La rubrica settimanale
La Cedu condanna l’Italia per le sospensioni degli sfratti
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per la violazione dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dell’art. 1 del Protocollo n. 1, a seguito di un ricorso presentato da un cittadino italiano. La vicenda ha riguardato l’impossibilità per l’acquirente di un appartamento di entrarne in possesso a causa del rifiuto del conduttore di liberarlo e della sospensione legislativa delle procedure di sfratto. Nel luglio 2004, il ricorrente, insieme ad alcuni familiari, ha acquistato un immobile beneficiando delle agevolazioni fiscali per la “prima casa”. Tuttavia, l’immobile era ancora occupato da un ex conduttore, il quale, nonostante una sentenza di sfratto emessa dal Tribunale di Napoli, ha continuato a occuparlo fino al 2014. La procedura di sfratto è stata ostacolata dalla sospensione delle esecuzioni stabilita dalla legge n. 9/2007 e dalle successive proroghe legislative, che hanno reso impossibile il recupero dell’immobile. Nel frattempo, l’amministrazione finanziaria ha revocato le agevolazioni fiscali concesse per l’acquisto della “prima casa” e ha irrogato una sanzione di circa 17.000 euro, a causa del mancato trasferimento della residenza entro i termini previsti dalla legge. Il ricorrente ha tentato di impugnare il provvedimento, ma la Corte di Cassazione ha definitivamente respinto il ricorso nel 2013. La Cedu ha ritenuto che l’Italia abbia violato i diritti del ricorrente, sottolineando come il meccanismo previsto dalla legge n. 9/2007 abbia trasferito l’onere di provare l’insussistenza dei requisiti per la sospensione dello sfratto interamente sul proprietario, rendendolo di fatto responsabile di una misura di protezione sociale. Inoltre, la Corte ha riconosciuto che la revoca dei benefici fiscali e la sanzione amministrativa non fossero proporzionate, considerando che il ricorrente aveva dimostrato un alto grado di diligenza nel tentare di ottenere la disponibilità dell’immobile. Questa decisione rappresenta un’importante conferma delle criticità insite nel sistema normativo italiano in materia di esecuzioni degli sfratti e protezione della proprietà privata. La Cedu ha ribadito che le autorità nazionali devono garantire un equilibrio tra le esigenze di protezione sociale e il diritto di proprietà, senza imporre oneri eccessivi sui singoli cittadini. La sentenza potrebbe aprire la strada a nuove contestazioni nei confronti della normativa italiana e a richieste di risarcimento da parte di altri proprietari che si sono trovati in situazioni analoghe. Link alla pronuncia: https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_20_1.page?contentId=SDU1447580
Sentenza del Consiglio di Stato su locazioni turistiche e interferenze della P.A.
Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2928 del 7.4.2025, è intervenuto su un tema di estrema attualità: il potere della pubblica amministrazione di interferire sulle locazioni turistiche. Nella circostanza, i giudici hanno espresso un principio di particolare interesse che merita di essere segnalato: “Nel quadro normativo attuale, l’attività di locazione di immobili, anche a finalità turistica, che sia esercitata in forma non imprenditoriale, essendo un atto dispositivo dell’immobile, riconducibile al diritto del proprietario ed alla libertà contrattuale, non ricade nell’ambito dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990 e non è soggetto a poteri prescrittivi ed inibitori della pubblica amministrazione, salvo previsioni specifiche, collegate a particolari categorie di immobili (…). Gli immobili, laddove destinati alle locazioni per finalità turistiche, devono, comunque, possedere i requisiti edilizi ed igienico-sanitari previsti dalla normativa primaria e secondaria (e, quindi, statale, ma anche regionale o comunale) per i locali di civile abitazione, (…) ma l’eventuale carenza di tali requisiti, mentre può ripercuotersi sulla validità o sull’adempimento del contratto di locazione eventualmente stipulato, non legittima l’inibizione, da parte dell’Amministrazione, della stipula del contratto, ma solo l’esercizio dei poteri previsti dalla normativa vigente relativamente alla conformazione dell’immobile”. Il testo della pronuncia è stato inviato dalla Confedilizia centrale a tutti i suoi legali per valutare eventuali applicazioni in sede locale.
È legittimo l’uso dei muri perimetrali del condominio anche per fini esclusivamente personali?
Senza bisogno del consenso degli altri partecipanti, ciascun condomino può servirsi dei muri perimetrali comuni dell’edificio e appoggiarvi tubi, fili, condutture, targhe, tende e altri manufatti analoghi, a condizione che ciò avvenga nei limiti indicati dall’art. 1102 c.c., ovvero che non ne sia alterata la destinazione e che venga consentito l’uso paritetico agli altri condòmini, anche nel caso in cui tale utilizzo tra tutti i soggetti non possa essere identico.(da Confedilizia Notizie)
