Da Galati Mamertino al Belgio e ora i riconoscimenti internazionali. Storia dello chef nebroideo che sull'alta cucina dice: "Non conosce crisi, il segreto è..."
Galati Mamertino – Tra i primi 5 chef su 40 professionisti di altissimo livello internazionale, qualificandosi così alle finali nazionali a Rimini, a febbraio 2026 e quelle europee in Lussemburgo. E’ il risultato che lo chef Sebastiano Parafioriti ha conseguito all’ultima Settimana della cucina italiana nel mondo organizzata dalla Federazione Italiana Cuochi in Belgio, alla fine di novembre.
Cucina italiana patrimonio Unesco

Non una semplice gara. La prova ha sostenuto la causa della candidature della cucina italiana a patrimonio Unesco e all’interno di questa selezione, tra cuochi internazionalmente riconosciuti, Sebby è stato selezionato tra i migliori portavoce di questo patrimonio italiano, da valorizzare e tutelare.
La scuola galatese
Originario di Galati Mamertino, il traguardo di chef Sebby conferma la tradizione eno gastronomica del centro dei Nebrodi, che vanta nomi come i fratelli Drago, gli chef delle star negli Usa, e l’Antica Filanda della famiglia Campisi-Parafioriti, ormai tappa fissa della guida Michelin.
Dai Nebrodi al Belgio per osare in cucina
I piatti di Sebastiano, che hanno segnato la fortuna de “Il tuo ristorante” a Lebbeke, parlano della cucina italiana senza la paura di osare. “I miei piatti sono frutto di un lavoro di ricerca dell’autentica tradizione siciliana ma rivisitati. Non ho mai creduto che bisogna “cucinare come a casa”, allora non ha senso andare al ristorante. Lo chef deve poter dire la sua, fare le proprie proposte”. La filosofia di Sebastiano è chiara ed è stato questo suo bisogno di esprimersi a spingerlo lontano dai Nebrodi. “Mi sono formato professionalmente in Germania, poi sono tornato in Sicilia perché è qui che avrei voluto operare. Ma il mio voler osare non è stato capito, 20 anni fa ancora si cercava la tradizione a tutti i costi. E’ stato il primo impatto, certo, non è l’esperienza di tutti. Vedi l’Antica Filanda, ad esempio, che è riuscita portando avanti una cucina innovativa. Ma è stato il mio primo impatto, e mi ha spinto ad andare in Belgio”, racconta Sebastiano.
Ristorazione in crisi?
Qui lo chef è diventato un nome riconosciuto a livello internazionale e oggi può dire la sua anche sull’attuale presunta crisi della ristorazione e dell’alta cucina. “La mia esperienza è diversa. Parlando, spiegando ai clienti qual è la “ragione” di un piatto, come abbiamo lavorato, li si riesce a guidare ed a proporre una esperienza, a farsi capire anche davanti ad alcune criticità, come quelle dei problemi alimentari, oggi sempre più diffusi. Credo che il segreto sia proprio questo, proporsi con rispetto e farsi comprendere. Nel mio ristorante cerco di fare anche cultura alimentare in un certo senso, e far comprendere i benefici della cucina italiana, cerco di educare i miei clienti a non consumare caffè e cappuccino dopo cena per esempio”.
L’alta cucina che parla galatese
E’ questo lo stile che ha portato Sebastiano a rappresentare la cucina italiana nel percorso di candidatura a patrimonio dell’Unesco. Una strada che passa anche dalle sue radici galatesi. “E’ a Galati che ho imparato a cucinare, sono i ricordi più vivi che ho dei miei giorni al paese che mi portano a operare ogni giorno. Per me l’odore della salsa fatta in casa, l’immagine di mia madre all’opera, così come l’odore del pane fresco sfornato dal forno a legna, sono ricordi bellissimi e vividi, che cerco di riproporre ai miei ospiti tutte le volte che posso”.
