Convince “L’avaro”, Alessandro Benvenuti sugli scudi

Convince “L’avaro”, Alessandro Benvenuti sugli scudi

Pierluigi Siclari

Convince “L’avaro”, Alessandro Benvenuti sugli scudi

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sabato 02 Marzo 2019 - 07:44

Ha riscosso lunghi applausi da parte degli spettatori del Teatro Vittorio Emanuele il debutto de L’avaro, opera di Molière adattata e diretta da Ugo Chiti. Gran merito della riuscita dello spettacolo va attribuito a Alessandro Benvenuti, interprete di Arpagone, il vecchio avaro la cui maschera nasce già nel teatro di Plauto.

Benvenuti, classe ’50 da Pontassieve, una decina di chilometri da Firenze, è attivo sulla scena artistica italiana dai primi anni ’70 con la formazione dei “Giancattivi”, di cui è stato fondatore insieme a Paolo Nativi e Athina Cenci. Non solo attore, i film di cui ha firmato regia e sceneggiatura (tra gli altri, A ovest di Paperino, Benvenuti a casa Gori e I miei più cari amici) sono caratterizzati da sorprese surreali, spiazzanti, e soprattutto suggeritrici di riflessioni sulle debolezze umane.

Se non si può affermare che L’avaro regali sorprese in grado di lasciare senza fiato, essendo la trama molto nota e facilmente intuibile anche per chi non la conosce per le classiche dinamiche dell’intreccio degli equivoci, l’opera tratta ampiamente delle debolezze umane, argomento su cui Alessandro Benvenuti si muove, appunto, con assoluta padronanza.

Il miscuglio di affari di cuore e di denari inizia con il vecchio Arpagone intento a meditare sulla difficoltà di organizzare matrimoni convenienti per i suoi figli, Elisa e Cleante, i quali, a sua insaputa, sono già innamorati, ma entrambi di partiti privi di dote. Quando poi Arpagone decide di sposare la giovaneMarianna, si interroga ancora sulle sfaccettature economiche dell’unione, ma non immagina che la ragazza sia l’innamorata di suo figlio Cleante. A svolgere un ruolo importante nella storia anche i servi Valerio, Mastro Giacomo e Freccia, e la faccendiera Frosina.

Arpagone domina la scena quando è sul palco, e il suo peso si sente anche quando è assente. “È un padre padrone che antepone il giudizio alla passione, e da tutto vuole trarre vantaggio” dicono di lui i figli. A Marianna basta vederlo per qualche secondo per definirlo sgradevole.

Il vecchio avaro, se ha un pregio, è quello della sincerità, e non propone le sue teorie camuffandole in mezzo a concetti politicamente corretti, ma anzi le sostiene con fierezza: “Ho il mondo dalla mia parte” esclama per chiudere la disputa che lo vede opporre le ragioni del calcolo a quelle del cuore seguite, e rivendicate, dai suoi figli.

“È sempre bene aizzare due servi l’uno contro l’altro per evitare che si alleino per scannarti” spiega ancora l’avaro al pubblico, e come queste parole hanno colpito il pubblico del XVII secolo, non possono non far riflettere anche quello di oggi su diversi temi di attualità, non ultima la politica.

Nonostante la cupidigia e la grettezza, il pubblico non riesce a detestare davvero l’avaro, un po’ perché il tono della commedia dispensa sorrisi, e un po’ perché in fondo, anche se non lo ammetteremmo mai ad alta voce, tutti potremmo ritrovarci, in parte, nel personaggio di Arpagone. Anche se non è detto che c’entrino i soldi, tutti abbiamo fissazioni e fisime, a abbiamo avuto la paura ossessiva di perdere qualcosa a cui tenevamo, arrivando col compiere gesti irrazionali, e forse è stato solo per fortuna se non siamo finiti come Arpagone, con il possesso dell’oggetto del nostro desiderio, ma proprio per questo perduti, schiacciati dal suo peso, e incapaci di muoverci per andare avanti.

L’avaro verrà rappresentato al Teatro Vittorio Emanuele di nuovo oggi, sabato 2 marzo alle 21, e domenica 3 marzo alle 17:30.

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