Chi ha paura dei racconti?

Chi ha paura dei racconti?

Chi ha paura dei racconti?

lunedì 23 Agosto 2010 - 10:02

-Il primo miracolo di George Harrison- di Stefania Bertola potrebbe essere il primo passo di una nuova strategia editoriale

Chiunque abbia velleità letterarie, presto o tardi, scoprirà che le case editrici italiane temono come la peste due generi ovvero i racconti e la poesia. Questo terrore si lenisce leggermente soltanto nel caso in cui l’autore sia un vero e proprio idolo per i lettori, assurto ormai nell’Olimpo della celebrità. Una stranezza tutta italiana visto che moltissimi fra i più importanti scrittori made in U.S.A. si sono fatti le ossa scrivendo racconti per le riviste più svariate, dalla Paris Review al New Yorker sino a Playboy. I nomi da citare sarebbero decine e decine ma basterà ricordare Stephen King, Charles Bukowski, Woody Allen e ovviamente Raymond Carver per dare idea del potenziale patrimonio letterario che le case editrici italiane si lasciano sfuggire, impegnate nella perenne ricerca del giovane scrittore/scrittrice, di bella presenza con una storia di denuncia sociale pronta per diventare un film. A dire il vero, soprattutto nel periodo estivo, si susseguono i racconti sugli inserti culturali ma è una breve parentesi, dovuta più alle ferie di redazione che ad una diversa, illuminata, politica di promozione letteraria.

Questo breve preambolo per introdurre nel migliore dei modi Il primo miracolo di George Harrison, l’interessante raccolta di racconti di Stefania Bertola con relativo plauso per la casa editrice Einaudi (pp. 120; € 14.50) che ha creduto in questo “investimento”. Sono tutti racconti dal linguaggio vivace, semplice, quotidiano ma non per questo scontati o banali. Testi ricchi d’una lieve ironia, scritti senza strafare né con la volontà di imitare i maestri americani. Si parte con Fiocco di neve dove una mamma è alle prese non solo con un difficile trasloco con tanto di separazione inclusa ma, soprattutto, con le pericolose richieste di spiegazioni del piccolo Giovanni che dichiara di «non volere né una nuova casa né un nuovo papà». Segue Il nostro capitano in cui si affrontano i timori del piccolo Giuseppe di fronte alla ferma intenzione di Deborah, la sorella sedicenne, di sedurre nientemeno che Alex Del Piero prendendolo per la gola: «E se il capitano non fosse più lo stesso?» si domanda terrorizzato Giuseppe? Certo che neanche il mitico Alex potrebbe resistere allo charme della sorella. Sì, bisogna intervenire, armarsi d’ingegno…

Sono dilemmi semplici ma coinvolgenti quelli che la Bertola dissemina nei suoi brevi racconti, nei quali rende sempre partecipe i lettori delle piccole-grandi domande dei suoi protagonisti cartacei. Avrà fatto bene la bibliotecaria cinquantatreenne a decidere di traversare Torino da Corso Unione Sovietica a Corso Romania, scegliendo come compagno di viaggio l’intellettuale Eric? Chissà, magari potrebbe essere il principe azzurro per la nipote… Poi c’è l’avventura del micino Tigrino, cui miracolosamente viene concessa una seconda vita e in Blu imperfetto, un carro armato blu molto particolare, narrerà le sorti di una partita di Risiko che rischiava di finire in tragedia. Il mio preferito resta L’inghilterra meridionale aspetta il buio, dove si narra l’avventura londinese di Marta, Valentina e Giovanna, tre ragazze di Torino in vacanza premio per la maturità: E’ l’11 agosto del 1968 «l’Inghilterra meridionale è pietrificata dall’ozio» e quel giorno non sembra proprio possibile continuare a peregrinare per le vie della capitale britannica, tanto che quando scende, «il buio non porta freschezza. Il calore diventa solo più appiccicoso, come liquerizia sciolta in una tasca». Ma non c’è nulla che possa tenere in casa Giovanna e quella serata diventerà, piacevolmente, indimenticabile negli anni.

La stessa autrice, nella quarta di copertina chiarisce di sapere a cosa andrà incontro: «I racconti hanno le spine, come le rose. I letterati ne annusano il profumo, ma l’editoria teme di pungersi. Storici e critici si dannano a lodare i racconti di Cechov e Maupassant, mentre gli editori – quando un autore gli propone un libro di racconti – avvizziscono come mele avvelenate […] Anche l’autore, naturalmente sa che con i suoi racconti non si comprerà la sospirata casa al mare . Quando scrive un racconto, l’autore lo fa in maniera del tutto disinteressata». Chissà che questo libro della Bertola non dia una smossa al mercato editoriale italiano, dopotutto se i racconti sono belli perché non fidarsi del gusto dei Lettori?

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