Gran finale dell’Accademia Filarmonica, omaggio a Rachmaninov e al Teatro Annibale di Francia

Gran finale dell’Accademia Filarmonica, omaggio a Rachmaninov e al Teatro Annibale di Francia

giovanni francio

Gran finale dell’Accademia Filarmonica, omaggio a Rachmaninov e al Teatro Annibale di Francia

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martedì 16 Maggio 2023 - 09:43

Si è conclusa la ventesima e riuscita stagione musicale. Ma manca ancora l'atteso concerto di Toquinho

MESSINA – L’Accademia Filarmonica ha chiuso sabato scorso la sua stagione musicale (ma si deve ancora recuperare l’attesissimo concerto di Toquinho) al Teatro Annibale di Francia, in occasione del ventesimo anniversario della sua inaugurazione.

La stagione, di sicuro particolarmente riuscita, ricomincerà il prossimo autunno con l’Orchestra di Lecce e del Salento Oles, con al pianoforte Benedetto Lupo, con un programma interamente dedicato a Beethoven.

Protagonisti della serata il violoncellista Vito Paternoster e il pianista Pierluigi Camicia, che hanno proposto un programma variegato, dal romanticismo di Mendelssohn e Beethoven, al 900’ di Rachmaninov, fino alla musica contemporanea, con brani dello stesso Paternoster e del figlio Mariano.

Il concerto recava l’intitolazione “Buon compleanno Rach” quale omaggio a Sergei Rachmaninov per il 150° anniversario della nascita. Del compositore russo sono stati tuttavia eseguiti tre brani minori, giovanili: “Vocalise” e 2 Pezzi op. 2 (“Preludio” e “Danza orientale”). Molto interessante il primo brano, dall’andamento lamentoso e desolato, quasi la stessa atmosfera nel secondo, “Preludio” mentre il terso brano ha l’andamento orientaleggiante di una danza ritmata. Rachmaninov però è anche autore di una splendida Sonata per violoncello e pianoforte, l’Op. 19, in sol minore, pertanto ci si sarebbe aspettati, per omaggiarne il centocinquantesimo, l’esecuzione di questo capolavoro. Così il pezzo “di punta” del concerto è stata la Sonata in la maggiore op. 69 di Ludwig Van Beethoven, la più celebre delle sonate per violoncello del compositore tedesco. La Sonata beethoveniana è stata preceduta dal primo brano in programma, la Romanza senza parole” op. 109 di Felix Mendelssohn. Si tratta di una breve pagina, meno nota delle Romanze senza parole per pianoforte dello stesso autore, ed ha la forma di un lied, ove il violoncello assume un ruolo predominante nel cantare i temi romantici della composizione.

La Sonata in la maggiore op. 69, nei suoi quattro tempi: Allegro ma non tanto; Scherzo: Allegro molto; Adagio cantabile; Allegro vivace, rappresenta una delle creazioni più prodigiose di Beethoven. Il musicista di Bonn può considerarsi a buon diritto il re insuperato nel genere della Sonata per violoncello e pianoforte: ha infatti composto cinque sonate fondamentali sotto il profilo storico musicale, in quanto per la prima volta nella musica da camera il violoncello assume dignità pari allo strumento con cui dialoga, e non si limita ad accompagnare il piano solista. Come giustamente afferma Carli Ballola, con queste sonate “ha inizio, praticamente, un nuovo capitolo della storia della musica da camera”. Le sonate però sono anche importantissime per il loro sommo valore estetico, e l’op. 69, come le ultime due (op. 102) sono rimaste praticamente ineguagliate.

L’op. 69 in particolare, la terza delle cinque sonate per violoncello e pianoforte, dedicata all’amico barone Ignaz von Gleichenstein, è un capolavoro ricco di poesia, dove tutto e nobile e luminoso. In tutti i quattro movimenti il suono caldo del violoncello dialoga con il pianoforte in continua domanda e risposta, cantando molteplici temi, uno più bello dell’altro, tutti tipicamente beethoveniani; l’intera sonata sembra infondere un senso di gioia e serenità, appena velata da qualche ombra di malinconia.

Corretta, precisa, ma forse un po’ monocorde l’esecuzione della Sonata, che esige un’interpretazione intensa e ricca di pathos, buona comunque l’intesa fra i due musicisti.

Ha fatto seguito una versione per violoncello e pianoforte della splendida aria di Tannhauser “O du, mein holder Abendstern” (O tu, mio bell’astro della sera), ove ovviamente il violoncello si è assunto il compito di intonare la meravigliosa melodia, accompagnato dal pianoforte.

Dopo Rachmaninov, di cui di è già detto, il duo ha eseguito “Due danze illiriche” di Mariano Paternoster, figlio del violoncellista, due brani interessanti, ove il compositore, alla stregua di Bela Bartok, che fu grande maestro del genere, utilizza in chiave moderna dei temi popolari, di origine slava.

Infine due brani composti dallo stesso Vito Paternoster: “Tema e manipolazioni” e “Giannino Stoppani Suite”. Il primo, brano anch’esso di grande interesse, consiste in alcune variazioni su un tema, che a poco a poco diventa, da cantabile e romantico, a quasi dodecafonico, per chiudersi infine nella cantabilità iniziale.

Il secondo invece è stato un omaggio a Nino Rota, un estratto dei temi più famosi tratti da “Gian Burrasca”, fra i quali, ovviamente, il famosissimo “Viva la pappa col pomodoro”, che ha suscitato i convinti applausi dei numerosi spettatori presenti in Teatro, molti dei quali, come me, sicuramente memori di questo grazioso motivo che ha accompagnato la nostra infanzia.

Un breve bis, un bel brano dal carattere romantico del poco noto musicista G. Gotermann, ha concluso la piacevole serata.

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