«Cinismo del profitto», armatori e Governo disattendono gli accordi per la sicurezza

«Cinismo del profitto», armatori e Governo disattendono gli accordi per la sicurezza

«Cinismo del profitto», armatori e Governo disattendono gli accordi per la sicurezza

martedì 08 Luglio 2008 - 09:35

All'indomani dell'incidente sullo Stretto, i sindacati rinnovano le accuse a imprenditoria e politica

Ci mancavano anche le elezioni. Il tavolo nazionale istituito in seguito alla tragedia del Segesta (nella foto) – 15 gennaio 2007 – è naufragato nelle more degli avvicendamenti di tutti i livelli di governo. Lo denunciano oggi le sigle sindacali di categoria in una lunga nota congiunta, inviata a ognuna delle figure coinvolte nella vertenza Stretto, dal ministro alle Infrastrutture Altero Mattioli al comandante della Capitaneria di Porto Antonio Samiani, passando per Regione, Comune e prefetto.

I segretari di Filt Cgil Domenico Piccione, Fit Cisl Michele Barresi, OrSA Mariano Massaro, Fast Salvatore Giannetto, Sasmant Sebastiano Pino, Sap Luigi Bongiorno, accusano innanzitutto RFI di fare «melina» approfittando della vacatio istituzionale, per non «rispettare gli accordi raggiunti in seno alla delicata Vertenza nata per regolamentare il servizio di traghettamento nello stretto di Messina». Ma non è tutto, anzi è solo l’inizio.

Le organizzazioni, infatti, ricordano che il tavolo nazionale per la sicurezza della navigazione nello Stretto, condotto nella fase tecnica dal dottor Silvio Di Virgilio, nato sotto i migliori auspici, si è presto trasformato «in uno strumento a disposizione degli armatori per confermare la linea dei tagli al costo del lavoro».

Infatti la linea dell’allora ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi fu di «assecondare le richieste del gruppo -Caronte&Tourist-, che con RFI condivideva l’obiettivo di livellare al ribasso la consistenza degli equipaggi in forza alla flotta pubblica ed a quella privata». Insomma «le 4 morti bianche del Segesta, purtroppo, non riuscirono a scalfire il cinismo del profitto a tutti i costi».

Per compensare la diminuzione delle tabelle d’armamento, però, ricordano sempre i sindacati, «il ministro Bianchi ordinava la stabilizzazione di 75 lavoratori precari, 20 in -Caronte&Tourist- e 55 in RFI» e, inoltre, grazie anche all’intervento del prefetto Francesco Alecci e a seguito della forte protesta dei lavoratori esplicata con tre mesi di occupazione degli uffici amministrativi di RFI, fu raggiunto un secondo accordo, «che prevedeva l’istituzione di un -turno particolare-, per agevolare la stabilizzazione part-time e la professionalizzazione di tutto il personale precario necessario per la sicurezza e per l’esercizio di traghettamento svolto da Rete Ferroviaria Italiana, mentre la Capitaneria di Porto si sarebbe occupata della realizzazione del -tracciato- rotatorio necessario per regolamentare il traffico nello Stretto e il Ministero si sarebbe impegnato a garantire il monitoraggio tecnologico sull’intera area per 24 ore al giorno (VTS)».

Fin qui la storia. Lo stato delle cose, invece è che «l’avvicendamento dei governi ha imposto un brusco arresto alla vertenza, con il risultato che la riduzione della forza lavoro è stata attuata in tempi da record mentre della rotatoria non si sente più parlare, la tecnologia a tutela della sicurezza nel migliore dei casi è rimasta quella di prima e la stabilizzazione a tempo indeterminato di 55 unità in RFI (prevista per lo scorso 31 marzo), non solo è ancora in alto mare ma disattende gli accordi ministeriali a causa di una contestatissima selezione che invece di stabilizzare i lavoratori precari tende ad assumere personale ex novo che non può vantare alcuna esperienza sulle unità della flotta pubblica».

L’analisi della strategia commerciale di Rfi non lascia dubbi: l’azienda sta abbandonando lo Stretto. «Tutte le Divisioni di Trenitalia hanno di fatto ridotto l’offerta commerciale viaggiatori e merci in tutta la Sicilia – ricordano ancora i sindacati – (ricordiamo i 12 treni viaggiatori a lunga percorrenza soppressi con l’orario Trenitalia del giugno 2007).»

Ed arriviamo all’incidente della settimana scorsa: «Intanto la nave Reggio (ex Razzoli), una delle due tristemente note unità acquistate da Rfi contro il parere delle commissioni tecniche istituite all’uopo, il 5 luglio ha fatto registrare l’ennesima tragedia sfiorata nello Stretto».

Riprendere la trattativa è prioritario, dunque, concludono i sindacati. Per riportare il Gruppo FS al proprio ruolo di vettore pubblico di trasporto ferroviario e marittimo; valutare se l’attuale composizione ridotta delle tabelle d’armamento in navi ampiamente datate garantisce la massima sicurezza della navigazione nello Stretto, costringere Rfi a rispettare gli accordi sottoscritti in sede ministeriale riguardo ai livelli di sicurezza, alla stabilizzazione di 55 marittimi precari e all’istituzione del -turno particolare-.

Foto: Dino Sturiale

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