LEFT BY THE SHIP: le toccanti vicende di 4 Amerasiatici abbandonati al proprio destino

LEFT BY THE SHIP: le toccanti vicende di 4 Amerasiatici abbandonati al proprio destino

LEFT BY THE SHIP: le toccanti vicende di 4 Amerasiatici abbandonati al proprio destino

lunedì 08 Novembre 2010 - 21:51

Il film-documentario di Emma Rossi-Landi e Alberto Vendemmiati verrà proiettato al 51° Festival Dei Popoli Firenze (giovedi 18 Novembre 2010 al cinema Odeon, h19)

“Non voglio nulla da te, tranne che tu sappia che io esisto”

Per 50 anni la baia di Subic, a nord di Manila, è stata la sede di una gigantesca base navale USA. Insieme alla base aerea di Clark ad Angeles City, Subic aveva, tra gli altri scopi, quello di provvedere alla “ricreazione” dei soldati e dei marinai che venivano qui in licenza dopo periodi di combattimento. La città di Olongapo, sviluppatasi lungo i confini della base, non era che un piccolo villaggio di pescatori prima che arrivassero gli americani. Nel tempo la città è cresciuta adattandosi alle esigenze della base, dando vita ad uno dei quartieri a luce rossa più grandi dell’Asia. All’inizio degli anni ’90 circa 15000 ragazze lavoravano nei Bar di Olongapo, su una popolazione locale che non superava le 100.000 persone. Le ragazze fuggivano dalla povertà delle campagne, per inseguire il miraggio di facili guadagni e spesso il sogno di un matrimonio.

Data la natura stabile delle Basi infatti, molti militari si trovavano a vivere li o a tornarvi spesso, per diversi mesi. Così tra le giovani donne che lavoravano nei bar ed i soldati americani lontani da casa, si creavano spesso delle relazioni stabili. Le ragazze finivano per fare da moglie all’americano, una moglie però in affitto. Cucinavano, lavavano, pulivano per lui. Lo aspettavano, e al suo ritorno si occupavano di lui. Inevitabilmente nascevano dei figli.

Tra l’inizio degli anni cinquanta e il 1992, nelle sole zone di Angeles e Subic, sono nati più di 50000 bambini presto ribattezzati Amerasiatici (Amerasian) dalla scrittrice americana Pearl S. Buck. Molto raramente le storie tra ragazze dei bar ed i soldati avevano un lieto fine. Anche se alcune ragazze si sono sposate e si sono trasferite a vivere negli Stati Uniti con i loro figli, nella quasi totalità dei casi i soldati americani hanno negato la paternità dei figli al momento del ritorno in patria.

Così decine di migliaia di bambini sono cresciuti senza padre, un “esercito” di figli illegittimi, abbandonati, discriminati e lasciati alle sole cure delle madri indigenti e psicologicamente provate da anni di abusi.

Come in altri paesi asiatici, gli Amerasiatici filippini sono enormemente discriminati dalla società in cui vivono. Le loro origini sono palesi, le portano impresse nei loro tratti somatici. I figli dei soldati statunitensi di colore sono le vittime più esposte al razzismo e al pregiudizio. La vita degli Amerasiatici filippini è dolorosa sin dalla nascita. L’essere figli di prostitute e l’essere cresciuti senza padri (in un paese cattolico dove la famiglia è tutto) ne plasma il carattere. Le opportunità per loro sono poche, spesso crescono in povertà, senza possibilità di studiare, con grandi problemi familiari. Faticano a trovare lavoro per via del loro aspetto, che tradisce le loro origini. Se donne, molto spesso finiscono a prostituirsi a loro volta. La loro autostima è bassissima e cosi, spesso, gli Amerasiatici non hanno nessuna possibilità di inserimento sociale.

Malgrado lo stretto rapporto (che dura da più di un secolo) tra Stati Unti e Filippine, gli Amerasiatici Filippini sono gli unici (insieme ai giapponesi) a non essere stati riconosciuti dal governo Americano. Infatti nell’ottobre del 1982 il Senato degli Stati Uniti ha approvato la legge 97-359, concedendo il diritto alla cittadinanza USA ai figli di soldati americani nati in Vietnam, in Corea, in Tailandia o in Laos. Invece ai filippini, incomprensibilmente, non viene riconosciuto alcun di diritto di nascita, a meno che non vengano reclamati dai loro padri americani. Padri che li hanno abbandonati tanto tempo fa.

Nel 1992, dopo la caduta del regime dittatoriale di Ferdinand Marcos, il Senato Filippino ha votato contro il rinnovo della permanenza delle basi USA nell’arcipelago. La fine della guerra fredda, la decisione del Senato e l’eruzione del Vulcano Pinatubo (che ha sommerso le due basi maggiori di polvere lavica) ha spinto gli Americani a chiudere le basi e lasciare le Filippine, pur conservando una forte influenza economica e politica sul Paese. La Base Navale di Subic è stata infine convertita in un porto franco.

Ma gli Amerasiatici sono ancora qui. Diciotto anni dopo la chiusura delle basi, i più giovani di loro stanno diventando adulti, o lo sono da poco. Left by the Ship segue per due anni quattro ragazzi, Robert, Jr, Charlene e Margarita, nell’intento di esplorare gli effetti psicologici di una presenza militare e di una politica globale basata sulla sopraffazione dei più deboli, le donne e bambini. I difficili rapporti con le madri, la mancanza dei padri ed una quotidianità fatta di rifiuto e discriminazione sono al centro delle loro esistenze. Lottano per trovare un posto nel mondo, un’identità, un futuro, tentando di superare un passato del quale non sono in nessun modo responsabili.

NOTE DI REGIA

Left By The Ship è stato realizzato nel corso di 3 anni. Due anni di riprese, in cui abbiamo raccolto quasi 200 ore di materiale, più circa un anno di montaggio.

Nel 2007, grazie ad alcune connessioni personali con una ONG Filippina, siamo venuti a conoscenza della vicenda degli Amerasiatici e siamo rimasti subito colpiti dall’ingiustizia della loro condizione. Soprattutto ci ha colpito il fatto che queste persone siano il risultato vivente di politiche militari internazionali e di strategie globali. Gli Amerasiatici filippini sono la prova tangibile di un imperialismo, di una sopraffazione culturale, che arriva a riflettersi nelle relazioni interpersonali e familiari. Questa era per noi una riprova del fatto che nessuno è immune a ciò che succede a livello globale.

Quando ci siamo avvicinati agli Amerasiatici, ci aspettavamo un gruppo compatto e consapevole, ma non era così. Abbiamo incontrato ed intervistato più di 50 Amerasiatici ed abbiamo scoperto che spesso, essendo stati derisi e discriminati per tutta la vita, soffrono di una bassissima autostima. Portano sulle spalle il peso del passato delle madri e dell’assenza dei padri, si vergognano di quello che sono. Il senso di perdita è logorante. Le loro intere esistenze sono plasmate dal puro fatto di essere nati in conseguenza della presenza militare e dalla prostituzione qui indotta. Problemi psicologici, abuso di sostanze, rabbia e smarrimento sono fattori comuni. La coazione a ripetere gli errori dei genitori è molto frequente. Abbiamo presto capito che questo non poteva essere un film solo politico, almeno non nel senso stretto del termine.

L’esperienza più importante nel realizzare questo film, è stata per noi quella di aver guadagnato la fiducia dei nostri amici Ameraisatici, e l’aver stretto con loro quel patto sempre necessario tra documentarista e soggetto filmato. Grazie al tempo trascorso insieme e all’aiuto impagabile della nostra troupe filippina, abbiamo intrapreso un percorso comune che, speriamo, sia stato di crescita e di presa di coscienza per tutti i coinvolti. Noi compresi.

Ci siamo sforzati di diventare invisibili durante le riprese e lasciare spazio ai nostri protagonisti perché decidessero loro cosa mostrarci e come raccontarsi. Così abbiamo fatto un film che, crediamo, non parla solo di discriminazione e imperialismo, ma soprattutto della ricerca d’accettazione e di appartenenza, così comuni a tutti gli esseri umani.

Vorremmo che un documentario fosse sempre un pezzo di vita in forma di cinema. Vita di chi lo fa, fusa insieme a quella che racconta. Perché quando la fusione riesce, accoglie e pervade anche la vita di chi lo vede. Concentrandoci sul piano emotivo, speriamo che ogni spettatore possa sentire più vicina a se la causa degli Amerasiatici.

BIOFILMOGRAFIA DEI REGISTI

Emma Rossi-Landi è cittadina italo/americana. E’ nata a Roma nel 1971, si è diplomata alla London Film School nel 1998, ha realizzato diversi corti di finzione e lavorato come montatrice. Il suo primo film documentario “Il viaggio di Giuseppe” è del 2001 (trasmesso da la7). Nel 2004 ha realizzato Quaranta Giorni (trasmesso da RAI3) miglior documentario italiano al festival dei Popoli 2004 e in concorso ad Edinburgo, Colonia e Barcellona, tra gli altri. Nel 2004 ha partecipato ad EsoDoc, master Media sulla collaborazione tra documentario e Organizzazioni Non Governative. Del 2005 è “La stoffa di Veronica”, primo premio al Festival di Bellaria 2005, in onda su la7. Nel 2006 ha realizzato il documentario cortometraggio “Looking for Eden” premio del pubblico al Romadocfest. Nel 2007 ha partecipato alla Alba Suite di Salvo Cuccia con il documentario “La canzone di Vaccarizzo”.

Alberto Vendemmiati è laureato al Dams di Bologna e diplomato in regia al Centro Sperimentale di Cinematografia. Ha realizzato in co-regia un lungometraggio di finzione, “Cadabra”, ed è passato al cinema documentario realizzando alcuni corti sui reparti psichiatrici di Trieste. Dal 2000 co-dirige con Fabrizio Lazzaretti due documentari su Gino Strada e l’ospedale di Emergency in Afghanistan. “Jung- Guerra nella terra dei Mujaheddin”, proiettato al festival di Venezia, è stato distribuito internazionalmente ed ha vinto festival prestigiosi come l’ IDFA di Amsterdam, il festival di Vancouver, o Human Rights Watch International . “Afghanistan effetti collaterali” del 2002 è stato trasmesso su BBC, PBS, RAI e altre. Dopo 5 anni di riprese completa nel 2005 “La persona de Leo N”. Trasmesso da Rai3 ed in concorso all’IDFA, Silverdocs, Sheffield, Telaviv ed altri.

Left By the Ship è interamente realizzato da Emma Rossi Landi e Alberto Vendemmiati che ne hanno curato produzione, riprese, regia e montaggio.

Una co-produzione VisitorQ, Raicinema e ITVS International

in associazione con YLE Jenny Westergärd.

Durata: 81.12 – Lingua: Tagalog e Inglese con sottotitoli Italiani

Formato: HD – Anno di produzione: 2010

Paese di produzione: Italia, USA, Finlandia – Paese di ripresa: Filippine

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