Il pianista Arsenii Moon conquista il pubblico messinese

Il pianista Arsenii Moon conquista il pubblico messinese

giovanni francio

Il pianista Arsenii Moon conquista il pubblico messinese

domenica 17 Marzo 2024 - 23:05

Al Palacultura, per la stagione dell'Accademia Filarmonica di Messina, un giovane musicista russo dalle straordinarie qualità tecniche

MESSINA – Il pianista russo Arsenii Moon a Messina. Sabato al Palacultura, per la stagione musicale dell’Accademia Filarmonica, si è esibito il giovane musicista dalle straordinarie qualità tecniche. Si tratta del vincitore del prestigioso concorso pianistico internazionale “Ferruccio Busoni”m ed. 2023, proponendo un programma assai variegato e attraversando ben tre secoli, da Bach a Ravel e Skrjabin, passando per Haydn, Chopin e Liszt.

Il concerto ha avuto inizio con l’esecuzione dello splendido Corale per organo BWV659 di Johann Sebastian Bach, nella trascrizione per pianoforte di Ferruccio Busoni, del quale ricorre quest’anno il centesimo anniversario della morte. Si tratta di uno dei Corali di Lipsia, incluso nel secondo volume, intitolato “Nun komm’ der Heiden Heiland” (Ora vieni, salvatore delle genti), e fa parte della grande produzione sacra di Bach che ha visto la luce durante il suo soggiorno nella città tedesca (ove compose, tra l’altro le due grandi Passioni, secondo San Giovanni e secondo San Matteo). Uno splendido brano in cui si manifesta tutta la severa e profonda spiritualità luterana del grande musicista.

Moon ha poi eseguito la Sonata in mi bemolle maggiore, Hob. XVI n. 52, di Joseph Haydn, in tre movimenti “Allegro”, “Adagio” e “Finale (Presto)”. Si tratta dell’ultima sonata composta dal musicista austriaco, e senz’altro una delle più riuscite. Particolarmente accattivante il terzo movimento, ove traspare tutto l’umorismo e il gusto per la sorpresa, tipici di Haydn.

La prima parte del concerto si è conclusa con alcune celebri pagine di Fryderyk Chopin del qule il pianista ha dapprima eseguito tre Mazurke, la n. 1 dell’Op. 6 e la n. 2 e 4 dell’Op. 17.

La mazurka è una danza popolare, caratterizzata da un ritmo ternario, che ebbe origine in Polonia già nel ‘500 e si diffuse poi in tutta Europa. Il fatto che Chopin ne compose ben cinquantasette ci fa capire quanto il musicista polacco fosse legato alla sua terra. Le mazurke di Chopin sono caratterizzate alcune dall’elemento ritmico e da una impronta briosa e vivace, altre da una mesta e struggente malinconia, pur mantenendo il ritmo ternario. Fanno parte di quest’ultima categoria le tre Mazurke eseguite, tutte dall’andamento triste e malinconico.

È stata poi la volta della “Barcarola in fa diesis maggiore” op. 60, certamente uno dei sommi capolavori di Chopin e dell’intera letteratura pianistica. La barcarola è un genere musicale affrontato da diversi musicisti – si pensi a Mendelsshon, Cajkovskij, Faurè, che intende evocare i canti dei gondolieri lungo i canali di Venezia. Chopin non visitò mai la città della laguna, e il capolavoro da lui creato, come affermò un critico, trasporta “l’ascoltatore lontano dall’Italia, verso l’innominato mondo dei sogni del poeta” (A. Hedley). La ricchezza e arditezza armonica, la presenza di anticipazioni impressionistiche (non è un caso se Ravel adorava questo brano), unite a momenti di intenso lirismo, il tutto con l’accompagnamento cullante della mano sinistra tipico delle barcarole, ne fa un unicum nell’intera produzione del maestro.

L’esecuzione di Arsenii Moon è stata perfetta sotto il profilo tecnico, mentre dal punto di vista della resa interpretativa ha suscitato, a mio avviso, qualche perplessità, in particolare con riguardo alla Barcarola, ma anche al Corale di Bach. L’esecuzione della Barcarola in particolare è sembrata a volte un po’ affrettata, e comunque l’interpretazione del pianista (ma non dimentichiamo che stiamo parlando di un artista giovanissimo che è destinato solo a migliorare sotto questo profilo) non ha restituito quel pathos e quella dolcissima malinconia di cui il capolavoro chopiniano è impregnato.

La seconda parte del concerto è iniziata con l’esecuzione della Sonata – Fantasia n. 2 in sol diesis minore op. 19 di Aleksander Skrjabin. In due movimenti, la Sonata rappresenta la prima composizione di una fase nuova del musicista russo, simbolista, estremamente moderna. Il primo movimento “Andante” a detta dello stesso Skrjabin si ispira alla “tranquillità d’una notte meridionale sulle rive del mare”; il secondo movimento “Presto” invece è un brano molto agitato, un vero mare in tempesta.

È stata poi la volta di Maurice Ravel, del quale Moon ha eseguito uno dei suoi capolavori più noti e più difficili: “Gaspard de la nuit”.  

Si tratta di una delle composizioni pianistiche più importanti del 900, ispirata dai versi del poeta Bertrand, una raccolta di tre brani che esprimono simbolicamente gli omonimi versi del poeta in maniera straordinariamente efficace. Il primo “Ondine”, è un brano connotato da una meravigliosa fluidità sonora, libera nella forma, che rende appieno i versi del poeta rappresentanti una ninfa che, ondeggiando morbida nelle acque di un lago, tenta di sedurre, non ricambiata, il narrante. A questa atmosfera leggera ed irreale fa da contrasto il secondo brano, “Le gibet” (il patibolo), una musica inquietante che si sviluppa staticamente attorno ad una nota ossessivamente ribattuta, che simboleggia il rintocco delle campane dopo l’esecuzione di un condannato a morte. Segue infine “Scarbo”, uno gnomo infernale, dispettoso, reso attraverso guizzi sonori, prodotti tramite trilli, accordi aspri e dissonanti, ritmo frenetico.

Eccellente l’esecuzione di Skrjabin, ma è stato soprattutto in Ravel che il pianista, a mio avviso, ha dato il meglio di sé, rendendo mirabilmente le diverse atmosfere del capolavoro del musicista francese, esibendo la leggerezza di un tocco delicatissimo e cristallino nel fraseggio di “Ondine”, per passare all’atmosfera statica e allucinata di “Le gibet”, concludendo con i mirabolanti passaggi virtuosistici di “Scarbo”, sfoggiando una tecnica pianistica di assoluto livello, eseguendo i passaggi più ostici e rapidi con una disinvoltura e padronanza impressionanti.

L’ultimo brano eseguito è stato la celebre Rapsodia ungherese n. 2 di Franz Liszt.

Le Rapsodie ungheresi Lisztiane sono delle fantasie costruite su temi popolari, per lo più di origine zigana. La n. 2, brano popolarissimo, ricalca lo schema delle altre: una lunga introduzione lenta (“Lassu” nella tradizionale “Csardas” ungherese) seguita da un movimento veloce – “Friska”, di carattere virtuosistico, dai temi famosissimi, assai ritmata, che si conclude in apoteosi con rapide ottave martellanti, di difficoltà tecniche davvero trascendentali, un autentico pezzo di bravura.

Il virtuosismo di Liszt ha dato modo a Moon di sfoggiare le sue notevoli abilità tecniche e la sua assoluta padronanza della tastiera, strappando convinti ed entusiastici applausi.

Ovazioni del pubblico, impressionato dalla tecnica trascendentale del giovane pianista, il quale ha concesso due bis, anch’essi di notevole difficoltà tecnica: “Feux d’artifice” di Claude Debussy, e “Etude tableaux Op. 39 n. 5” di Rachmaninov.

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