Barcellona, la festa di San Rocco e le solite polemiche

Barcellona, la festa di San Rocco e le solite polemiche

Giovanni Passalacqua

Barcellona, la festa di San Rocco e le solite polemiche

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mercoledì 19 Agosto 2015 - 15:34

Dopo la suggestiva processione a mare del santo di Calderà molti cittadini hanno denunciato la sporcizia in spiaggia, la presenza di resti di falò, il caos cittadino; ma queste sono conseguenze di ogni grande evento, fa notare qualcuno

Nella giornata di ieri si è tenuta a Barcellona Pozzo di Gotto la suggestiva festa di San Rocco. Il santo di Calderà, uno dei quartieri turistici della città, viene portato in processione a mare, su una barca. La tradizione è una delle più sentite dai barcellonesi, e per questo diventa spesso motivo di diatribe tra i cittadini. Le lamentele si concentrano in particolare sui falò organizzati in spiaggia nonostante il divieto di legge e sui rifiuti che hanno invaso le spiagge e i luoghi pubblici della stessa Calderà; ma è solo la punta di un iceberg di critiche, lamentele e controdeduzioni.

I rifiuti sono un tema molto sentito dai cittadini, che non hanno perso tempo a riempire i social networks di foto e commenti indignati. Qualcuno, come spesso accade, ha addossato le responsabilità all’amministrazione comunale (vecchia o nuova, poco importa). Qualcun altro ha fatto invece alcune interessanti osservazioni. “Per “confutare” quanto la maggior parte degli utenti Facebook affermano” – scrive Santino Cortese – “mi è bastato digitare, su google, le parole “dopo il concerto” e cliccare sulla categoria “immagini”; ne ho trovate migliaia che dimostrano come, dopo ogni evento che implica una massiva partecipazione di pubblico, i luoghi oggetto delle manifestazioni si presentino quasi sfigurati, irriconoscibili e pieni di ogni tipo di rifiuti”. Cortese propone anche una possibile soluzione: “Programmare pulizie straordinarie subito dopo la fine degli eventi, dotare, per quanto possibile, i luoghi di un sufficiente numero di contenitori per l’immondizia, predisporre cartelli segnaletici che aiutino gli utenti a trovare subito il contenitore di rifiuti più vicino, sorvegliare in maniera discreta ma decisa cosicché tutti osservino divieti e prescrizioni. E, ma solo come estrema ratio, potrebbero anche funzionare le multe da elevare ai più riottosi”.

I falò sono invece al centro di uno strano dibattito: c’è infatti chi vorrebbe severi controlli per assicurare il rispetto del divieto, e c’è chi invece vorrebbe maggior tolleranza nei confronti dei fuochi in spiaggia. C’è poi una terza categoria: quella, immancabile, degli strumentalizzatori a fini politici. E così, tra accuse reciproche tra vecchi e nuovi amministratori – e i loro fan -, anche i falò diventano motivo di scontro. Si può essere tolleranti nei confronti di una tradizione, anche se ha delle spiacevoli conseguenze? O si deve pretendere invece il rispetto delle regole? E gli amministratori come devono comportarsi? Non c’è alcun accordo su questo tra i cittadini, e le posizioni sono le più disparate. Nei fatti, i falò sono ancora comuni, e non sono mancati alla festa di san Rocco. Per quest’anno ha vinto ancora una volta la tradizione, nel bene e nel male.

Si, nel bene e nel male. Perché ogni grande evento ha due facce. Una è quella che restituisce vivacità e allegria a un luogo splendido, ma forse non adeguatamente valorizzato; quella che sorride a commercianti e venditori ambulanti; quella che consente di rivivere una delle tradizioni più suggestive della città del Longano, coronata da spettacolari giochi pirotecnici. L’altra è quella dei rifiuti, dei resti di falò, del caos urbano, delle accuse politiche in un contesto che dalla politica dovrebbe essere del tutto avulso. E, dunque, la scelta non può che essere tra una quieta normalità e una caotica festa: “In ogni caso” – conclude il sopracitato Cortese – “meglio una spiaggia da pulire tutti i giorni, con commercianti contenti di aver guadagnato bene, con gente contenta di aver visto giochi pirotecnici spettacolari, che il mortorio assoluto cui abbiamo quasi preso l’abitudine”.

Giovanni Passalacqua

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