"La disabilità dei nostri figli e l'ipocrisia di una città indifferente". L'amaro racconto di un genitore

“La disabilità dei nostri figli e l’ipocrisia di una città indifferente”. L’amaro racconto di un genitore

Francesca Stornante

“La disabilità dei nostri figli e l’ipocrisia di una città indifferente”. L’amaro racconto di un genitore

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giovedì 16 Aprile 2015 - 14:38

Va avanti la protesta dei lavoratori del servizio di assistenza e trasporto degli studenti disabili delle scuole superiori di Messina e provincia. Un genitore racconta cosa significa per le famiglie non avere più questo servizio, esprime ancora una volta solidarietà per la vertenza occupazionale, ma regala uno spaccato drammatico di cosa significa essere disabili a Messina.

«Oggi è il settimo giorno che gli operatori del servizio assistenza e trasporto delle scuole superiori di Messina sono in sciopero e lo sconforto e il senso di impotenza mi assale. Tutto scorre nel silenzio generale ed io, come tanti altri genitori, mi reco a scuola. Trovo solo due operatori su cinque, due uomini e mi domando: “se mio figlio fosse stato una ragazza?”. Arriva uno dei due soli mezzi che sono in servizio, quando dovevano essere molti di più, sale un ragazzo la cui gravità è tale da necessitare di assistenza anche sul mezzo e un operatore lascia la scuola per accompagnarlo a casa. Adesso a scuola è rimasto un solo assistente. Mio figlio è dentro, anzi no mi sbaglio, i miei ragazzi sono dentro, li conosco tutti i loro sguardi, sorrisi e movimenti e prego “speriamo che non abbiano di bisogno”. Arriva una mamma. L'unico operatore rimasto non è disponibile perchè impegnato con un altro ragazzo. La saluto, ha gli occhi spenti forse come i miei, il suo ragazzo è autistico, come il mio, esce accompagnato dall'insegnante e va via. Così di seguito vedo arrivare tanti genitori di figli speciali che non conoscevo. Oggi però siamo tutti qui perchè per prendere i nostri figli non siamo andati a lavorare. Alcuni, con una dignità esemplare, aprono le loro carrozzine con un gesto che esprime una maestria unica, la maestria di un dolore muto e sordo. Li vedo uscire tutti quelli presenti, mentre l'unico operatore è impegnato con uno dei più gravi e, tra me, continuo a pregare ”speriamo che nessuno abbia bisogno”. Alla fine giunge dopo più di un ora il mezzo, si prende l'altro ragazzo grave, oggi siamo stati fortunati non è successo nulla».

E’ il racconto triste, amaro, ma purtroppo vero, di uno dei genitori del Comitato figli speciali che ormai da mesi combatte per tutelare i diritti di tutti gli studenti disabili delle scuole superiori di Messina e provincia che sono vittime di un servizio pessimo. In questi giorni si è acuita la protesta dei lavoratori che da gennaio sono senza stipendi, il comitato dei genitori ha sposato la battaglia degli operatori che insieme alle famiglie stanno pagando le brutture degli appalti aggiudicati con il 100% di ribasso che si ripercuote sulle spalle e sulle tasche dei più deboli. Palazzo dei Leoni, titolare del servizio, continua a convocare incontri e tavoli tecnici che però ad oggi non sono andati molto oltre le promesse e le rassicurazioni, i lavoratori e i sindacati hanno chiesto aiuto alla Prefettura spostando la vertenza sui tavoli di Palazzo del Governo. Andando oltre gli aspetti tecnici, burocratici, amministrativi c’è però la faccia di chi sconta sulla propria pelle i disagi di un servizio importantissimo che non funziona. E in preda all’esasperazione oggi un genitore ha scritto una lettera che appare come la pagina di un diario di tutte quelle famiglie che si sentono impotenti di fronte alle necessità dei loro figli disabili e per questo speciali, figli che vedono condannati a enormi difficoltà, come se non bastasse già la loro condizione di disabilità.

«Domani torno a scuola. Aspetterò nel cortile per tutte le ore perchè mio figlio ama la scuola, per lui è la sua vita, ma potrebbe aver bisogno di aiuto e, malgrado l'encomiabile impegno e la buona volontà degli operatori scolastici, per un ragazzo autistico la mancanza delle figure di riferimento è destabilizzante ed io devo essere lì a mediare le sue fobie le sue ossessioni».

Un genitore che si trova costretto a scegliere per garantire la normalità a suo figlio. Un sistema assistenziale che non funziona e che esaspera decine di famiglie, oltre che i tanti operatori impiegati e ridotti alla fame. Questa è la cronaca di quanto accade oggi ai ragazzi disabili che riescono ad andare nelle scuole superiori di Messina perché accompagnati dai genitori
. Poi ci sono quelli che sono costretti a rimanere a casa perché ci sono padri e madri che non possono rinunciare ad andare a lavoro, altrimenti lo perdono. O quelli che materialmente non hanno la possibilità di accompagnarli.

La lettera non dimentica l’altra faccia di questo dramma: gli operatori. «Li ho visti in protesta, non hanno lo stipendio da quasi quattro mesi e li capisco, alcuni piangevano e mi chiedevano scusa per i nostri figli. Anche il loro è un bisogno che merita il massimo rispetto, non si può tornare a casa senza stipendio per un periodo così lungo e svolgere un lavoro così delicato» scrive il genitore.

E poi la desolante considerazione finale: «La Pasqua è passata da poco ed in quel periodo vi sono stati innumerevoli incontri improntati sulla solidarietà, sulla disabilità, sull'integrazione. Si sono svolti nei vari saloni e teatri cittadini con la partecipazione di operatori, utenti e politici, quasi a placare il bisogno di poter dire “io ho fatto, partecipato a qualcosa per chi ha bisogno”. La realtà di tutti i giorni però è diversa e l'ipocrisia di questa città indifferente resta granitica e pesa come un macigno sul futuro dei nostri figli».

Francesca Stornante

2 commenti

  1. carmelo ferraro 17 Aprile 2015 04:18

    sono un insegnante di sostegno da quasi 20 anni, non ho volutomai rientrare nella mia disciplina di insegnamento perchè mi sento più utile così. capisco le incazzature delle famiglie, capisco le incazzature degli operatori, essenziali per svolgere il io lavoro, a questo punto posso dire che anch’io sono incazzato quando si manca di rispetto ai ragazzi in questione, che, lo affermo con orgoglio arricchiscono la mia vita emmi insegnano tante cose nei momenti miei più difficili, come la gioia di vivere. la mia incazzutura è contro quei burocrati che trattano questi ragazzi speciali in senso positivo, come dei semplici numeri, e sono incazzato con i capi delle cooperative che dovrebbero rinunciare ai servizi se non possono farlo con dignità.

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  2. carmelo ferraro 17 Aprile 2015 04:18

    sono un insegnante di sostegno da quasi 20 anni, non ho volutomai rientrare nella mia disciplina di insegnamento perchè mi sento più utile così. capisco le incazzature delle famiglie, capisco le incazzature degli operatori, essenziali per svolgere il io lavoro, a questo punto posso dire che anch’io sono incazzato quando si manca di rispetto ai ragazzi in questione, che, lo affermo con orgoglio arricchiscono la mia vita emmi insegnano tante cose nei momenti miei più difficili, come la gioia di vivere. la mia incazzutura è contro quei burocrati che trattano questi ragazzi speciali in senso positivo, come dei semplici numeri, e sono incazzato con i capi delle cooperative che dovrebbero rinunciare ai servizi se non possono farlo con dignità.

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