Anniversario del voto alle donne. 67 anni da quando Nilde Iotti scrisse la Costituzione

Anniversario del voto alle donne. 67 anni da quando Nilde Iotti scrisse la Costituzione

Sara Faraci

Anniversario del voto alle donne. 67 anni da quando Nilde Iotti scrisse la Costituzione

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sabato 01 Giugno 2013 - 16:56

Ricorre oggi il sessantasettesimo anniversario del riconoscimento del diritto di voto alle donne. Chiamate a esprimere la loro preferenza su Repubblica o Monarchia, si recarono alle urne in 12 milioni

Sono passati 67 anni. Anni in cui la conquista del voto per le donne è stata apprezzata. Celebrata. Spesso poco valorizzata o peggio! Data per scontata. Anni in cui spesso non si è riflettuto a sufficienza sul valore civile di una tale vittoria del mondo femminile, sulle dure battaglie al limite dello stremo intraprese in tutto il mondo per il riconoscimento dei diritti del gentil sesso, sulla circostanza che – nonostante le radici democratiche del suo nobile passato – l’Italia fu una delle nazioni che più tardi fece ingresso nel cerchio di quelle che avevano già riconosciuto l’ormai ovvio.

Tra obiezioni e dissensi vari, il 2 giugno 1946, 12 milioni di elettrici sui 14 milioni di donne legittimate a recarsi ai seggi, si apprestano ad esercitare il neo acquisito diritto. L’Italia è chiamata a decidere in modo inappellabile delle sue future sorti. Repubblica o monarchia? Si chiede agli elettori appena usciti dal secondo Conflitto Mondiale e desiderosi di ricostruire la loro patria. L’89% delle aventi diritto decidono di lasciare la propria firma su una scelta che sta tuttora alla base del vivere civile all’interno del nostro Paese. Decidono di esprimere il loro consenso a favore della Repubblica. Di prendere coraggiosamente in mano le redini del futuro della propria nazione e rendersi attrici del nuovo scenario politico e democratico che mira ad aprire nuovi orizzonti a un’Italia martoriata dalla guerra. Non si lasciano sfuggire la preziosa occasione di far pendere l’ago della bilancia in un senso piuttosto che in un altro, abbandonando la vecchia consuetudine di sottomissione al decisionismo maschile.

A dare loro questa possibilità, il decreto n.23 del 1° febbraio 1945, “Estensione alle donne del diritto di voto”, fortemente sostenuto da personalità del calibro di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi, sebbene aspramente osteggiato da tutta l’ala politica di sinistra. Si teme che le donne si lascino influenzare dai dettami ecclesiastici e concorrano a costituire un ulteriore ostacolo all’affermazione dei principi di matrice comunista. La Chiesa stessa è ben consapevole del profondo legame che tiene avvinte ai suoi precetti le donne e ne incrementa la solidità con l’istituzione del “Centro Italiano Femminile”, creato dall’Istituto Cattolico di Attività Sociali e volto a consentire alle neo-elettrici di esercitare il proprio diritto di voto nel modo più “appropriato”.

La diffidenza nei confronti del sesso femminile, inoltre, non è ancora del tutto sopita. Apposite liste elettorali femminili non verranno mai mischiate con quelle maschili e le prostitute schedate, ree di aver esercitato “il meretricio fuori dai locali autorizzati”, verranno escluse dalle votazioni. Poco cambia, inoltre, sul fronte del rinnovamento giuridico. Codice della Famiglia e, ancor più, Codice Penale, non riescono ad esimersi da una discriminazione tra sessi che è ormai fulcro dell’intero impianto normativo.

Gravano su queste posizioni forti e poco propense a maggiore apertura, anni di negazione delle potenzialità femminili a introdursi intelligentemente nel mondo della politica. La concessione del voto per le elezioni amministrative, compiuta da Benito Mussolini nel 1924, è solo uno stratagemma demagogico dato che era già stata decisa la proibizione di qualsiasi tipo di elezione per province e comuni. Ancor prima è Giolitti a parlare dell’introduzione delle donne al voto come un “salto nel buio”, rispecchiando, a sua volta, le opinioni, ancora più datate, di Giovanni Lanza – deciso a non concedere il diritto in questione se non “per iscritto” alle donne – e di Agostino Depretis – fautore della proposta del voto femminile “per delega al marito”.

Ma il ’46 è anno di cambiamenti e spazza via, come una spugna bagnata su una superficie sporca, i pregiudizi e i tabù del passato. Il mutamento è radicale. Così, le donne si ritrovano non solo a poter votare ma anche a essere soggetti passivi di quel diritto che per allora rappresenta per loro un’enormità. Si ritrovano a poter essere elette. Sono 21, all’incirca il 4%. Nove comuniste, nove democristiane, due socialiste e una eletta tra i candidati dell'”Uomo Qualunque”. Cinque di loro vengono addirittura a far parte della “Commissione dei 75”, l’organismo incaricato dall’Assemblea di formulare la proposta di Costituzione da portare e dibattere in aula. Sono Angela Gotelli (Dc), Maria Federici (Pci), Nilde Iotti (Pci), Angelina Merlin (Psi) e Teresa Noce (Pci).

Un pezzo di storia che parla della caparbietà delle donne. Della loro capacità di tener testa al sesso forte, trattando alla pari con esso e facendosi valere. Un esempio di forza e fiducia nei valori ai quali questo 2 giugno di 67 anni dopo, chiede che le rappresentanti del mondo femminile che intraprendono oggi la strada della politica, continuino ad ispirarsi. (Sara Faraci)

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