"Duecento giorni di tempesta" raccontati da una prof appassionata

“Duecento giorni di tempesta” raccontati da una prof appassionata

Redazione

“Duecento giorni di tempesta” raccontati da una prof appassionata

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giovedì 25 Marzo 2021 - 07:00

"Duecento giorni di tempesta" è il terzo romanzo di Simona Moraci, messinese, giornalista e insegnante

Il cuore in tempesta di una prof. appassionata. Anzi, Duecento giorni di tempesta scolastica, amorosa, esistenziale, tra violenza e possibile riscatto. In primo piano la storia della giovane insegnante Sonia, catapultata in un quartiere a rischio di una città di mare siciliana in mano alla criminalità. Una “terra straniera” ma anche una sfida per Sonia, in fuga dal passato. La scuola è fatta da classi “esplosive”, così chiamate dai professori per il livello disturbato e disfunzionale dei comportamenti degli alunni. Da qui una narrazione incalzante che lascia spazio alla capacità da parte dei docenti di entrare in relazione con i ragazzi e anche a un complicato triangolo amoroso che coinvolge la protagonista con due suoi colleghi: Stefano e Andrea.

Duecento giorni di tempesta, la copertina

Duecento giorni di tempesta, nelle librerie e store on line dal 31 marzo, è il terzo romanzo di Simona Moraci, messinese, giornalista e insegnante, ed è pubblicato da Marlin editore (collana “Il portico”, pagine 304, € 16,90, marlineditore.it), la casa editrice di Tommaso e Sante Avagliano.

Dotata di una scrittura vivace e ricca di ritmo, Moraci fa immergere i lettori in un territorio nel quale le famiglie vivono situazioni difficili e l’istituzione scolastica cerca di arginare il malessere di alunni ribelli a ogni regola e disciplina. Duecento giorni di tempesta racconta le traversie interiori e amorose del personaggio principale e la lotta dei professori per strappare i ragazzi al degrado, in una “tempesta” romanzesca che coinvolge e fa riflettere.

Il commento dell’autrice

«Duecento giorni di tempesta nasce dalla mia esperienza maturata negli ultimi anni sulla “frontiera”, nelle scuole di quartieri a rischio. È come un universo a sé stante: tutti i sentimenti, le emozioni sono amplificati e occorre trovare un equilibrio “nuovo”.  La mia passione per la scrittura e il mio amore per l’insegnamento mi hanno spinto a raccontare di rabbia e innocenza, di pianto e risate, di questi bambini straordinari e fuori da ogni schema. In particolare, l’affetto nei confronti dei ragazzi è stato uno stimolo potente. L’amore è l’unica via per uscire dal buio», sottolinea l’autrice.  

La trama

La violenza del quartiere è quella dei ragazzi e delle loro famiglie: i docenti sono soli ad affrontarla e convivono con la frustrazione di poter fare poco o nulla. Da parte sua, Sonia è una donna in cerca di sé stessa dopo la morte del figlio. Il primo giorno di scuola viene accolta con un’improvvisata “lapidazione” a base di bottigliette di plastica e a salvarla accorre Andrea, collega d’Arte dai modi rudi e dal fascino gitano, che porta con sé l’ombra di un passato legato alla criminalità. Nelle prime settimane, al di fuori di ogni parametro, i ragazzi testano il limite di Sonia tra rivolte e rabbia, banchi scagliati in aria e aggressioni.

A portare conforto nella sua vita è il collega di Scienze Motorie, napoletano dal volto paterno, Giulio, e l’amica di sempre, Altea. Ma, ad accorrere in suo aiuto, c’è soprattutto Stefano, un uomo sfuggente che alterna silenzi e fughe. Sonia ne rimane immediatamente colpita, ma Stefano mostra nei suoi confronti un comportamento contraddittorio: corre in suo aiuto nei momenti di crisi, durante le risse in classe, e subito dopo tende a chiudersi in sé stesso, sicché i loro incontri si trasformano spesso in scontri, fughe e ritorni.

Andrea invece riesce a stabilire una relazione con Sonia, fatta di passione e comprensione. Tuttavia, il suo temperamento aggressivo degenera in violenza quando Stefano decide di non scappare più da lei. Sarà la gravidanza della donna a rimettere tutto in gioco: Sonia, Stefano e Andrea troveranno la forza di andare avanti insieme?

L’incipit

Prendere servizio dovrebbe essere uno dei momenti più emozionanti nella vita di un insegnante. Mi aggiravo, non senza perplessità, tra le vie costellate di baracche del quartiere di quella che sarebbe divenuta l’altra mia città di mare. Non lo sapevo ancora: il passaggio da nonluogo a luogo non si era compiuto e mi agitavo sulla soglia di una vita nuova che avrebbe fatto impallidire persino Dante.

Il mio scrigno di lettere era ancora vuoto: avevo la necessità di lasciare indietro il passato, la casa che mi attendeva, intrisa di silenzi, al limitare del tramonto. Guardai le lamiere ondulate, i muri scrostati e pensai che Dio, o chi per lui, sceglie sempre una strada in salita, specie se siamo stremati da quella già percorsa.»

(…) Il dirigente era un uomo sulla cinquantina, dai capelli brizzolati e per nulla sorridente. Ci presentammo, malgrado il caldo di settembre, in un clima che mi parve troppo austero: avevo l’impressione che quel luogo necessitasse di altro. Abbozzai un sorriso e mi fissò un istante: servì a poco, se non a infrangere i bei pensieri che avevo coltivato sino ad allora.

«Il nostro è un quartiere a rischio» esordì, in piedi di fronte a noi. «Con un’utenza particolarmente difficile. Dovete essere severi ma farvi voler bene. L’amore è l’unica cosa che vi può aiutare.» Non ci strinse la mano e ci congedò prima che potessimo ribattere.”

L’autrice

Simona Moraci, nata a Messina nel 1975, giornalista professionista, dopo oltre vent’anni di carriera ha scelto di dedicarsi all’insegnamento. Ha pubblicato i romanzi “I Confini dell’anima” (1996) e “Giornalisti, e vissero per sempre precari e contenti” (2014), entrambi con Armando Siciliano Editore. Attualmente collabora con il quotidiano “La Gazzetta del Sud”, di cui è stata redattrice.

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