Le maschere di Nino e Gina Pracanica in mostra al Monte di Pietà

Le maschere di Nino e Gina Pracanica in mostra al Monte di Pietà

Gigi Giacobbe

Le maschere di Nino e Gina Pracanica in mostra al Monte di Pietà

venerdì 07 Dicembre 2012 - 15:31

Volti primitivi e immagini antropologiche della terra dell'acqua e del cielo

«Milioni di anni fa i pesci impararono a volare e divennero uccelli, migrarono senza meta e impararono a far l’amore in volo. Depositarono le prime uova sulla terra ferma dove si svilupparono diverse forme di vita portando, ciascuno, il seme di ciò che era stato. Le prime forme di vita si definivano, si trasformavano, crescevano e percepivano il mondo esteriore protette dalla placenta: la prima Maschera. Infinitamente, inconsapevolmente, ritualmente nasce il pensiero e la conoscenza con le orecchie, con il naso, con la bocca e con le mani. Subito nasce il gioco. Il divertimento inebria l’uomo, lo esalta, lo illude, lo confonde, lo disorienta. Si perde, ha paura, è solo! Inventa li dei, li imita e li racconta. Omero narra di Ulisse, di Polifemo, dei compagni di Ulisse e della loro sorte. Nessuno sopravvive, nessuno compie il viaggio di ritorno, nessuno compie la sua rivoluzione. Tutti si evolvono in infinite “Immagines”. Quella moltitudine di Maschere che riempie il mondo intero». E’ il racconto murale corredato da decine e decine di Maschere che affollano le pareti del salone di sinistra entrando al Monte di Pietà, scritto da Nino Pracanica e dalla sua compagna Gina, artefici di una bella, stimolante e pure didascalica mostra, sotto la direzione di Saverio Pugliatti e allestita da Tindara Maimone, Sonia Napoli, Anna Parisi e Emanuele Ravidà, i cui manufatti, realizzati in vari materiali, dal cartone pressato, al cuoio, al legno alle foglie d’albero con rispettivi bargigli e pelami, costituiscono una sorta d’un non tanto immaginifico viaggio su ciò che è “Il Teatro della vita”. O anche la vita del teatro, quella riferita dai classici greci e latini, attraversata dal periodo aureo della Commedia dell’Arte, arricchita dal teatro elisabettiano di Marlowe e Shakespeare, parafrasata dall’era barocca di Moliere, illuminata dai vari Voltaire-D’Alambert-Diderot in compagnia del nostro Goldoni, per approdare infine in quel teatro dell’anima fra ‘800 e ‘900 raffigurato dagli scandinavi Ibsen e Strindberg, dai russi Tolstoj e Dostoevskij e dai nostri Rosso di San Secondo e Pirandello, quest’ultimo esaltando in particolare il significato della maschera e del pupo in noi. Nata all’origine per cerimonie religiose o orgiastiche e dunque allontanare gli spiriti maligni, la maschera veniva utilizzata per mettere in risalto il carattere del personaggio in scena. Nel Teatro delle Maschere o Teatro dell’Improvviso, il servo o lo Zanni s’identificava con Arlecchino o Brighella: il mercante con Pantalone dalle lunghe e biancastre sopracciglia e dal puntuto pizzetto: il soldataccio spagnolo con Matamoro e Capitan Spaventa: i giovani innamorati di buona famiglia con Lelio, Ottavio, Isabella, Beatrice: il dotto laureato dello Studio di Bologna con il Dottor Balanzone. Anche le maschere dei Pracanica sono state utilizzate per alcuni spettacoli teatrali, ma possiamo affermare con convinzione che molte di esse possono vivere una vita autonoma e avere il glamour di veri e propri oggetti d’arte. Sono tante le Maschere in mostra, più di cento e molte hanno la faccia di uomini primitivi o di animali appartenenti al mondo della terra, dell’acqua e del cielo e alcune riproducono il viso di personaggi famosi come Cicerone, Dante, Apuleio, persino il Cristo e non mancano personaggi teatrali quali il Re Lear , Giulietta e Romeo, la Turandot, e pure alcune maschere che si rifanno alla Commedia dell’Arte, al teatro di strada e ai clowns. «Sono volti che ci guardano, pur dalle loro orbite vuote, noi ricambiamo lo sguardo, e così c’incontriamo. Alcuni ci fanno subito paura, e quasi orrore…», scrive Teresa Pugliatti nel depliant della mostra, che avrebbe meritato un catalogo più adeguato ed esaustivo, sì da poter avvicinare pure tante scolaresche d’ogni ordine e grado. « Nel percorso umano di Nino Pracanica – scrive Luigi Ferlazzo Natoli nello stesso depliant – sta probabilmente la chiave per capire la sua poliedricità artistica, che va dal puparo siciliano cantastorie alla creazione di maschere per il Teatro utilizzando diverse materie….uno studioso dei popoli primitivi e delle loro maschere come – con le dovute proporzioni – lo è stato Levi Stauss, ma è anche artigiano e artista e il suo laboratorio diventa una “bottega” in senso rinascimentale…».- Gigi Giacobbe

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta
Tempostretto - Quotidiano online delle Città Metropolitane di Messina e Reggio Calabria

Via Francesco Crispi 4 98121 - Messina

Marco Olivieri direttore responsabile

Privacy Policy

Termini e Condizioni

info@tempostretto.it

Telefono 090.9412305

Fax 090.2509937 P.IVA 02916600832

n° reg. tribunale 04/2007 del 05/06/2007