«Opg inumani e illegali». La denuncia di padre Pippo Insana, cappellano al “Madia”

«Opg inumani e illegali». La denuncia di padre Pippo Insana, cappellano al “Madia”

«Opg inumani e illegali». La denuncia di padre Pippo Insana, cappellano al “Madia”

mercoledì 14 Ottobre 2009 - 18:37

Dall’86 si occupa dell’accoglienza e del reinserimento degli ex-internati. Ora padre Pippo teme che l’Opg “Madia” divenga un «supermanicomio». Il direttore Nunziante Rosania: «Si va verso il superamento del vecchio sistema carcerario. Ma l’Opg non si tocca». E la questione è approdata anche in consiglio comunale.

«L’Ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona diventerà un supermanicomio». Con questo preoccupato allarme per il futuro, padre Pippo Insana, cappellano all’Opg “Madia”, fondatore e responsabile della “Casa di solidarietà e accoglienza” che ospita internati in regime di libertà vigilata, è intervenuto nel dibattito sugli ospedali psichiatrici giudiziari, abbozzato a margine del convegno sulla salute mentale organizzato dal centro studi “Sentieri della Mente”, presso l’auditorium della vecchia stazione. Parole forti e sostanziate da articolate motivazioni, quelle di padre Pippo.

La sua lunga esperienza a contatto con gli infermi di mente internati al “Madia” lo ha sempre di più convinto che queste strutture, a metà tra carceri e ospedali, vanno definitivamente superate. «L’Opg è un carcere, manca l’igiene personale e dell’ambiente, mancano i farmaci e un personale qualificato a curare e riabilitare, molti ricoverati non vengono assistiti, ma lasciati a letto, privati di relazioni significative, con un conseguente naturale processo cronicizzante, e nei casi peggiori sottoposti ancora oggi all’uso sconcertante del letto di contenzione».

Di ospedali psichiatrici giudiziari attualmente in Italia ne esistono sei, che accolgono circa 1200 detenuti, condannati con vizio totale o parziale di mente, la maggior parte delle volte per crimini poco gravi. «È assurdo che detenuti rinchiusi per reati lievi rimangano ristretti sino a sei anni con misura di sicurezza provvisoria, senza la definizione del processo, e che molti di loro siano selvaggiamente trasferiti da un Opg all’altro, interrompendo così i percorsi iniziati per le loro dimissioni e rendendo più difficili i rapporti con i familiari. Il persistere degli Opg è un fatto illegale, incostituzionale, incivile, disumano, riconosciuto anche dalla legislazione», ha affermato padre Insana.

Una legge mai completamente applicata, la legge Basaglia del 1978, ne aveva previsto, infatti, la soppressione. Il più recente dpcm del 2008 sancisce, invece, il “trasferimento alle regioni delle funzioni sanitarie afferenti agli ospedali psichiatrici giudiziari”, ma «nonostante l’impegno del direttore Rosania e degli operatori – ricorda padre Insana – la regione Sicilia, a statuto autonomo, non ha ancora recepito il decreto ministeriale e l’Opg di Barcellona rimane sotto il controllo dell’amministrazione penitenziaria che non prevede più fondi per la gestione sanitaria delle carceri. È l’assurdo dell’assurdo dell’assurdo che con le stesse risorse di personale, ma con minori risorse economiche si debbano gestire il doppio degli internati. La prossima completa chiusura degli Opg di Reggio Emilia e di Napoli e il sensibile ridimensionamento dell’Opg di Montelupo Fiorentino determineranno, infatti, un considerevole aumento del numero dei reclusi attualmente ricoverati a Barcellona e gravi disagi. Il sovraffollamento moltiplica le aggressioni, i tentati suicidi, l’uso del letto di contenzione». Abbiamo chiesto conferma al direttore dell’Opg Nunziante Rosania.

«Al problema del sovraffollamento si è cercato di provvedere stabilendo una migliore distribuzione degli internati – spiega il direttore Nunziante Rosania – in modo che ogni Opg si configuri come la sede per ricoveri di detenuti delle regioni limitrofe, e in particolare per il “Madia” di Barcellona, disponendo che vi possano sostare ricoverati provenienti unicamente da Sicilia, Calabria, Puglia e Basilicata».

Ma, secondo quanto asserito dal direttore, eliminare la struttura «è un’idea assolutamente irrazionale», si tratta piuttosto di riformarla e ampliarla. «Si sta percorrendo una direzione che va verso il superamento del vecchio sistema carcerario e approda ad una concezione riabilitativa, tipica del sistema sanitario. Sono stati già fatti degli incontri preliminari e si è formata una commissione di cui io stesso faccio parte per organizzare la trasformazione dell’istituto. Al “Madia” è prevista la creazione di un reparto femminile e di un dipartimento di medicina penitenziaria, una struttura polifunzionale gestita da un pool di medici, più vicina alle esigenze degli infermi privati di libertà. Si è inoltre pensato di realizzare progetti riabilitativi individualizzati – che dovrebbero partire da gennaio 2010 – al fine di reinserire i ricoverati in regime di proroga nel loro territorio di appartenenza, ma si è in attesa dei decreti applicativi». Come ricordiamo, il dibattito sul futuro dell’Ospedale psichiatrico giudiziario “Madia” è approdato di recente anche in consiglio comunale, in seguito a un ordine del giorno presentato dal consigliere Nino Munafò e scaturito dalla paventata trasformazione o chiusura della struttura. Il consiglio all’unanimità ha riconosciuto la necessità che le forze politiche, sindacali e istituzionali lavorino per definire un modello organizzativo condiviso da proporre a livello regionale e nazionale.

«Una decisione sulle sorti degli Opg non può prescindere dal confronto con le comunità locali – ha detto Munafò – che potrebbero assistere alla creazione di poli ospedalieri specializzati privi delle strutture di contenimento». Munafò ha espresso quindi la preoccupazione che la trasformazione dell’Opg da struttura penitenziaria in sanitaria possa avere una pesante ricaduta sociale e lavorativa e ne ha proposto il potenziamento con la creazione di un modulo per una Casa circondariale. Com’è evidente le posizioni in campo sono ben differenziate perché articolati sono gli interessi in gioco. Tuttavia, non va dimenticato che i soggetti da tutelare con priorità assoluta sono gli internati.

Chiara Miccoli

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