Dell'arte di esser fonte

Dell’arte di esser fonte

Dell’arte di esser fonte

lunedì 17 Dicembre 2012 - 13:11

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La consapevolezza è prestare attenzione focalizzata al presente, al qui e ora, ai nostri pensieri ed alle nostre sensazioni, osservandole senza correr loro dietro. L’insieme di pensieri, di sensazioni, di emozioni, piacevoli o spiacevoli che continuamente la nostra mente produce è simile ad un fiume, che può scorrere piacevolmente assecondando le anse del suo greto, oppure discendere impetuoso a valle distruggendo e travolgendo ogni cosa lungo il suo percorso. Non esiste corso d’acqua che sia sempre calmo o sempre in piena, le nostre fiumare ce lo insegnano. Nel primo caso amiamo starlo a guardare e anche navigarci dentro, ci compiacciamo della piacevolezza del momento: è qualcosa che somiglia a quella cosa sfuggente che chiamiamo felicità. Nel secondo caso, se ci capita di navigare in quel fiume, ci sentiamo in balia della corrente, per nulla in grado di modificare il corso degli eventi, inermi e vittime di una natura impetuosa e crudele che può condurci verso la tragedia.
Simili esperienze mentali le abbiamo quando l’ansia, il dolore, l’angoscia sono così intense da sembrarci più grandi di noi, da farci sentire sopraffatti. Il primo e più immediato effetto del praticare la consapevolezza è riuscire a ricordare che nessun momento dura in eterno, che tutto scorre e che alla furia della piena segue la calma: riusciamo a comprendere che è un momento critico e non una tragedia. Che la crisi passa e dopo c’è ancora la vita.
Se siamo già un po’ pratici nell’arte della consapevolezza riusciamo anche a ricordare che noi non siamo i nostri pensieri, le nostre emozioni: riusciamo a prendere distanza dal flusso dei nostri pensieri a sentirli altro da noi, pratichiamo cioè la defusione, non ci identifichiamo più coi nostri pensieri, riusciamo ad allontanarcene.
La defusione è come un elicottero di salvataggio, ci solleva di peso dal fiume in piena dei nostri pensieri che ci sta trascinando con sé e ci deposita dolcemente a riva. Da lì non possiamo modificare il corso del fiume, ma possiamo osservarlo in sicurezza, forse ancora con timore, ma di sicuro senza più la paura della tragedia. Non essere più vittime della tragedia dei nostri pensieri è una conquista sostanziale. Praticare regolarmente la meditazione è sufficiente per essere capaci di defondersi dai propri pensieri. Con la defusione, i pensieri non cambiano, è la nostra posizione rispetto a loro che cambia: li osserviamo dall’esterno, ne siamo ancora partecipi, con un’intensità che però è minore. Defusione non vuol dire calma perfetta: non è l’assenza totale di dolore o gioia che molte filosofie orientali ed occidentali inseguono.
Osservare il flusso dei nostri pensieri da lontano ce lo fa sembrare meno minaccioso, questo perché non ne siamo più letteralmente travolti, ma anche perché al naturale flusso dei nostri pensieri non aggiungiamo più il rivolo della paura dei nostri pensieri: abbiamo un pensiero, una paura in meno, non alimentiamo la portata del flusso. Sentiamo ansia e paura per quello che accade nella nostra vita, ma non abbiamo più la paura che queste possano sopraffarci: abbiamo imparato come non farle straripare.
Quando saremo inoltrati nella pratica della meditazione, impareremo non solo ad osservare il flusso dei nostri pensieri, ma anche ad incanalarlo. Sapremo allargare e restringere il fuoco della nostra attenzione nel modo per noi più utile: saremo capaci di ridimensionare il nostro imminente malessere, contestualizzandolo all’interno della nostra intera esperienza del vivere, fatta anche di momenti in cui ci siamo sentiti felici e forti. Sapremo inoltre ascoltare e comprendere i nostri bisogni, in modo da soddisfarli. Sapremo mobilitare le nostre risorse personali e sociali, perché avremo imparato quali sono e come accedervi. Risaliremo gradualmente la corrente, giungendo alla fonte del flusso. Impareremo a modulare questo flusso sin dalla sua origine, non solo a sopravvivere alla sua gittata nei pressi della foce. Impareremo ad esser fonte. Sapremo generare il flusso di pensieri per noi più utile, senza limitarci a sopravvivere a quello che nasce e si alimenta nell’inconsapevolezza.
Queste però sono solo parole.
La distanza tra il leggerle ed il viverle è il mare. La pratica è l’umile barchetta che pian piano ci condurrà dalla sponda delle parole a quella dell’esperienza vissuta. Il viaggio è lungo e faticoso, ma già dal suo inizio possiamo vedere e gustare la meta.
A Psicologica sta il parlare di consapevolezza. A noi, nel nostro quotidiano, il praticarla.

“Psicologica” è curata da Francesca Giordano, psicologa, laureata presso l’Università degli Studi di Torino, specializzanda presso la Scuola di Psicoterapia Cognitiva, Roma (SPC), Vicepresidente A.p.s. Psyché, “mamma di giorno” presso il nido famiglia Ohana.

Avvertenza: questa rubrica ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni e le risposte fornite dall’esperta hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e quelle pubblicate, previo esplicito consenso del lettore, saranno modificate in modo da tutelarne la privacy.

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