Colapesce salva ancora la sua Messina. Filippo Luna omaggia Buttitta 

Colapesce salva ancora la sua Messina. Filippo Luna omaggia Buttitta 

Emanuela Giorgianni

Colapesce salva ancora la sua Messina. Filippo Luna omaggia Buttitta 

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mercoledì 31 Agosto 2022 - 08:00

Al Cortile Teatro Festival, Filippo Luna rilegge il testo del grande poeta Ignazio Buttitta ed emoziona con una storia senza tempo

MESSINA- Un eroe senza tempo. Il cui sacrificio, oggi, probabilmente, risuona più che mai. Quella di Colapesce è la leggenda messinese forse più amata sin da bambini, fa parte della nostra storia, del nostro DNA; ma mai prima si era svelata così. Colapesce torna a casa, nella sua Messina.

Filippo Luna rilegge il testo di Ignazio Buttitta, in “Colapesce-dedicato a Buttitta”, in scena presso la Tenuta Rasocolmo per il Cortile Teatro Festival di Roberto Bonaventura (del quale Luna era stato già ospite lo scorso mese con “Le mille bolle blu”).

Colapesce tra Buttitta e Luna

Buttitta diventa un personaggio della storia, è Filippo Luna stesso ad interpretarlo, guidandoci nella narrazione sin dall’inizio, e congedandoci al suo termine.

La prima messa in scena del Colapesce di Buttitta, testo teatrale in due tempi in dialetto siciliano, fu il 6 marzo 1986, al Teatro Comunale in Fiera, realizzata dalla Compagnia delle Arti di Messina.

Filippo Luna si appassiona a Buttitta con lo spettacolo “Pomice di fuoco”, diretto da Vincenzo Pirrotta; da allora inizia il suo studio sul famoso poeta, che porta alla luce “Colapesce- dedicato a Buttitta”, di cui cura l’adattamento e la regia. Insieme a lui (che interpreta, oltre al poeta stesso, anche il padre di Colapesce e il Re di Sicilia) vi è un cast d’eccezione: Manuela Ventura (nel ruolo di Colapesce), Alessandra Fazzino (nel ruolo della mamma di Cola, donna Sofia), Rita Abela (nel ruolo di Ninfa, l’amata di Cola) e Virginia Maiorana (alla fisarmonica e alle percussioni).

La storia di Cola di Messina è nota: figlio di una lavandaia e di un pescatore, tutti lo chiamano Colapesce perché è bravissimo a nuotare e trascorre in mare le sue giornate. La sua fama arriva fino al Re di Sicilia, l’Imperatore Federico di Svevia che, invidioso, gli lancia della sfide. Durante l’ultima sfida, Colapesce si rende conto che una delle tre colonne che regge la Sicilia (proprio quella di Capo Peloro) è segnata dal tempo e sta per sgretolarsi. Decide di abbandonare tutto, la sua vita, la madre, perfino la donna amata che aspetta in grembo suo figlio, per sorreggerla e salvare la Sicilia.

La regia

Il Colapesce di Buttitta è un uomo che conosce l’amore, la sofferenza e il sacrificio. Luna ha scelto questo come valore portante da rispettare e filo conduttore della sua narrazione, con una regia che lascia intatta la parola del famoso poeta dialettale di Bagheria, i suoi canti, le sue scene e l’avanzare per quadri. L’adattamento, impeccabile, rinuncia soltanto alle parti corali affidate alla moltitudine di figure presenti nel testo originale, per approfondire, invece, le relazioni tra i personaggi, il rapporto tra Cola e la madre, l’esercizio del potere da parte del Re, lo straziante addio tra Cola e la sua Ninfa.

Musica e danza

Ad aggiungere forza alla parola, indiscussa protagonista, e rigorosamente dialettale, sono la musica e la danza, unite in un unico linguaggio, vera e propria “scrittura fisica”, come l’ha definita Alessandra Fazzino – la madre di Cola – che se ne è occupata, attraverso un intenso lavoro corporeo insieme a tutto il cast.

E il risultato è un pugno di emozioni che arriva diretto allo stomaco dello spettatore sin dalle prime scene. Cola e la mamma dialogano in un linguaggio corporeo che ricorda le danze tribali, popolari, ma anche i segnali ancestrali, la magia. Il lavare i panni della madre, infatti, appare come un rito magico, ma rievoca anche le onde del mare in cui Cola ama tuffarsi, è un’insieme di immagini e movimenti visivamente chiari e comunicativi pur nel loro essere così allegorici.

A suggellare ogni cosa e amplificare le emozioni sono le musiche composte ed eseguite dal vivo alla fisarmonica e alle percussioni da Virginia Maiorana.

Lo spettacolo si svela e rivela in una partitura non soltanto strumentale ma anche vocale. Un altro bellissimo esempio è il canto di dolore per la distanza e la perdita, intonato da Rita Abela nei panni di Ninfa.

Emozioni

“Colapesce” è un climax ascendente di emozioni, è uno spettacolo forte, nel modo in cui arriva al pubblico, nella storia che racconta, nell’interpretazione dei suoi attori. Intensi, profondi, hanno una luce negli occhi che parla, canalizzano tutte le attenzioni, nella loro mimica e nelle loro espressioni, capaci di passare immediatamente dalla gioia, al dolore, al disprezzo, alla disperazione (un esempio è donna Sofia, la madre di Colapesce, durante l’incontro del figlio con il Re: lei non parla, ma osserva tutto, orgogliosa e fiera dal figlio e al tempo stesso timorosa e angosciata per il destino che lo aspetta).

Il pubblico è totalmente conquistato, tifa per Colapesce, capisce il suo dolore straziante, e sente quasi di averlo lì seduto accanto, ancora bagnato dalle onde del mare e cullato dal vento.

Buttitta, sul palco, racconta la sua storia guardando tutti i presenti negli occhi, a uno a uno, perché “parlo ad uno di voi e mi sembra di parlare al mondo”. Ognuno si sente protagonista, parte del racconto, dai grandi ai piccini. Mentre interpreta il Re, Luna passa in mezzo alla platea, si rivolge a un bambino e siede accanto ad un altro, ma entrambi si allontanano infastiditi; lui è il cattivo, il nemico di Cola, per cui, invece, esultano e restano a bocca aperta. Cola è diventato il loro supereroe.

Un eroe senza tempo

E Cola è davvero un supereroe, per tutti e per ogni tempo, soprattutto il nostro. Manuela Ventura gli dona spessore e umanità, rendendo possibile l’incontro-scontro tra due mondi diversi: quello chiuso e possessivo dei potenti e quello libero e infinito del mare. Perché “‘a terra po’ finiri, ‘u mari mai“.

Cola è coraggioso, è un uomo che lotta per la libertà contro le imposizioni dei potenti, “ama chi lavora, disprezza i potenti e chi comanda; lotta per una Sicilia padrona del suo destino”. Ha ben chiara la sua identità: pur essendo estremamente legato alla sua terra (rappresentata da Ninfa in dolce attesa, l’amore della quale “è più grande del mare”), lui appartiene al mare, ha il dovere di difenderlo, anche abbandonando un paradiso per l’inferno. Cola sente il senso di appartenenza alla sua natura così come la responsabilità verso la sua comunità, verso l’umanità intera.

È un esempio straordinario di responsabilità civica e di amore incondizionato per un luogo e le sue genti. Perché “È ‘u munnu ‘a Sicilia“.

Possiamo essere tutti Colapesce

Ma noi siamo capaci di fare lo stesso?

Cola ci insegna, solo con il suo esempio e senza alcuna pretesa moralistica, a riscoprire nel nostro mare il senso più profondo di mare nostrum, non più nell’accezione che gli è sempre stata attribuita di nostro possesso, nostra appropriazione, bensì di nostra casa, di nostro orizzonte di appartenenza.

Ma non ci insegna solo questo. Ci mostra, poi, il valore della responsabilità del singolo, contro le imposizioni dei potenti.

La sua riflessione diventa quella del nostro tempo incerto, in cui “ogni 1000 siciliani c’è un mafioso”. Vuole essere un monito, un campanello d’allarme a fare lo stesso, a contribuire, ciascuno con la propria parte, a salvare la nostra terra, sotto ogni punto di vista. È un ode a chi l’ha già fatto, a tutti i Colapesce della storia, che l’hanno morsa questa Sicilia, una volta terra di eroi. E un invito a chi potrebbe farlo adesso: possiamo essere anche noi Colapesce?

Lo spettacolo è riuscito ad esserlo davvero, ha regalato emozioni, la cui forza può cambiare le cose. I suoi interpreti si sono fatti Colapesce reali, dall’inizio sino ai saluti finali, in cui ringraziano il pubblico (interamente in piedi ad applaudire) omaggiando ancora, per un ultima volta, un altro grande Colapesce della Storia: Ignazio Buttitta, di cui indossano tutti l’iconico copricapo.

𝗖𝗢𝗟𝗔𝗣𝗘𝗦𝗖𝗘 𝗱𝗲𝗱𝗶𝗰𝗮𝘁𝗼 𝗮 𝗕𝘂𝘁𝘁𝗶𝘁𝘁𝗮

Liberamente ispirato dal “Colapesce” di Ignazio Buttita

adattamento e regia Filippo Luna

Con Manuela Ventura Alessandra Fazzino Rita Abela Virginia Maiorana Filippo Luna

Scene e costumi Dora Argento

Musiche Virginia Maiorana

Suono e luci Vittorio Di Matteo

Movimenti coreografici

Alessandra Fazzino

Ufficio stampa e comunicazione Marta Cutugno Art

Prodotto da Maurizio Puglisi Nutrimenti Terrestri Compagnia Teatrale

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Un commento

  1. Perchè non si propongono delle repliche???????

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    0

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