Barcellona. La città a dieci mesi dal nubifragio. Apprensione per le ferite aperte. Mancano fondi, risorse e mezzi

Barcellona. La città a dieci mesi dal nubifragio. Apprensione per le ferite aperte. Mancano fondi, risorse e mezzi

Barcellona. La città a dieci mesi dal nubifragio. Apprensione per le ferite aperte. Mancano fondi, risorse e mezzi

sabato 03 Ottobre 2009 - 15:17

Nonostante a gennaio sia stato proclamato lo stato di calamità naturale, i fondi per gli interventi urgenti non sono ancora pervenuti. La città va avanti con le proprie forze, temendo di dover fronteggiare da sola, come lo scorso anno, eventuali emergenze. Tanti i punti critici da monitorare, ma non è detto che non si aprano nuovi fronti. Abitazioni a rischio a Gurafi e al Carmine, dove è crollata parte della strada. Si teme per le colate di fango a Sant’Antonio, Fondaconuovo, Marsalini e Santa Venera

È una città che fa ancora i conti con gli ingenti danni dello scorso dicembre, quella che si prepara a vivere 5 mesi col fiato sospeso, temendo che ciò che è accaduto a Giampilieri e a Rometta possa riproporsi sul versante tirrenico per via delle precipitazione intense e frequenti di questi ultimi inverni. Dieci mesi dopo, Barcellona è una città ferita e abbandonata a se stessa. Magra consolazione sapere di non esssere la sola in questa martoriata provincia. Da gennaio si attendono i fondi di protezione civile previsti per l’emergenza dopo la dichiarazione dello stato di calamità naturale. Servivano per gli interventi urgenti e invece ancora non c’è neppure chiarezza sull’entità delle risorse da ripartire tra i Comuni colpiti.

Nell’immediato furono eseguiti lavori di sgombero delle strade, di messa in sicurezza degli argini dei torrenti e dei versanti franosi nelle zone collinari. Furono evacuate alcune famiglie, ospitate provvisoriamente negli alberghi della città. Ingenti danni alle abitazioni e alle attività produttive vennero denunciati dai privati. Lavori per più di 700 mila euro furono effettuati d’urgenza, ma le ditte attendono ancora la liquidazione delle spettanze.

L’aspetto più inquietante però è che, al di là delle opere in cantiere e di quelle già avviate dall’amministrazione comunale, tra cui il consolidamento e il ripristino dei versanti franosi a Gala, a Maloto, a San Paolo, non è stato effettuato alcun intervento di protezione civile a scopo preventivo. In mancanza di fondi, non si è fatta formazione, non si sono implementati gli organici, non sono stati forniti mezzi meccanici per affrontare le emergenze, non si è neppure pensato di dare adeguate istruzione ai cittadini. E non si sono affrontati con determinazione i rischi idrogeologici più rilevanti: le frane e gli smottamenti che minacciano fabbricati costruiti a ridosso dei costoni, le esondazioni delle saie, il sovraccarico delle acque nei pozzetti e nei canali di scolo. Tutte concause dei danni dello scorso dicembre.

Ci sono ferite aperte che fanno temere per l’incolumità della popolazione. Tra queste la friabilità della collina di Gurafi, che si protende sugli abitati di via Barcellona-Castroreale. Qui non si è provveduto a realizzare un muro né ad applicare delle reti di contenimento. In via Salita del Carmine metà della carreggiata è stata risucchiata dal movimento franoso della collina sottostante, che si affaccia pericolosamente su alcune ville panoramiche. Costeggiare il cimitero in direzione San Paolo è diventata un’esperienza da brivido, perché potrebbe venirne giù un altro troncone con il suo carico di bare, lapidi e lumini. A Sant’Antonio e a Fondaconuovo si sono già registrate le prime inondazioni di fango e detriti. Solo adesso l’Ato Me2 ha avviato la ripulitura delle saie e i dei pozzetti. Altro discorso è quello che riguarda le saie ostruite o deviate nel loro percorso per far posto ai nuovi fabbricati. Imperizia di professionisti incauti, incoscienza e miope egoismo dei cittadini, compiacenza o, quantomeno omissione di controllo, da parte degli uffici. Su questa combinazione di fattori si reggono le licenze edilizie e gli abusi sanati, i cui danni ricadono sull’intera popolazione. Oggi è forse tardi per rimediare agli scempi perpetrati al territorio nel recente passato. Non è tardi, invece, per mettere un punto al dilagante abusivismo. Che prolifera ancora nelle more dell’entrata in vigore del piano regolatore, nei cambi di destinazione approvati a volte con sufficienza dal Consiglio comunale, nelle periodiche e immancabili sanatorie. Si gettano i semi per le catastrofi di domani, come oggi si raccolgono i frutti degli abusi di ieri. D’altra parte la natura prima o poi presenta il conto.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta
Tempostretto - Quotidiano online delle Città Metropolitane di Messina e Reggio Calabria

Via Francesco Crispi 4 98121 - Messina

Marco Olivieri direttore responsabile

Privacy Policy

Termini e Condizioni

info@tempostretto.it

Telefono 090.9412305

Fax 090.2509937 P.IVA 02916600832

n° reg. tribunale 04/2007 del 05/06/2007