Comunicare emozioni e sentimenti negativi

Comunicare emozioni e sentimenti negativi

Comunicare emozioni e sentimenti negativi

lunedì 08 Aprile 2013 - 12:31

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Le emozioni sono le nostre reazioni immediate a qualcosa: la paura ci avverte che siamo davanti ad una minaccia per il nostro benessere, la rabbia che stiamo subendo un’ingiustizia e che dobbiamo agire per ripararla, la gioia ci comunica che siamo in una situazione positiva per il nostro benessere, che dobbiamo cercare di mantenere o riprodurre. Una volta che siamo diventati abili nel riconoscere come le emozioni indicano cosa è più o meno positivo e desiderabile per noi, il passo successivo è mettere in atto delle azioni con esse coerenti: se stiamo bene con un amico, faremo in modo di passare del tempo con lui. Se sentiamo che i nostri figli ci caricano di troppe cose da fare in casa e non ci danno abbastanza aiuto sebbene abbiano tutto il tempo e le capacità di farlo, quale emozione proveremo? Come risponderemo a questa emozione? Quali azioni metteremo in pratica? Se partiamo dal principio assertivo che noi valiamo tanto quanto gli altri, figli compresi, che il nostro benessere merita lo stesso riguardo del benessere altrui, allora vivremo la cosa come un’ingiustizia, tanto più grave quanto più è il tempo che la subiamo, sperimenteremo un’emozione che potrà variare dal leggero fastidio alla rabbia franca, sentiremo il bisogno di coinvolgerli per risolvere la situazione. Come agiremo nel concreto? Se avremo lasciato sedimentare la situazione per anni, probabilmente la rabbia sarà intensa e ci porterà a fare una vera e propria sfuriata: urleremo, useremo epiteti più o meno offensivi, leggeremo la situazione in termini assolutistici. Le parole che potrebbero venir fuori dalla nostra bocca suonerebbero pressappoco così: ”Ora basta! In questa casa è sempre la stessa storia: io sono la sguattera di tutti e voi non siete nemmeno capaci di lavarvi la faccia da soli al mattino! Mai un ringraziamento, mai un’offerta d’aiuto! Un giorno o l’altro me ne vado e poi vediamo che sapete combinare, incapaci come siete!”
Che cosa avremo ottenuto? Ci saremo alleggerite di un po’ della rabbia accumulata, innegabile vantaggio. E che altro? I nostri figli penseranno che stiamo dando i numeri e qualche maschietto ironico attorno a noi penserà che sia una tempesta ormonale. Siamo riuscite a far capire loro ciò di cui abbiamo bisogno? Siamo riusciti a far capire cosa ci aspettiamo, in modo da avere più aiuto da parte loro? Probabilmente no.
Che cosa è accaduto? Eppure la rabbia, in questo caso, è l’emozione giusta … è successo che la rabbia, come qualsiasi altra emozione, quando è troppo intensa, riduce la nostra capacità di essere presenti e lucidi, ci sovrasta con la sua impetuosità e ci rende meno capaci di fare le nostre richieste e di prestare attenzione alle informazioni che ci arrivano dagli altri e dal contesto.
Come avremmo dovuto comportarci per essere più efficaci? Facciamo un esempio: il nostro partner inizia un hobby nuovo che richiede molto spazio e porta molto disordine, appena la cosa inizia a pesarci lo prendiamo a quattr’occhi e gli diciamo: “caro, mi dà molto fastidio dover perdere il mio tempo a mettere in ordine le tue cose, trovo poco rispettoso nei miei riguardi il tuo lasciare tutto in giro non curandoti di rimettere ordine. Mi farebbe sentire più rispettata e mi farebbe stancare di meno se tu ti impegnassi a mantenere l’ordine in casa, rimettendo le cose al loro posto dopo averle utilizzate”.
Cosa rende questa comunicazione più assertiva della precedente? L’utilizzo di alcune regole, vediamo quali. Prima regola: non rimandare, non permettere ai problemi di accumularsi ed ingigantirsi. Una situazione affrontata sul nascere è più semplice da modificare, non turba eccessivamente gli equilibri relazionali e genera emozioni meno intense, più facili da gestire. Seconda regola: se l’emozione che proviamo è impetuosa, contiamo fino a dieci prima di reagire, prendiamo tempo allontanandoci un attimo dalla situazione, con una scusa o ammettendo espressamente che abbiamo bisogno di tempo per riacquistare chiarezza. Affrontiamo la situazione solo quando l’emozione che proviamo è ritornata gestibile. Terza regola: se qualcosa non ci va, facciamo delle critiche sincere, dirette e puntuali, al comportamento che non ci piace, mai alla persona, specifichiamo la situazione in cui quel comportamento ci dà fastidio e suggeriamo un comportamento alternativo più utile. Quarta regola: noi abbiamo il diritto di chiedere, ma l’altro ha il diritto di non condividere le nostre richieste: prepariamoci a raggiungere una soluzione condivisa attraverso il dialogo ed anche a riceve un rifiuto netto.

“Psicologica” è curata da Francesca Giordano, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi di Torino, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva, Roma (SPC), Vicepresidente A.p.s. Psyché, “mamma di giorno” presso il nido famiglia Ohana di via Ugo Bassi, 145, Messina. Per informazioni telefonare al: 345.2238168.
Avvertenza: questa rubrica ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e quelle pubblicate, previo esplicito consenso del lettore, saranno modificate in modo da tutelarne la privacy.

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