Il misterioso caso del dottor Manca, l'urologo barcellonese morto dopo aver curato Bernardo Provenzano

Il misterioso caso del dottor Manca, l’urologo barcellonese morto dopo aver curato Bernardo Provenzano

Il misterioso caso del dottor Manca, l’urologo barcellonese morto dopo aver curato Bernardo Provenzano

lunedì 30 Novembre 2009 - 19:03

Il medico fu trovato morto nella sua casa di Viterbo. A sua insaputa avrebbe operato a Marsiglia il padrino di Cosa Nostra all'epoca latitante

Molti si chiederanno: chi era Attilio Manca? Una domanda legittima visto che la sua storia è sempre rimasta ai margini della grande comunicazione. Un caso dimenticato che forse si sarebbe già tramutato in una carpetta polverosa con su scritto “Archiviato” se i familiari non avessero lottato strenuamente per scoprire la verità. Una verità scomoda che anni di inchieste, ricorsi, indagini non riescono a far emergere. Anzi, viene affossata sempre di più nonostante una serie impressionante di circostanze inconfutabili

Attilo Manca era un giovane medico, specializzato in urologia, in servizio all’ospedale di Viterbo. Una promessa della Medicina e, nonostante i suoi 34 anni, aveva già un curriculum di tutto rispetto con studi e stage all’estero dove si era segnalato come uno dei più promettenti urologi italiani.

L’11 febbraio del 2004 Attilio era atteso a cena a casa di un collega. Quella sera il medico non si presentò all’appuntamento e non avvertì. Si pensò ad un contrattempo e invece l’urologo fu trovato morto il giorno successivo nella sua casa di Viterbo. Nel braccio sinistro una siringa a dimostrare che si era iniettato dell’eroina ed era stato stroncato da una dose mortale. Su un tavolo i suoi strumenti da lavoro, aghi e fili che il medico però non portava mai a casa.

Scattano le indagini. La Procura di Viterbo apre un’inchiesta. Viene eseguita una frettolosa autopsia. Poi il corpo viene restituito ai familiari per i funerali senza che i genitori potessero mai vederlo. Il referto parla di morte per overdose. Ma i genitori non credono ad una virgola. Attilio non si drogava, anzi era decisamente un nemico dichiarato delle sostanze stupefacenti. Attilio era mancino ed eventualmente la siringa si sarebbe dovuta trovare nel braccio destro. Infine ultimo ma più importante dettaglio. Il cadavere di Attilio presentava ecchimosi e tumefazioni al volto come se avesse intrapreso una violenta colluttazione prima di soccombere. Ma per i medici legali incaricati dalla Procura il medico si sarebbe procurato le ferite al volto cadendo sul pavimento dopo aver perso i sensi a causa dell’overdose. Conclusioni sempre respinte dai genitori Gino ed Angela e dal fratello Gianluca. Poi si apre uno spiraglio.

Angela, una donna coraggiosa e combattiva, parlando con un collega di Attilio scopre qualcosa. Il 10 febbraio del 2004, alle 20, Attilio aveva inviato un sms ad un collega dicendo che sarebbe andato a Roma perché il giorno dopo avrebbe dovuto compiere un intervento molto delicato. Strano, perché il medico non si spostava mai senza avvertire la famiglia. Chi doveva operare e dove? E qui sta il mistero. Nessuno ha mai scoperto la ragione di quel viaggio. Del medico non si hanno più notizie fino alla scoperta del suo cadavere. Unica traccia una telefonata incomprensibile fatta alla madre alle 9,30 del 10 febbraio, il giorno della sua scomparsa: “Mamma, porta dal meccanico e fai riparare la motocicletta custodita nella casa al mare a Tonnarella”. Poi interrompe la comunicazione. La madre incredula fa come gli dice Attilio. Che senso ha riparare a febbraio una moto che il figlio usa solo in estate? Ma lei aderisce alla richiesta e scopre dal meccanico che la moto è in perfette condizioni e non necessita di alcun intervento. E allora che cosa aveva voluto dirle Attilio con quella telefonata? Era certo un messaggio che però subito non è stato decifrato ma con il tempo la signora Angela lo ha potuto decodificare.

In realtà che cosa era successo ad Attilio quel 10 febbraio di cinque anni fa? Mamma Angela e papà Gino non hanno dubbi. L’intervento chirurgico urgente era stato eseguito da Attilio a Marsiglia e non a Roma come aveva detto al collega. Un noto esponente della criminalità organizzata barcellonese, vicino a Cosa Nostra, aveva raggiunto Attilio Manca a Viterbo chiedendogli un favore. Bisognava operare d’urgenza una persona che si trovava ricoverata in una clinica privata di Marsiglia. Quell’uomo era il boss incontrastato di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano ma questo Attilio non lo seppe mai. Capì che c’era dietro qualcosa di strano ma lui era un medico e non doveva fare troppe domande. Doveva solo salvare la vita ad un uomo affetto da un tumore alla prostata. Manca era già considerato uno dei migliori urologi italiani. Operava i tumori alla prostata con una tecnica laparoscopica di recentissima generazione. Provenzano, che aveva trascorso un periodo di latitanza fra Barcellona e Furnari, ne aveva sentito parlare e si rivolse ai suoi amici della città del Longano. Così Attilio Manca si recò a Marsiglia, eseguì l’intervento su quell’anziano pensionato ricoverato con il falso nome di Gaspare Troia e tornò a Viterbo. Lì però fu deciso di eliminare lo scomodo testimone. Cosa Nostra non poteva permettersi alcun debito di riconoscenza, nemmeno risparmiandogli la vita. Perché la libertà di Binnu valeva più di tutto per i suoi uomini. Ma cosa significava quell’ultima telefonata fatta alla mamma in cui Attilio chiedeva che venisse riparata la moto custodita a Tonnarella? Secondo i genitori era solo un modo per far capire loro di essere in pericolo. Non poteva parlare chiaramente davanti ai suoi aguzzini e provò a lanciare quel messaggio che nel suo “nonsense” era un’accorata richiesta d’aiuto. Ma nessuno lo capì e nessuno poteva capirlo. Le indagini accertarono la presenza di un’impronta di un pregiudicato bercellonese sulla scena del delitto ed uno strano viaggio fatto da una persona legata a Cosa Nostra a Viterbo per contattare Attilio. Che ci facevano questi due uomini a casa dell’urologo? Quesiti rimasti senza risposta. Così a quasi sei anni di distanza la morte di Attilio Manca rimane un mistero. Uno dei tanti dietro i quali si staglia sinistra l’ombra della mafia.

(correlato in basso l’articolo relativo all’inchiesta)

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