Carmelo Sardo, volto del TG5, presenta -Vento di Tramontana- a Tempostretto.it

Carmelo Sardo, volto del TG5, presenta -Vento di Tramontana- a Tempostretto.it

Carmelo Sardo, volto del TG5, presenta -Vento di Tramontana- a Tempostretto.it

mercoledì 07 Luglio 2010 - 10:52

Il giornalista presenta il suo libro, edito da Mondadori, che mescola noir, fiction e autobiografia

«I detenuti dicono sempre che quando si chiudono le celle e i cancelli del carcere, chi vi resta all’interno è un recluso, sia esso guardia o detenuto». Sistemando la propria vecchia casa di Agrigento all’improvviso da un baule saltano fuori dei quaderni che riportano il giornalista Carmelo Sardo – volto noto del TG5 – indietro con la memoria, sino all’anno del servizio di leva trascorso “dietro le sbarre” del carcere di Favonio (il nome arcaico della bella isola di Favignana) . Una scelta avventata, frutto del consiglio di un amico che cambierà per sempre la vita di Carmelo Sardo, rendendolo “un uomo” pronto ad affrontare la vita. In Vento di Tramontana (edito da Mondadori; pp. 247; € 18.50) Sardo ritorna indietro a quegli anni, intrecciando molti ricordi reali e aggiungendo tessere frutto della propria fantasia, sino a comporre un puzzle di storie e fatti che attirano il lettore in «un gioco leale, dove non è possibile trovare il confine fra verità e finzione». Un libro che è insieme molte cose, dal noir al libro di mafia ma in fin dei conti è soprattutto una storia d’amore dove il vento capriccioso e l’isola stessa hanno un posto in prima fila.

Giornalista e volto del TG5. Cosa ti ha spinto a tuffarti nel mondo dei libri?

«E’ una storia che mi portavo dentro da circa venticinque anni, difatti si tratta di una vicenda in gran parte autobiografica. Ma forse non ne avrei mai scritto se qualche anno fa, aiutando mio padre a mettere ordine nella mia vecchia casa di Agrigento, non fossero saltati fuori da un baule i quaderni che mi portavo dietro quando ero di turno nella garitta. Li nascondevo nei pantaloni della divisa e per far passare il tempo vi annotavo i miei pensieri, proprio come un diario. Fu una folgorazione, un segno del destino perché col tempo avevo preso ad annotare anche le confidenze che i detenuti presero a farmi col passare del tempo e l’instaurarsi della fiducia. Rileggendoli mi sono commosso e mi è nata dentro la voglia di trascrivere questa storia realmente accaduta».

Dunque più realtà che fiction?

«come ho scritto nella nota finale, ho voluto giocare lealmente con il lettore, per cui molte storie raccontate sono assolutamente vere, altre traggono spunto dalla realtà e se ne discostano e altre ancora sono frutto della mia fantasia: elencare quali siano vere e quali meno è un esercizio complicato visto che le vicende si intrecciano come in un grande puzzle».

Hai scelto di esprimerti tramite la fiction piuttosto che la saggistica ma il tuo è anche un libro di denuncia…

«Certamente ma è soprattutto la storia di un giovane vent’enne che si svezza misurandosi con un mondo che nessuno può davvero conoscere prima di entrarvi dentro. Mi è piaciuta l’idea di costruire un percorso fatto a tappe: all’inizio non vede l’ora di andare via dal carcere e tornare alla sua vita spensierata ma piano piano viene risucchiato da quel mondo e dalle storie dei detenuti, dalle loro confessioni notturne ma anche dal fascino dell’isola stessa, Favonio, che altro non è che il nome antico di Favignana».

Sin dalla prima pagina insisti sul concetto che detenuti e guardie, vivendo insieme dietro le sbarre, non possono non essere solidali. Ma come si domanda lo stesso protagonista, è un bene?

«I detenuti dicono sempre che quando si chiudono le celle e i cancelli del carcere, chi vi resta all’interno è un recluso, sia esso guardia o detenuto. Se ho un turno in un reparto con venti detenuti da controllare, solo con un “allarmino” elettronico in tasca, gioco forza mi metterò a parlare con i detenuti e magari conoscerò le loro storie e i loro drammi. Ovviamente ci saranno quelli che non avranno interesse per la redenzione ma altri invece cercheranno di riscattarsi, di rimettersi in gioco. E’ una distinzione fondamentale che sta alla base del libro stesso».

Mi piace molto come fai tuo il concetto di fatalismo. In fin dei conti una semplice scelta, dettata anche da motivi economici, ha cambiato la vita del protagonista e anche la tua…

«E’ stato assolutamente un caso. In quegli anni il servizio di leva era obbligatorio e per fortuna un mio amico mi disse “se devi buttare un anno della tua vita, tanto vale farlo in un corpo che ti permetterà almeno di guadagnare qualcosa”. Scartai i vigili del fuoco perché c’era da lanciarsi dall’alto e non era proprio una cosa che faceva per me e lui mi convinse che l’esperienza come agente penitenziario poteva essere una bella esperienza. Certo non pensavo che questa scelta avrebbe cambiato la mia vita ma, a posteriori, mi rendo conto che una volta uscito dal carcere, mi sentivo davvero un uomo, ero pronto ad affrontare la vita. Sono ancora convinto che il servizio militare in un carcere sia il miglior svezzamento possibile, a patto che si rispetti sempre l’etica e la legge. Infatti spesso i detenuti cercano di corrompere le guardie più giovani, anche in modo goffo, ad esempio come avvenne a me quando mi misero in tasca centomila lire, e dicendomi: “portami una bottiglia di whiskey e il resto te lo tieni”. All’epoca una bottiglia costava appena otto mila lire… ma io non cedetti perché sempre di corruzione si trattava».

Sin dal titolo, il vento è un vero e proprio personaggio del tuo libro perché se “si alza” costringe il protagonista a restare prigioniero dell’isola…

«E’ proprio così! Hai colto il significato e il valore che io ho affibbiato al vento, vero e proprio arbitro del destino del giovane protagonista. Quando tirava vento e si alzava il mare, si era costretti a passare anche i propri giorni liberi nell’isola ma ciò gli ha permesso di scoprire anche le bellezze e il fascino di quest’isola».

Pur fuggendo dalle etichette è difficile catalogare il tuo libro

«E’ vero. Questo romanzo è un noir, un thriller, un giallo, un libro di mafia ma soprattutto è una storia d’amore visto che declina questo concetto in mille sfaccettature e anche il protagonista subisce una svolta sentimentale. Lui sognava sempre una donna senza volto e quando farà ritorno dopo ben venticinque anni sull’isola di Favonio, incontrerà questa donna e scatterà il colpo di fulmine. E anche questa è una storia vera».

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