«Il Ponte? Non si farà. Ma con tutti i soldi che stanno sprecando si potrebbe colmare lo Stretto»

«Il Ponte? Non si farà. Ma con tutti i soldi che stanno sprecando si potrebbe colmare lo Stretto»

«Il Ponte? Non si farà. Ma con tutti i soldi che stanno sprecando si potrebbe colmare lo Stretto»

giovedì 15 Aprile 2010 - 09:38

Venerdì 16 alla Libreria Ciofalo (h 18.30) lo scrittore presenterà -L'Arte di Annacarsi - Un viaggio in Sicilia-

Dall’ossessione di toccare l’interlocutore al senso di colpa se il tempo si guasta, l’apprezzato scrittore siciliano Roberto Alajmo compie un lungo viaggio da Marsala sino a Messina toccando i nervi scoperti della Sicilia e dei siciliani, guardandosi allo specchio e parlando senza fronzoli: «C’è molta ipocrisia nei confronti della mafia, non si accetta il fatto che la maggioranza dei siciliani ci marcia su». L’arte di annacarsi – Un viaggio in Sicilia (Laterza editore; pp. 284; €16) celebra ciò di cui i siciliani hanno fatto un’arte, «persino il verbo è ambiguo, significa muoversi e restare fermi, sbrigarsi e rallentare nello stesso tempo». In copertina spiccano i colori luminosi di quello che sembrerebbe un carretto siciliano ed invece è una vecchia 500, dipinta con quei colori sgargianti e legati ad una tradizione che i siciliani difendono e rifiutano allo stesso tempo, perfetta metafora di un concetto cardine del libro: «La Sicilia del dopoguerra è antica, arcaica addirittura, ma moderna allo stesso tempo. Vorrebbe essere a colori ma purtroppo non lo è».

Citando Goethe, scrivi che è impossibile conoscere l’Italia tralasciando la Sicilia. Ma il viaggio nell’isola può contaminarci in modo irreparabile, ovvero?

«Quando si parla della Sicilia si ricorre spesso a dei luoghi comuni ma almeno una parte di questi sono autentici. Negli ultimi sessant’anni si è proceduto ad una sicilianizzazione della penisola, contagiandola con i nostri peggiori vizi. Persino le regioni del Nord hanno maturato un familismo amorale che è, purtroppo, un tratto tipico della Sicilia».

E’ interessante il fatto che la tua guida sia rivolta non solo agli “stranieri” ma agli stessi siciliani che spesso hanno un rapporto particolare con la propria terra…

«Per forza, non è cosa da poco nascere in questa terra. Il libro si rivolge a chiunque sia curioso di conoscere meglio questa terra bella e disgraziata. Secondo me il vero amore non sta nel nascondere i difetti dell’oggetto amato, beandosi solo dei suoi pregi, ma nel cercare di correggerli».

Un amore contrastato, come quello per una canaglia

«La Sicilia è una canaglia. Renzino Barbera diceva di Taormina che era come una puttana: se te ne innamori resti accecato e sarai l’ultimo a capire di avere le corna, di esserne stato tradito. Quindi è necessario fare un passo indietro e amare Taormina, dunque l’intera Sicilia, vedendola nel giusto contesto con i suoi pregi e i suoi difetti».

Perché noi siciliani tendiamo a scusarci con i nostri ospiti “continentali” quando c’è cattivo tempo?

«Secondo me succede perché in Sicilia abbiamo un senso di colpa dovuto a ragione serie come l’aver infestato il mondo con la Mafia. Ma finiamo per scusarci per ragioni futili come il fattore climatico di cui andiamo giustamente orgogliosi. Fra parentesi faccio notare che il fattore climatico in Sicilia non esiste più, ormai piove sempre».

Cambiando tono ti chiedo numi sulla tua affermazione: “la condizione in cui viene tenuto l’aspirante lavoratore è quella dell’oppressione mafiosa”. Ovvero?.

«Diamo per scontato che la mafia non siano solo 5 mila persone affiliate esplicitamente ma una puzza che si respira. Questa puzza è forte anche quando si entra in un ufficio di collocamento in un vero e proprio sistema para-mafioso perché l’amicizia degli amici va mobilitata per trovare lavoro, cui si aggiunge l’aggravante del precariato. Il clientelismo para-mafioso siciliano si basa proprio sulla “gratitudine sospesa”, la gratitudine del lavoratore precario che non avrà mai la forza per mettersi in gioco del tutto. E ciò mi porta a parlare di “darwinismo invertito”, la selezione avviene sulla base del pessimo».

E ancora: “Ad alcuni commercianti ed imprenditori la mafia piace. Bisogna prenderne atto e non essere ipocriti”.

«Secondo me c’è molta ipocrisia nei confronti della mafia, ci si rifiuta di accettare che la maggioranza dei siciliani ci marcia su. La commistione fra Cosa Nostra e ampi strati della società civile è evidente, sotto gli occhi di tutti per chi non vuole far finta di niente, del resto l’arresto dell’architetto Liga, un insospettabile, ne è l’ennesima riprova. La nuovissima mafia torna ad essere rappresentata da volti all’apparenza rispettabili».

Di Palermo dici che è la città dell’eterna rinascita…

«Da quando ho memoria sento dire che Palermo è in preda ad un rinascimento continuo come quella massaia che utilizza sempre un grembiule sbrindellato fino a quando gliene regalano uno nuovo…ma lei lo usa per farne delle toppe per quello vecchio. Il “nuovo” è rappresentato dall’ingente flusso di quattrini europei e nazionali utilizzati male, per rattoppare qualcosa che era meglio buttar via».

Messina è ancora oggi la “città babba”?

«Si diceva “babba” perché non conosceva la mafia ma oggi non lo si può più dire purtroppo. Messina rappresenta il capitolo conclusivo del libro, la città che si è sempre rialzata dopo i terremoti ed i bombardamenti ma sempre con maggiore fatica, con la consapevolezza di essere sempre precaria, di non voler più scommettere sul proprio futuro. Messina sembra vivere con l’elmetto in testa, come se la prossima mazzata fosse lì per arrivare».

L’annacarsi è una condizione comune a tutti i siciliani?

«Con qualche eccezione sì. Il verbo stesso è ambiguo, significa muoversi e restare fermi, sbrigarsi e rallentare nello stesso tempo. La Sicilia del dopoguerra è antica, arcaica addirittura, ma moderna allo stesso tempo. Una terra che vorrebbe essere a colori ma purtroppo non lo è».

Chiudiamo con il capitolo Ponte. Si farà o no?

«Credo che alla fine non si farà ma lo Stretto di Messina verrà colmato con tutti i soldi che ci stanno buttando dentro».

Roberto Alajmo gestisce un blog (http://www.robertoalajmo.it/) collabora stabilmente con “l’Unità” e diverse altre testate nazionali. Fra i suoi libri:Un lenzuolo contro la mafia (1993); Repertorio dei pazzi della città di Palermo (1995); Almanacco siciliano delle morti presunte (1997); Notizia del disastro (2001, Premio Mondello); Cuore di madre(2003, Premio Selezione Campiello, finalista al Premio Strega); È stato il figlio (2005, Premio Super Vittorini e Super Comisso); La mossa del matto affogato (2008); Le ceneri di Pirandello (2008).

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