Una sentenza storica e dai risvolti complessi e gli esiti effettivi incerti. Perché in ogni caso il rischio è solo per Palazzo Zanca
Dopo 14 anni di causa si chiude con una sentenza che dà ragione a Messinambiente la controversia tra la la società oggi fallita e l’Ato Messina 3. Per il Tribunale civile di Messina (giudice Ivana Acacia) aveva ragione Messinambiente, allora guidata dall’avvocato Nino Dalmazio: Ato doveva, e deve quindi, a Messinambiente 24 milioni di euro. La somma nel tempo è variata: in corso di causa Ato ne ha pagati una parte, quindi si scende a circa 19 milioni di euro. Che tra interessi e Iva lievitano a 36 milioni.
Grana in vista per il Comune di Messina?
Una sentenza e una causa complessa, dal punto di vista giuridico. Ma ancora più complesso sarà stabilire quali sono in effetti i risvolti pratici di questo verdetto. Perché nel frattempo Messimabiente è fallita e Ato è in liquidazione, e si tratta in entrambi i casi di società partecipate in grande maggioranza dal Comune di Messina. Ma la compensazione di crediti è improbabile. Da un lato è Ato che deve pagare, che pur se in liquidazione è al 90% del Comune, ed è Palazzo Zanca che dovrebbe essere garante. Dall’altro c’è Messinambiente che, proprio perché fallita, è oggi rappresentata da una curatela, un soggetto terzo rispetto alla stessa società e al suo socio di maggioranza che è il Comune e che deve garantire il soddisfacimento dei creditori. Creditori che sono lo Stato, i fornitori e i lavoratori. Chi dovrà pagare effettivamente queste somme quindi, e come saranno iscritte al bilancio del Comune di Messina?
La sentenza
La sentenza accoglie in pieno le ragioni di Messinambiente. Il Tribunale condanna Ato al pagamento di 18.954.909 euro oltre IVa, di cui 920.743 euro per fatture emesse negli anni 2007, 2008 e 2009 ed 18.034.166 euro per le fatture relative agli anni 2008 e 2009. Ato dovrà pagare anche le spese legali sia in favore di Ato che del Comune, circa 108 mila euro ciascuno. Il Comune al momento è escluso da tutte le responsabilità e non è stata accettata la richiesta di Ato in garanzia, nei confronti di Palazzo Zanca. Messinambiente era rappresentata dall’avvocato Daniele Passaro, che è stato nella governance della società, Ato Messina 3 da Fabrizio Guerrera e Marcello Scurria, il Comune dall’avvocatura Comunale.
La genesi della causa è antica, ma è doveroso ripercorrerla, se pur per grandi linee. Quando la società d’Ambito ha sostituito il Comune di Messina nella gestione del ciclo di rifiuti, Messinambiente si ritrova a dover incassare da Ato le somme per il servizio, in base alla convenzione del 1999 siglata a suo tempo col Comune di Messina.
Ato però non ha mai pagato le fatture staccate da Messinambiente, contestandone la legittimità e la quantificazione, se non una parte per circa 3 milioni di euro, pagati in corso di causa. Palazzo Zanca negli anni ha provato diverse volte a sanare la contesa, senza riuscirci. E anche il lodo arbitrale, chiuso anche questo con una pronuncia favorevole a Messinambiente.
Il Comune fa causa a se stesso
A parte il dato che il Comune è riuscito a fare causa a se stesso (cosa tutt’altro che infrequente) essendo in ogni caso il socio di maggioranza di entrambe le società in causa, resta l’incognita su chi dovrà pagare queste somme, visto che dietro la porta, a bussare, in attesa non c’è il Comune in attesa di se stesso ma i creditori di Messinambiente; i lavoratori che devono essere pagati, lo Stato e l’Agenzia delle Entrate per Iva e Inps non pagate, i fornitori. Per il sindaco Federico Basile al momento il Comune è al sicuro. Certamente lo è la Giunta Basile, visto che la sentenza sarà definitiva tra anni. Ma l’orientamento interpretativo che vede Palazzo Zanca responsabile non è affatto fuori luogo.
L’apposizione delle somme a bilancio
Sullo sfondo resta una vicenda che ha travagliato la vita politica del Comune di Messina, che ha inciso sulla vita dei tanti lavoratori coinvolti. Poi la considerazione che, se Ato avesse pagato allora, così come oggi ha stabilito il giudice, probabilmente Messinambiente non sarebbe fallita. L’altra considerazione da approfondire riguarda invece i conti del Comune, il riconoscimento e l’apposizione di queste somme al bilancio del Comune, anche alla luce delle vicende processuali, civili e penali, che hanno riguardato proprio i conti di Palazzo Zanca

Una passerella di veti e incroci, c’è di tutto
in questa presente e futura sentenza, gli utenti chi li paga per i disservizi creati a suo tempo, ma che hanno regolarmente versato il dovuto a suo tempo debito? Che buffonate ………….