Giambra: «I tre ferimenti non hanno alcun legame. Sono fatti isolati»

Giambra: «I tre ferimenti non hanno alcun legame. Sono fatti isolati»

Giambra: «I tre ferimenti non hanno alcun legame. Sono fatti isolati»

mercoledì 02 Luglio 2008 - 12:45

Il dirigente della Squadra Mobile respinge ogni allarmismo e invita i cittadini alla collaborazione

Negli uffici della Squadra Mobile di Messina si lavora a ritmo serrato. Tre ferimenti nel giro di 24 ore hanno fatto salire la tensione ma il gruppo di investigatori, diretto dal dirigente Marco Giambra, non conosce sosta. Interrogatori, perquisizioni, indagini a 360 gradi per far luce sui tre fatti di sangue che hanno allarmato la città. Cosa sta succedendo a Messina? Perché si è ripreso a sparare dopo un lungo periodo in cui le armi hanno taciuto? Interrogativi legittimi ma in Questura regnano calma e fiducia nel lavoro degli investigatori. Il dirigente della Mobile Marco Giambra è il primo a gettare acqua sul fuoco.

-Dottor Giambra, tre ferimenti in 24 ore però non è un fatto normale.

«Certo che non è normale ma non parlate di emergenza criminalità. Rischieremmo soltanto di creare allarme nella popolazione e provocare un panico assolutamente ingiustificato. Capisco che quando si ricorre alle armi fa sempre un certo effetto ma non siamo alla guerra fra bande con botta e risposta. Lì ci sarebbe da preoccuparsi».

-Lei conferma, dunque, che i tre fatti di sangue sono sganciati fra di loro.

«Guardi, le indagini sono ancora in corso e non posso sbilanciarmi però mi sento di dire che i tre episodi non hanno alcun punto di contatto fra loro. Quello che ci preoccupa di più è il tentato omicidio di Giuseppe Cosenza perché secondo me è maturato all’interno della criminalità organizzata. Ci potrebbero essere sotto vicende di un certo spessore. I ferimenti di Pillotta e Basile, invece, li inquadriamo come avvertimenti. Purtroppo in certi ambienti risolvere anche piccole diatribe a colpi di pistola sta diventando la norma. Poi magari sono loro stessi che vanno in giro a vantarsi di aver sparato perché questi gesti accrescono il loro spessore criminale ed il prestigio all’interno del gruppo. Una volta si bruciavano le macchine, per dare un segnale forte, oggi si arriva a gambizzare».

-Per la verità anche macchine ne bruciano parecchie.

«Era un modo di dire però ha ragione lei. Ogni giorno ci arrivano diverse segnalazioni di auto incendiate. Questo malcostume non si è per niente attenuato anche se ormai l’auto in fiamme non fa più notizia e non finisce sui giornali. Diciamo che è il gesto ritorsivo che si compie in ambienti leggermente superiori rispetto a quelli della criminalità. E’ l’atto che compie il vicino di casa o il conoscente che vuole vendicarsi di qualcosa».

-Tornando ai tre ferimenti degli ultimi due giorni è possibile sperare in una soluzione rapida delle indagini?

«E’ una domanda alla quale non sono in grado di rispondere. Stiamo lavorando incessantemente, abbiano numerose attività d’indagine ed alcune piste da seguire. Purtroppo le indagini non sono mai facili ed aggravate da un’omertà assoluta che rende tutto più complicato».

-Neanche questa volta avete avuto alcuna collaborazione da parte delle vittime?

«Assolutamente no, nè da parte delle vittime né da parte dei potenziali testimoni oculari, cioè di persone che si trovavano sul luogo del delitto. Quando sentiamo qualcuno di loro già conosciamo le risposte: non hanno visto nessuno, non hanno sentito, erano girati dall’altro lato, erano distratti. Perfino i feriti dicono di aver solo sentito un forte bruciore e di aver visto il sangue. Dei killer ovviamente nessuna traccia. E questo accade non solo negli ambienti della criminalità ma anche quando di mezzo ci sono le cosiddette persone per bene. Nessuno parla, purtroppo, nemmeno in forma anonima. Invece collaborare con le forze dell’ordine la maggior parte delle volte significa fornire un contributo decisivo alla risoluzione dei casi. E’ questo ciò che i cittadini onesti devono capire se vogliono darci una mano».

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