Arrestato nell'operazione Lupin ed indagato mercoledì nell'inchiesta Pastura
Ormai non c’è inchiesta giudiziaria in cui non figuri il suo nome. Rosario Tamburella, 49 anni è una delle figure di spicco della criminalità della zona sud di Messina. Il clan, da lui capeggiato con assoluta padronanza, si occupa di tutti gli affari illeciti che è possibile immaginare. Spaccio di droga, usura ed estorsioni le attività più redditizie che il boss gestisce con l’aiuto della moglie Caterina Catrimi ed ora anche dei due figli.
Ma come nasce la figura di un padrino potente e rispettato? Nasce all’ombra di uno dei più importanti boss che la città abbia espresso negli ultimi vent’anni: Iano Ferrara. Il padrino del villaggio Cep, l’uomo per il quale un intero quartiere scese in piazza chiedendone la scarcerazione quando fu arrestato dalla Polizia dopo una lunga latitanza. La sua immagine fu offuscata dalla repentina collaborazione con la giustizia ed, infatti, il capomafia del CEP non ha esitato a fare i nomi degli uomini più fidati. Fra questi il suo ex braccio destro Rosario Tamburella.
Spazzati via, dalle accuse dei pentiti, i gruppi storici della criminalità organizzata, a metà degli anni novanta Tamburella si crea un clan autonomo. La sua -carriera- ufficiale era iniziata il 12 agosto 1992, quando fu arrestato per la prima volta con l’accusa di organizzare rapine ai Tir sull’autostrada Messina-Catania. Sono le prime avvisaglie di una carriera che sta per -spiccare il volo-. Il suo gruppo comincia ad imporre il pizzo passando a tappeto commercianti ed imprenditori della zona sud. Tutti devono pagare senza battere ciglio. La paura ed il silenzio sono gli alleati migliori della criminalità. Ma qualcuno parla. Nel novembre del 1995 un grossista di carni lo denuncia. La Squadra Mobile lo arresta nell’operazione Bull. Viene a galla un sistema di taglieggiamento quasi porta a porta. Nel giugno del 2000 Tamburella verrà condannato a 6 anni di reclusione. Ma le colpe del passato prima o poi si pagano. Iano Ferrara comincia a raccontare ai giudici anni di crimini e misfatti. Racconta del giovane Tamburella, giunto a Messina dalla provincia di Enna. Rivela di estorsioni e spaccio di droga. Viene così arrestato nell’operazione antimafia Albatros dell’agosto 1998.
Quindi nel giugno 2005 arriva per Tamburella la prima vera mazzata. Viene condannato in primo grado a 9 anni e mezzo di reclusione. Finisce ai domiciliari ma continua a tessere la sua tela estorsiva. Anche da casa Tamburella continua ad imporre il pizzo ai commercianti. Di lui le vittime hanno terrore e così finiscono per portargli il denaro fino a casa. Soldi a domicilio per poter continuare a lavorare senza ritrovarsi con il negozio bruciato.
Ma l’inchiesta più importante è la -Sole d’autunno- del 1999. Nel corso di una perquisizione nella sua casa di S.Lucia sopra Contesse i poliziotti scoprono un libro mastro di straordinario interesse investigativo. Su quelle pagine sono annotati i nomi di decine e decine di commercianti ed imprenditori. A fianco è indicata una cifra. E’ il prezzo che devono pagare mensilmente a Tamburella ed ai suoi uomini per poter restare tranquilli. Ma ci sono anche casi di usura. Una vittima, non potendo più onorare gli impegni, per oltre dieci anni fu costretto a versare quasi interamente l’incasso della sua attività. Per quest’inchiesta Rosario Tamburella viene condannato in appello a 5 anni, 10 mesi e 20 giorni. Nel frattempo il boss pentito Iano Ferrara continua i suoi racconti agli inquirenti.
Il nome di Tamburella finisce nella Peloritana 3 e nel luglio 2006 viene condannato a tre anni di reclusione. Per sua fortuna però proprio in quei giorni arriva inatteso l’indulto e può tornare a casa. Ma non è finita perché Tamburella decide di allargare gli orizzonti del clan. Nel 2007 stringe una strana alleanza con il clan di Giostra capeggiato da Giuseppe Mulè. Forti del loro potere intimidatorio compiono una serie di estorsioni nella zona nord. Per mesi taglieggiano un noto panettiere, costretto a pagare e ad elargire merce gratuitamente. Il 21 novembre però viene arrestato dalla Squadra Mobile mentre Mulè era già latitante. A febbraio 2008 scatta l’operazione Pastura della DDA. Per Tamburella altro arresto, insieme con la moglie Caterina Catrimi ed i figli Francesco e Giuseppina che, secondo l’accusa, si dedicano allo spaccio di droga. Tamburella è ormai temuto e rispettato da tutti e non solo nel suo quartiere. Per le sue vittime, che lo trattano con deferenza, lui è -Don Saro-. Ma Don Saro non ha lo stesso rispetto quando il pizzo o la rata del prestito usuraio non viene pagata puntualmente. Un promotore finanziario, che si trova nei guai e non riesce a restituire il denaro, viene schiaffeggiato davanti a tutti al mercato Zaera da un Tamburella furibondo. Un collega è costretto a chiamare il boss al telefono e pregarlo di pazientare: “Don Saro scusatemi, ma presto sistemeremo tutto. No, no, lei non perderà un amico per questa storia. Don Saro non perde amici. Entro il 30 sistemo tutto. Perdonatemi ancora-.
