Grecia e Italia, una faccia, una razza e una bancarotta?

Grecia e Italia, una faccia, una razza e una bancarotta?

Grecia e Italia, una faccia, una razza e una bancarotta?

martedì 01 Novembre 2011 - 14:43

Non si esce dalla crisi senza pesantissimi sacrifici. Il problema è decidere chi deve farli. La Lega dice che non devono farli i pensionati, anche quelli baby. E che deve farli il Sud perché il Nord ne ha già fatti troppi. I politici dicono che devono farli tutti tranne loro. I Meridionali dicono di essere troppo poveri per ulteriori rinunce. La Confindustria si lamenta per le aziende chiudono (o delocalizzano in altri Paesi). I ricchi dicono che senza i loro investimenti il Paese si ferma e intanto spostano la residena a Montecarlo. Marchionne è ormai con un piede e mezzo in America. De Benedetti è cittadino svizzero ma spinge gli Italiani a cacciare Berlusconi. Gli occupati non vogliono perdere il posto e i disoccupati vorrebbero trovarne uno, anche part time. La Grecia rimette tutto nelle mani del popolo, evitando così di scegliere tra le imposizioni di Angela e Sarkò e la bancarotta. Forse dovremmo iniziare a rifletterci sopra anche noi.

Il 20 Ottobre abbiamo raccontato cosa è accaduto, in un passato non troppo lontano, ai Paesi che hanno dichiarato bancarotta. Abbiamo anche esaminato cosa sta accadendo nel Paese più mal amministrato d’Europa: la Grecia.< Lo spunto di questa carrellata storica sono stati i disordini di Roma, dove sono emerse le due anime del movimento degli Indignati. Alcuni (la maggior parte), infatti, vogliono restare all’interno dell’euro mentre altri ritengono sia meglio dichiarare bancarotta e ripristinare la vecchia Lira, magari trasformandola in “pesante”. Come fece la Francia – che ora pretende di impartire lezioni di buona amministrazione a tutta Europa – nel 1960.

Tutti quanti però sono d’accordo che bisogna mettere in galera i responsabili dei disastri economici , per lo più speculatori e banchieri (sinonimi?) pagati milioni di euro anche quando le loro aziende chiudono i bilanci in profondo rosso.
E’ facile indignarsi di fronte alla società in cui siamo, alle sue inefficienze e alle sua ingiustizie, ma bisogna capire che l’economia globalizzata è una sorta di gabbia entro la quale ci siamo chiusi negli ultimi vent’anni. Che ci ha permesso di avere un’automobile e mezza per famiglia, di cambiare cellulare tre volte l’anno, di comprare un kg di patate la metà di una lattina di Coca Cola, ma dalla quale è impossibile uscire senza versare lacrime e sangue.
Tornando al dramma che sta vivendo l’Europa, una delle conseguenze che i Paesi più deboli devono affrontare è la riduzione della loro autonomia. Le regole della democrazia dicono che solo chi è eletto dai cittadini ha il diritto di decidere per essi. Oggi non è più esattamente così: la signora Merkel e il signor Sarkozy hanno certamente un formidabile peso nelle scelte del nostro Governo.

Anzi, c’è chi insinua che ne hanno di più di Berlusconi e Tremonti messi insieme. O di Bersani, Vendola e Di Pietro. Che criticano (giustamente) l’inerzia del Governo ma, appena la Ue dice che dobbiamo alzare l’età del pensionamento per anzianità o che si deve togliere agli enti locali la gestione diretta dei trasporti pubblici, della raccolta della spazzatura e della distribuzione dell’acqua, evitano di pronunziarsi o si dividono tra i Sì, i No e i Nì.
Mentre restano graniticamente uniti nella critica al rottamatore Renzi.
Questo deficit di autonomia decisionale è avvertito da tutti i Paesi deboli e la Grecia, dilaniata dagli scioperi e dalle proteste di Indignati, disoccupati e pensionati alla fame, si trova davanti a una scelta drammatica: subire i “suggerimenti” dei banchieri della Ue e del Fondo Monetario, oppure mandare al diavolo la Ue e dire a tutti quelli che hanno sottoscritto titoli di Stato greci: Posso restituirti solo il 20% del denaro che mi hai prestato. Se l’accetti bene, se mi dici no, non ti do neanche quello.

Come fece l’Argentina nel 2002, con tutte le conseguenze che ne derivarono.
Così il Primo ministro Papandreou ha deciso di indire un referendum per sapere se i Greci vogliono accettare il pacchetto di aiuti europei – e le relative prescrizioni – o meno.
Sia dire Sì che dire No, apre prospettive inquietanti per il futuro delle categorie più deboli del Paese ellenico: il No attrae, anche per ragioni di orgoglio nazionale, ma sarebbe una tragedia per moltissimi risparmiatori greci. Non sarebbero i soli, però: anche decine e decine di istituzioni finanziarie del mondo piangerebbero lacrime amare per le perdite che sarebbero costrette a subire. A cominciare dalle banche tedesche e francesi, che per anni hanno acquistato titoli greci, ben liete di lucrare interessi molto superiori a quelli pagati dai titoli emessi dai rispettivi Paesi.
Naturalmente, Sarkozy è sbottato, definendo irresponsabile la decisione del Governo greco di fare scegliere al popolo. E mezza Europa addossa ipocritamente alla Grecia la colpa del terremoto di inizio Novembre.
Forse però dovremmo iniziare a riflettere su come voteremmo noi al loro posto.

3 commenti

  1. E un passetto indietro non lo facciamo per vedere cosa faceva la Grecia ai tempi delle vacche grasse ? sul come hanno amministrato e sul come sono finiti tutti i soldi nessuno ne parla ? ora siamo in crisi ma tutti parlano sul come pagare ma nessuno parla sul come siamo entrati in crisi, di chi sono le responsabilità, a mio modesto parere i governi servono anche ad amministrare la nazione, e se tanto mi da tanto visto che noi al governo abbiamo sempre le stesse persone a giro, le responsabilità di chi sono ????

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  2. E per concludere visto che parliamo del “povero” popolo greco dove le figlie dei dipendenti pubblici recepiscono una indennità di 1000 euro mese solo perchè zitelle, chi in europa dovrà pagare tutto questo e hanno anche il coraggio di fare un referendum per cosa ? http://www.idealista.it/news/archivio/2010/04/30/05481-grecia-da-rifare-baby-pensioni-zitelle-doro-corruzione-sprechi

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  3. Il punto chiave del pezzo non è se sia meglio il default oppure l’obbedienza alle prescriioni dell’Europa, ma la restituzione del potere decisionale ai cittadini. Non si può chiedere più democrazia e poi riservare decisioni così importanti per tutti a un’oligarchia. Per di più di altri Paesi (Francia e Germania). Che, ovviamente pensano più ai loro legittimi interessi che a quelli del popolo greco. Meglio così che far decidere ai Governi, che tutelano sempre i Poteri forti (che coincidono con i responsabili del disastro). Significativo il cambio dei vertici militari, avvenuto nelle ultime ore. La storia insegna sia che il Potere è disposto a tutto pur di non pagare i danni, ma anche che tutte le rivoluzioni che impiccano le classi dominanti finiscono male. Però è sempre meglio che decida il popolo, anche se poi sbaglia.

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