Riconoscere e dare valore alle proprie emozioni

Riconoscere e dare valore alle proprie emozioni

Riconoscere e dare valore alle proprie emozioni

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lunedì 25 Marzo 2013 - 14:40

Ci innamoriamo di qualcuno che “non dovremmo”: siamo capaci di ammetterlo a noi stessi o ce lo neghiamo, temendo fin da subito il giudizio degli altri e pure il nostro? Chiedi alla psicologa: invia una mail all’indirizzo psicologica@tempostretto.it.

Nei giorni scorsi, abbiamo osservato come ci comportiamo quando interagiamo con gli altri. Probabilmente siamo giunti a notare che a volte usiamo atteggiamenti aggressivi, altre volte passivi, altre assertivi, altre volte ancora il nostro atteggiamento è il risultato della combinazione di più stili. Con tutta probabilità, avremo anche notato che ne usiamo uno con maggior frequenza: quello è il nostro stile prevalente. Ci siamo invece trovati in un caos di domande con la sensazione di non capirci nulla? Bene! Questo accade perché comunicare efficacemente con le altre persone è forse la faccenda più difficile del mondo, è un’abilità complessa che, per essere esercitata, ha bisogno di altre abilità più basilari e di conoscenze su noi stessi, sull’altro e sul mondo. Per cominciare, dobbiamo essere in grado di comprendere come ci sentiamo e cosa vogliamo, cioè dobbiamo riconoscere le nostre emozioni ed i nostri sentimenti nella loro spontaneità (I livello dell’assertività). Dobbiamo poi essere in grado di saperli comunicare all’altro senza che la tensione o l’ansia li alteri o inibisca (II livello dell’assertività). Dobbiamo sapere quali sono i nostri diritti e quelli dell’altro all’interno della relazione (III livello dell’assertività). Dobbiamo essere capaci di vedere non solo quello che manca, ma anche quanto di buono abbiamo e facciamo, noi e l’altra persona (IV livello dell’assertività). Dobbiamo infine entrare in relazione con gli altri sentendoci artefici e padroni del nostro destino e non fantocci in balia del volere dell’altro o dell’impetuosità dei nostri sentimenti (V livello dell’assertività).
Procediamo per gradi, analizzando il primo dei cinque livelli: sappiamo comprendere, di volta in volta come ci sentiamo e cosa vogliamo? Siamo capaci di farlo in autonomia, senza cioè farci influenzare da cosa sarebbe giusto pensare o sentire, da cosa penserebbero gli altri di noi? Facciamo qualche esempio: abbiamo appena visto una commedia. Su cosa ci basiamo per decidere se ci è piaciuta o meno? Prendiamo in considerazione quanto ci ha fatto ridere o emozionare, quanto abbiamo apprezzato gli attori, la regia, il copione? Oppure pensiamo che il tal regista non è abbastanza considerato dalla critica e di conseguenza non può aver creato qualcosa di buono quindi, anche se abbiamo riso o ci siamo emozionati, concludiamo che non ci piace? Non può piacerci! Immaginiamo la situazione opposta: un’opera, che è considerata un capolavoro assoluto, a noi non dice nulla. Lo ammettiamo spontaneamente o ci sforziamo a trovare qualcosa che ce la faccia piacere perché pensiamo che, altrimenti, vuol dire che non capiamo l’arte e gli altri ci giudicheranno per questo? Nostro figlio porta un bel voto a casa: ne siamo felici e ci ammettiamo questa felicità o la copriamo subito con la preoccupazione del prossimo voto? Ci innamoriamo di qualcuno che “non dovremmo”: siamo capaci di ammetterlo a noi stessi o ce lo neghiamo, temendo fin da subito il giudizio degli altri e pure il nostro? Quando abbiamo comprato quel paio di scarpe così costose, lo abbiamo fatto perché d’istinto ci sono piaciute oppure per non essere “meno” di nessuno? Rileggiamo gli esempi appena fatti e troviamone altri nella nostra vita, noteremo un cliché che si ripete: posti di fronte a qualcosa, proviamo d’istinto un’emozione alla quale, quasi automaticamente, segue un’altra, che non è sempre coerente con la prima (quella spontanea), ma è quella che “è giusto provare”, perché è concorde coi nostri principi o con l’immagine che vogliamo dare di noi. Nei prossimi giorni, poniamo attenzione alle nostre emozioni: quanto spazio diamo all’emozione spontanea e quanto a quella che “scegliamo”? Riusciamo almeno a coglierla, quella spontanea, o siamo talmente abituati a “scegliere l’emozione giusta” che abbiamo perso la capacità di ascoltarci? Se vogliamo comprendere quale sia l’emozione che il nostro istinto ci suggerisce, proviamo a focalizzarci sul nostro corpo: quali segnali ci manda la nostra “pancia”? Ispiratevi ai principi della meditazione consapevole anche nell’esplorazione delle vostre emozioni: vi torneranno utilissimi.

“Psicologica” è curata da Francesca Giordano, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi di Torino, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva, Roma (SPC), Vicepresidente A.p.s. Psyché, “mamma di giorno” presso il nido famiglia Ohana di via Ugo Bassi, 145, Messina. Per informazioni telefonare al: 345.2238168.

Avvertenza: questa rubrica ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e quelle pubblicate, previo esplicito consenso del lettore, saranno modificate in modo da tutelarne la privacy.

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