La Patruni e Sutta e tutte le altre birre dell’azienda non rappresentano solo prodotti, ma l’orgoglio di bere messinese. I Faranda, i lavoratori, i sindacati, i consumatori: per superare il momento difficile serve un aiuto corale

L’allarme lanciato dalla Flai Cgil nel tardo pomeriggio di ieri ha scosso i veri amanti della birra MESSINESE. Scriviamo veri in grassetto e messinese in maiuscolo non a caso. Perché al di là delle dinamiche di mercato, della qualità e della convenienza dei prodotti, ci piace ancora sentirci orgogliosi della nostra bionda, unica, antica, vera. Neppure il nome rimasto in mano alla Heineken ha potuto scalfire quel sentimento, quel legame sincero e leale con il territorio che da sempre unisce la città a quella birra. Nelle tavole, nei falò, nelle piazze, nei bar.

Questa riflessione, vista dalla prospettiva del lettore, potrà quasi essere interpretata come un redazionale. Precisiamo subito che non lo è. Il solo rischio di potere nuovamente essere in procinto di perdere quel sapore di freschezza e orgoglio messinese giù per la gola, dovrebbe far sussultare chiunque tenga alla genuinità dei prodotti, alla passione per le produzioni locali, alla fierezza dei propri “colori” enogastronomici. Noi non “tifiamo” per i Faranda, noi abbiamo goduto per anni della birra Messina, da qualche mese gioiamo per la Birra del Sole, Patruni e Sutta e il resto del catalogo commerciale locale. Messinese.

Siamo orgogliosi che nel resto della Sicilia e recentemente anche al di fuori dei confini isolani venga bevuta la nostra birra, non prodotta a Massafra. Identità. Un valore che spesso viene trasmesso da padre in figlio, da cittadino a concittadino, ma che da queste parti sembra ogni giorno di più smarrirsi tra la “globalizzazione” della personalità e del senso di appartenenza.

La società Triscele Srl è in crisi. Inutile nasconderlo. Lo ha fatto capire chiaramente la Cgil (vedi correlato in basso), annunciando lo stato di agitazione, richiedendo all’Ufficio provinciale del lavoro la convocazione di un incontro e comunicando tali decisioni al Prefetto. L’Amministrare unico Francesco Faranda, nella tarda serata di ieri, ha corretto il tiro sull’effettiva condizione attuale dell’attività aziendale (altro correlato): per il momento niente cessazione della produzione, né messa in mobilità del personale in forza. Le difficoltà ci sono, confermate anche dal ricorso al contratto di solidarietà, ma per superarle serve l’apporto di tutti.

Chiudere oggi sarebbe una scelta scellerata. Equivarrebbe a tornare indietro al 2007, mettere di nuovo a rischio il futuro di 42 lavoratori e di altrettante famiglie, tarpare le ali a marchi che stanno pian piano trovando spazio e risultati. Sarebbe un paradosso serrare i cancelli di via Bonino a distanza di qualche mese dal lancio dell’ultimo prodotto, “Birra Trinacria”, che porta il nome della prima birra nata a Messina l’11 ottobre del 1923 e che poi si trasformò in “Birra Messina”.

In questo momento non vogliamo neppure pensare che dietro gli scenari cupi possano celarsi interessi altri. Siamo ancora troppo bruciati dall’esito finale della vertenza Molini Gazzi per immaginare un epilogo fotocopia. Stringiamo i denti. Un FORZA grande alla famiglia Faranda, un immenso in bocca al lupo ai lavoratori, l’augurio per i sindacati affinché possano dare il consueto, importante, contributo alla risoluzione dei problemi. Lo scontro interno, contro uno o l’altro protagonista, non porta a niente. Bisogna remare tutti nella stessa direzione, sedersi intorno ad un tavolo, stilare un nuovo piano, meglio se condiviso. Programmare bene le scelte e sperare che il periodo buio passi in fretta. La palla sarà sempre in mano al consumatore. Anche messinese, che potrà comprare con la testa oltre che con il portafoglio.

Emanuele Rigano