Si tratta della prima fatica letteraria del giornalista e documentarista pattese. Il libro, stampato per il gruppo editoriale L’Espresso e acquistabile su ilmiolibro.it, racconta l’affascinate viaggio in treno da Palermo a Pechino, svelando le bellezze, le contraddizioni, le brutture e le eccellenze di terre a noi lontane.
Quindicimila chilometri di storie. Un viaggio in treno da Palermo a Pechino attraverso mezza Europa, passando per l’Asia del nord e la Mongolia. L’idea gli balenava in testa già da un po’: “più ci pensavo e più friggevo immaginandomi in quelle sterminate terre”. Poi la decisione – netta, fulminea – con in testa solo le parole che lo zar Alessandro III pronunciò quando diede il via alla costruzione della Transiberiana: “Bisogna farla, farla adesso!”. Inizia così l’avvincente viaggio del giornalista e documentarista pattese Franco Zanghì alla volta dell’estremo oriente. Insieme a lui l’”assistente” Tino, suo nipote: prezioso collaboratore per le riprese di ciò che sarebbe dovuto divenire un documentario televisivo. Alla fine è saltato fuori anche un libro a metà strada tra il reportage narrativo e il racconto, ricco d’informazioni utili, pieno di storie interessanti, intessuto di emozioni profonde. “Oltre la transiberiana” si snoda attraverso una scrittura semplice, diretta, pulita, mai banale o scontata, sempre alla ricerca del dettaglio e intessuta di un’italianità genuina e spontanea. Tra le righe affiora l’amore incondizionato per la propria terra (nei confronti della quale, tuttavia, non lesina critiche attraverso un’ampia riflessione dedicata alla mafia e alle contraddizioni dei siciliani) e la curiosità un po’ fanciullesca di guardare sempre oltre l’orizzonte. Di città in città, di paese in paese, c’è sempre qualcosa da imparare. E chilometro dopo chilometro il bagaglio dei ricordi si arricchisce di nuove esperienze, espresse da simpatici aneddoti e considerazioni talvolta amare. Particolarmente significativo l’episodio della visita al campo di concentramento di Auschwitz, davanti ai forni crematori: “una donna orientale – forse giapponese – sistema due bambini davanti ai forni per una foto ricordo. Poi chiede a me di fotografarla insieme ai bambini: non sono capace … mi dispiace”. La donna non sa che Franco è un fotografo professionista. E ancora: “guardo le facce dei turisti tedeschi: hanno un’espressione diversa da tutti gli altri. Sembrano assenti, vanno avanti seguendo la guida, ma non ascoltano – almeno questa è la mia impressione – una sola parola. Darei non so cosa per leggere i loro pensieri in questo momento. Mi chiedo se, da tedesco, avrei mai avuto il coraggio di visitare quel posto”. Più leggere, ma altrettanto significative, le considerazioni sulla nostalgia della pasta, sulla puntualità dei treni russi, sugli stereotipi attraverso cui ci guardano all’estero. Il viaggio diviene così fisico e mentale al tempo stesso, di modo che, aldilà delle città e di tutti i luoghi misteriosi e affascinanti attraversati dalla Transiberiana, si dipana un mondo ancora più vasto, magistralmente catturato dalla penna di Franco Zanghì.
