un po’ leggero forse Alfredo, tenore giovanissimo, autore peraltro di una sentita interpretazione, corretto e senza sbavature il padre Giorgio, così come, tra l’altro gli altri interpreti minori. Ottima la prova del Coro Lirico Siciliano, ormai una realtà di assoluto livello nel panorama musicale nazionale e non solo. Disciplinata l’orchestra, con una buona scelta dei tempi, lodevoli comunque tutti, costretti ad esibirsi sotto l’incombente minaccia di pioggia. Eccellenti infine i danzatori, interpreti dei balletti del secondo atto. Un po’ deludente invece la scenografia, come del resto è accaduto spesso in questa stagione a Tindari, complice la pedana rettangolare, eretta appositamente – ho avuto ampiamente modo di parlarne in occasione della rappresentazione de “Il lago dei cigni” – sulla quale sono stati costretti ad esibirsi tutti gli artisti, che ha di fatto limitato notevolmente lo spazio disponibile, oltre ad aver deturpato la magica bellezza del palcoscenico del Teatro Greco romano. Uno spettacolo comunque sicuramente di apprezzabile livello e assai gradito dal pubblico, e per i più nottambuli la serata si è conclusa allegramente con una squisita “Cena con Verdi” presso Villa Ligà, ove alcuni artisti del Coro Lirico Siciliano, goliardicamente, si sono anche esibiti in frammenti di arie famose e brindisi e dediche varie, rallegrando i presenti, dopo averli fatti commuovere con il dramma della povera Violetta.

Giovanni Franciò

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta
Tempostretto - Quotidiano online delle Città Metropolitane di Messina e Reggio Calabria

Via Francesco Crispi 4 98121 - Messina

Marco Olivieri direttore responsabile

Privacy Policy

Termini e Condizioni

info@tempostretto.it

Telefono 090.9412305

Fax 090.2509937 P.IVA 02916600832

n° reg. tribunale 04/2007 del 05/06/2007