Excelsior e la sua critica all’Occidente tra eccessi e originalità

Excelsior e la sua critica all’Occidente tra eccessi e originalità

Emanuela Giorgianni

Excelsior e la sua critica all’Occidente tra eccessi e originalità

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giovedì 04 Aprile 2019 - 04:33

È in scena, il 3 aprile alle 21,00 e il 4 aprile alle 17,30, al Teatro Vittorio Emanuele, lo spettacolo Excelsior di Salvo Lombardo. Un’opera che non lascia indifferenti.

1881. È un tempo di grandi rivoluzioni, del progresso, dell’imperialismo, della costruzione dell’identità nazionale. In quell’anno è in scena, alla Scala di Milano, il Gran Ballo Excelsior di Luigi Manzotti che, come afferma il suo autore, mette in luce “la grandezza della civiltà contro l’oscurantismo che costringe i popoli nelle tenebre del servaggio e dell’ignominia”.

2019. È un tempo di crisi, di cambiamenti, di pericoli, dello strapotere della tecnica, del predominio del più forte, della manipolazione da parte di tutto ciò che è ‘pop’. In quell’anno, l’Excelsior di Salvo Lombardo,e la sua compagnia Chiasma, arriva al Teatro Vittorio Emanuele di Messina, il 3 aprile alle 21,00 e il 4 aprile alle 17,30.

Lo spettacolo parte proprio dal Gran Ballo del 1881, dalle sue premesse, in chiave critica e parodistica; i suoi concetti e i suoi movimenti vengono decostruiti, estremizzati, per mostrarne le derive moderne e realizzare un profondo attacco a quell’Occidente per la cui pretesa superiorità sono state compiute le più disumane aberrazioni.

O, almeno, questo è l’intento del suo creatore, forse non sempre facilmente comprensibile dal pubblico, data anche la lontananza temporale e la scarsa conoscenza dell’opera originale, generando non poca confusione e anche abbastanza sconcerto. Non gli si può assolutamente negare, però, la capacità di lasciare il segno, positivo o negativo che sia. Il suo intento è, probabilmente, proprio quello di scioccare, di far riflettere, con toni ed immagini dure, di impatto, non convenzionali, satiriche e volutamente scabrose, su un tema importante, il rapporto Occidente – Oriente nel corso della storia. A rendere il tutto possibile è stata la danza e, insieme ad essa, tutte le altre forme rappresentative, musica, canti, immagini, video e parole.

Ed è chiaro si dall’inizio: il video d’apertura, realizzato da Isabella Gaffé, mostra immagini folkloristiche, popoli selvaggi, la guerra, danze in mezzo agli spari, accostate a pubblicità, sederi, scene di film, video tutorial, la foto dei The Jackson 5 e danze odierne, un insieme di stereotipizzazioni a confronto tra un passato e un presente non così distanti.

Il sipario si apre, la scenografia, di Daniele Spanò e Luca Brinchi, è minimalista ma di grosso impatto, due pannelli, su cui vengono proiettate immagini e nove led sempre accesi, per rappresentare proprio la luce de La Civiltà. Entrano in scena i suoi protagonisti, i membri della compagnia: Jaskaran Anand, Cesare Benedetti, Lily Brieu, Lucia Cammalleri, Leonardo Diana, Fabritia D’Intino e Daria Greco, collaboratrice coreografica.

Vengono palesate, sin dall’inizio, la stranezza e l’originalità dell’opera: una ragazza, che indossa una maglietta con la croce, rappresentazione de La Civilità nell’Excelsior originale, intona dei canti, a lei si uniscono gli altri danzatori ripetendo le stesse movenze. Colpiscono, immediatamente, i costumi, disegnati da Chiara Defant, la scritta ‘Barbie’ su una maglietta, emblema di tutto ciò che è commerciale; quella ‘Odile’ su un’altra, forse in riferimento al Cigno Nero del Lago dei Cigni, i pantaloni con la bandiera britannica a simboleggiare il colonialismo inglese; i panni di Tomb Raider vestiti da un’altra ballerina. Nulla è lasciato al caso, ogni strumento è veicolato alla trasmissione del medesimo messaggio, alla stessa aspra denuncia.

Alcuni brani eseguiti appartengono alla musica originale, resi, però, con un semplice “pom pom pom”; una melodia tribale diviene, poi, improvvisamente “Waka Waka” di Shakira e i danzatori cominciano a muovere ripetutamente il bacino, mentre viene ripetuto più volte il verso “this is Africa”.

Nel frattempo, tra le musiche, i danzatori ripetono alcuni dei passi del balletto classico usati nell’Excelsior ottocentesco, in chiave del tutto nuova: utilizzando soltanto le mani.

Ad unirsi a loro sono i ragazzi selezionati per il workshop Around Excelsior: Christian Corsi, Ivana Gullì, Chiara Irrera, Rebecca Pianese, Cristina Pasqua, Alessia De Mariano, Alessandro Coco e Gabriella Sentineri.

È questa, infatti, una grande particolarità dello spettacolo, accanto alla compagnia Chiasma, di città in città, si uniranno a diverse scene dell’opera danzatori del luogo. Una selezione di successo quella dei danzatori del Messinese, spiccano, infatti, per sinergia, presenza scenica e talento.
“Abbiamo danzato con ragazzi prima sconosciuti ed è stato come se ballassimo insieme da sempre”, “siamo felici di essere parte di un’esperienza così importante. Tutto ciò che Excelsior rappresenta è stato per noi fonte di crescita sotto ogni punto di vista” raccontano Christian Corsi e Ivana Gullì della scuola Centro Danza di Genny Ruggeri, scelti per il workshop.

Una scelta rischiosa ma assolutamente riuscita, per dare qualcosa in più alle esibizioni.


Lo spettacolo continua e le musiche, di Fabrizio Alviti, sono un insieme di suoni ossessivi, incalzanti, senza riposo, ritmi tribali, accompagnati da versi di animali, e fanno da sottofondo a movenze altrettanto scattose e confuse, movimento e suono si stringono in un connubio perfetto, rappresentazione visiva di suono, ed esecuzione acustica di immagini.

Entrano, danzando insieme, un performer che indossa un cappello da cowboy e quello con stampata la bandiera inglese nei pantaloni, finiscono per baciarsi, li raggiunge in scena una ballaria classica, seguita dagli altri con movimenti ripetitivi, su un rumore di spari e il video, nello sfondo, di cheerleaders esultanti. Le contrapposizioni regnano sovrane.


Si unisce, ancora, la danzatrice con la croce rossa, sventolando la bandiera italiana, per metterla poi dentro i pantaloni. È la futilità del nazionalismo, causa di tante atrocità, l’assenza di valori. Intanto le immagini dei migranti del Mediterraneo vengono accostate a quella di una crociera. Sono le frivolezze della nostra epoca, che soppiantano la cura per le questioni di reale conto, per le quali ci sono solo lamenti.

I danzatori realizzano, con movimenti volutamente scabrosi, delle costruzioni umane. Il sottofondo musicale, stavolta, ripete “wet, run it down my vagina, slurp that dick ‘til it cum” e sullo sfondo scorrono le immagini di una donna indigena toccata violentemente dai colonizzatori, pratica svolta per scoprire il corpo femminile.

Il palco si riempie di piante, mentre una ballerina twerka, la satira è stavolta verso gli ecologisti, e le esagerazioni della moda che ne è derivata.

Il tutto è molto confuso, lo spettatore si sente turbato e disorientato, è difficile comprendere il senso delle immagini, coglierne il filo conduttore. Ed è vero che all’arte è concessa ogni cosa, ma non esiste un confine tra arte e spiacevole esagerazione? Al pubblico spetta la risposta, sicuramente l’Excelsior tale limite non se l’è posto. E il rischio è che l’eccessività e lo scandalo nascondano e pongano in secondo piano il messaggio importante ma scomposto in questo caotico intervallarsi di scene diverse, e che quello che dovrebbe essere semplicemente un mezzo, le immagini forti, scioccanti, diventi, invece, fine prevalente.

Ma non finisce qui. Il sottofondo musicale rievoca versi nauseanti. Entra un ragazzo, ha un cartello con scritto: “Noi soli bianchi abbiamo toccato la più perfetta simmetria nelle forme del corpo”, è una citazione di Cesare Lombroso, antropologo italiano, padre della teoria della razza in Italia. Parte una musica che ripete “vucumprà” e una donna si alza la gonna, mostrando una scritta tratta da Une Tempête di Aimé Cesaire, teorico de la negritude. Comprendere i riferimenti è, però, quasi impossibile.

Seguono le ultime significative scene: si passa da una partita di calcio sul palco all’esecuzione di diversi balli di gruppo, le cui movenze sono ben distinguibili, sebbene non accompagnate dalla musica corrispondente.

Entra una danzatrice coperta da una cartina geografica, in sottofondo i versi di animali selvaggi che si trasformano e confondono con un russare indefinito, la ragazza lascia cadere a terra la carta geografica, scoprendo i seni nudi, la coprono solo dei pantaloncini raffiguranti la stessa fantasia della cartina. Si appoggia, allora, a terra, nella stessa posa della figura femminile de Le déjeneur sur l’herbe di Edouard Manet, dipinto simbolo del modernismo. Tutti la osservano girandole intorno, è l’imporsi dello sguardo etnocentrico, ma lei tiene loro testa, si siede e batte le mani alla fine. Sul suo applauso un danzatore inizia a fischiettare, con la mano sul cuore, “My Fatherland (Mά Vlast)”, mentre un altro danza con fucile ricoperto di brillantini.

E, infine, l’ultima scena: scende un pannello sul palco su cui viene proiettato un video di lupi che mordono la bandiera italiana, da dietro si intravedono entrare i danzatori nudi e accasciarsi gli uni sopra gli altri.

Si riaccendono le luci. L’Excelsior di Salvo Lombardo è, probabilmente, uno spettacolo per pochi, pochi, infatti, erano i presenti in sala, andati via turbati e confusi. La domanda che l’autore si pone è: “e se l’evoluzione fosse un’involuzione? La superiorità inferiorità? Se il nostro mondo andasse alla rovescia?”. L’attacco è alla vanagloria del nazionalismo, all’idolatria del ‘pop’, alla legge del più forte, ma viene sommerso da tutto il resto, dalle troppe immagini scabrose, dalle caotiche scene. Lo spettatore torna a casa colpito, scosso, deve metabolizzare ancora bene da cosa, ma di sicuro non indifferente. L’Excelsior o si ama o si odia, e credo sia proprio questo il desiderio del suo creatore.

Ideazione, coreografia e regia Salvo Lombardo

Performance Jaskaran Anand, Cesare Benedetti, Lily Brieu, Lucia Cammalleri, Leonardo Diana, Fabritia D’Intino, Daria Greco

I partecipanti al workshop Around Excelsior: Christian Corsi, Ivana Gullì, Chiara Irrera, Rebecca Pianese, Cristina Pasqua, Alessia De Mariano, Alessandro Coco e Gabriella Sentineri
Collaborazione coreografica  Daria Greco

Consulente culturale Viviana Gravano
Musiche Fabrizio Alviti
Disegno luci e video Daniele Spanò e Luca Brinchi
Contributi filmici Isabella Gaffé
Video Homo Homini Lupus Filippo Berta
Costumi Chiara Defant

Ottimizzazione tecnica Loris Giancola, Luca Giovagnoli, Gabriele Termine

Produzione esecutiva Associazione Culturale Chiasma, con il sostegno di MiBAC – Ministero Beni e Attività Culturali

Co-produzione Théâtre National de Chaillot, Parigi, Festival Oriente Occidente, Rovereto; Festival Fabbrica Europa, Firenze, Romaeuropa Festival, Roma; Versiliadanza, Firenze

In collaborazione con Teatro della Toscana / Pontedera Teatro, ACS AbruzzoProgetto realizzato nell’ambito di Residenze coreografiche Lavanderia a Vapore 3.0 / Piemonte dal Vivo

2 commenti

  1. Salvo Lombardo 7 Aprile 2019 11:25

    Gentile Emanuela, grazie per le sue considerazioni sul nostro Excelsior e per la sua restituzione cronachìstica dell’opera.
    Rispetto a quanto ha scritto vorrei fare due precisazioni:
    – la scena in cui il palco si riempie di piante, come lei racconta, non è affatto una satira all’ecologismo, dalla quale mi guarderei bene. Nessuno dei segni presenti nella scena in questione credo rimandi a questo; abbiamo lavorato semmai ponendo l’accento sulle derive di un certo esotismo contemporaneo e dell’appropriazione culturale che spesso riguardano la moda e il design.
    – non ho mai pronunciato le frasi che lei mi attribuisce, in fondo all’articolo, a proposito di evoluzione e involuzione, superiorità e inferiorità. Pertanto le virgolette sono improprie.
    Grazie ancora e un cordiale saluto
    Salvo Lombardo

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    1. Emanuela Giorgianni 8 Maggio 2019 11:14

      Gentile Salvo Lombardo,
      la ringrazio per il suo intervento e ci tengo a precisare che per quanto riguarda la scena delle piante, come poi nel resto dell’articolo, io esprimo la mia personale interpretazione dei fatti e questo è il messaggio che mi è arrivato; per quanto riguarda la domanda invece è, ancora una volta, quella che io penso lei si ponga, il virgolettato serve qui a porre la domanda in forma diretta, non è espressione delle sue parole.
      Mi scusi il ritardo, ma ho visionato solo ora la sua risposta.
      Cordiali saluti
      Emanuela Giorgianni

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