Fava: “Abbattere i muri delle periferie a Messina, ecco la missione del centrosinistra" INTERVISTA

Fava: “Abbattere i muri delle periferie a Messina, ecco la missione del centrosinistra” INTERVISTA

Marco Olivieri

Fava: “Abbattere i muri delle periferie a Messina, ecco la missione del centrosinistra” INTERVISTA

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sabato 30 Aprile 2022 - 07:30

Il deputato regionale, ieri in città a sostegno del candidato sindaco De Domenico, ha visitato Fondo Fucile, Villaggio Aldisio e le Case Gialle

MESSINA – Politico, giornalista, scrittore, Claudio Fava visita le periferie messinesi e pensa a Primo Levi: «Viene da pensare: “Se questo è un uomo”, se questa è vita, se questa è una città, quando vedi, ad esempio, una persona bloccata in casa per problemi alla gamba e che non può prendere l’ascensore, guasto da mesi. Sono muri invisibili, eretti negli anni, per tenere lontano chi vive lì dal resto della città. Il compito del centrosinistra è quello di lavorare non per abbellire il muro ma per abbatterlo».

Nel segno di una rinnovata attenzione agli ultimi e alle periferie, il deputato regionale ha visitato ieri pomeriggio Fondo Fucile, Villaggio Aldisio e le Case Gialle, a Messina. Al suo fianco il candidato sindaco della coalizione di centrosinistra, Franco De Domenico (nella foto in evidenza con Fava), i deputati Francesco D’Uva (Movimento 5 Stelle) e Maria Flavia Timbro (Articolo Uno) e il segretario provinciale di Articolo Uno Domenico Siracusano.

Fava, Siracusano, Timbro e De Domenico ieri a Messina

Il filo comune è l’idea di un «risanamento sociale  per ricostruire legami di comunità, lontano dal modello di casermoni e strutture imponenti fatte senza coinvolgere la cittadinanza, come quelle previste dall’amministrazione uscente a Fondo Fucile», tiene a sottolineare Siracusano. Un pensiero in linea con quello di De Domenico: «Acquisite le somme per lo sbaraccamento, bisogna saperle spendere. Temiamo, infatti, che la progettualità fin qui realizzata non sia compatibile con un progetto che pensi, oltre alla riqualificazione urbanistica, anche alla riqualificazione sotto l’aspetto sociale. Non possiamo realizzare una ‘Scampia’ a Messina, ma bisogna creare i presupposti di una concreta inclusione sociale per coloro che abitano queste aree della città».

Dopo il viaggio nella zona sud, Fava è intervenuto con lo stesso De Domenico e con l’avvocato Nicola Bozzo, autore di un testo dal titolo «Per una “nuova” etica della città», nello spazio all’aperto di fronte al Vittorio Emanuele, accanto al comitato elettorale di via Garibaldi.

De Domenico, Fava e D’Uva

Claudio Fava, ha visitato le cosiddette zone a rischio…

«Sono zone a rischio per chi ci vive. Sono quartieri – a Messina, Catania, Palermo, Trapani o Gela – dove sono stati costruiti muri invisibili che tengono lontana la popolazione dal resto della città. La parola ghetto è dura ma è anche il frutto di sviste, reticenze, superficialità amministrative che si sono sommate nel corso degli anni».

Che cosa occorre fare?

«Non si tratta di abbellire il muro che separa queste città. Si tratta di abbatterlo, cominciando a lavorare sul tema della dispersione scolastica, di cui mi sono occupato come presidente della Commissione antimafia all’Ars. Una delle piaghe più gravi per questa terra, non solo a Messina. Questi quartieri hanno titolo e diritto per essere considerati fino in fondo una parte della città e non luoghi marginali e vulnerabili».

Fava, De Domenico e Bozzo

Sono allarmanti i dati messinesi sulla dispersione scolastica?

«Abbiamo raccolto il grido d’allarme dei Tribunali per i minorenni. La Sicilia ha il più alto tasso di dispersione in Italia. Messina presenta dati allarmanti e ingiustificati al pari di altre città siciliane. La dispersione scolastica non si spalma democraticamente in tutte le scuole e quartieri. Essa esplode solo in alcune zone, dove il 21 per cento della media siciliana diventa il sessanta o settanta per cento. Qui, nelle scuole vicine al teatro “Vittorio Emanuele”, magari il fenomeno non esiste. Ma, a breve distanza, in altre zone della città dimenticate, le percentuali risultano altissime. Fino a quando proporremo ai ragazzi di questi quartieri di inventarsi la sopravvivenza, invece di costruirsi la vita, la risposta sarà questa».

Se il centrosinistra punta a invertire la rotta, partendo dalle periferie, il valore aggiunto è l’unità ritrovata, a Messina come a Palermo?

«Il dato positivo è proprio l’unità del centrosinistra. Si parte da un candidato eccellente per esperienza, forza politica e qualità umana. Si parte da un centrodestra conflittuale e diviso in tutta la Sicilia. Franco De Domenico ce la metterà tutta e anche noi della coalizione daremo il massimo. Ora tocca ai messinesi scegliere il centrosinistra e De Domenico».

Questa volta avete bandito divisioni e gelosie a favore della coalizione?

«Sì, quest’unità è una risorsa. Abbiamo lavorato insieme dai banchi dell’opposizione, all’assemblea regionale, e abbiamo vinto dove siamo stati insieme alle amministrative. Ci sono tutte le premesse per fare bene».

Lei conferma la sua intenzione di candidarsi alle primarie del centrosinistra per la presidenza della Regione? Hanno firmato a suo favore una serie di personalità a partire da Fiammetta Borsellino, Laura Boldrini e Rosy Bindi…

«Lo confermo, proprio all’interno dell’idea di un centrosinistra unito».

Ma poi bisogna convincere gli elettori. A Messina lo stile di Cateno De Luca, con le dirette Facebook, ha attirato l’attenzione. Non crede che voi dobbiate cambiare il vostro linguaggio?

«Sono d’accordo. Io credo che dobbiamo essere più diretti e meno aristocratici con le nostre funzioni politiche. Poi, dare una risposta che sia suadente e seduttiva come una carezza è facile. Dare una risposta strutturale, rispetto a un problema, richiede serietà, impegno e tempo. Ciò che il nostro candidato sindaco De Domenico intende fare».

Quali sono le caratteristiche di De Domenico che la convincono?

«Si tratta di un candidato di straordinaria generosità. Ha in sé la capacità di proporre sguardi autentici e normali rispetto al tentativo di confondere l’orizzonte della politica aumentando i decibel del rumore, creando il linguaggio dell’odio, accarezzando i bisogni degli altri per trasformarli in elemosina. Oggi Franco De Domenico avrebbe potuto portarmi nei salotti buoni di Messina, nei luoghi in cui sappiamo che lui è riconoscibile e riconosciuto, dove le parole della politica hanno un loro diritto di cittadinanza».

E invece?

«Invece l’etica dello sguardo, come scrive Nicola Bozzo nel suo testo, significa volgere lo sguardo altrove, portarlo dove generalmente non abbiamo voglia di andare a guardarlo. Così Franco mi ha portato nel quartiere delle Case Gialle, a Fondo Fucile, a Villaggio Aldisio. Luoghi che stanno oltre, dentro muri invisibili, ma che sono in questa città. Credo che un amministratore, ma anche un candidato sindaco, debba domandarsi quante città diverse ci siano, spesso ostili e nemiche tra loro».

C’è qualche incontro che l’ha colpita?

«Sì. Oggi Franco è salito al piano alto di un palazzo per andare a trovare un signore che dalla finestra urlava, con un atteggiamento ostile. Uno poteva essere tentato di pensare: “Ecco come il tentativo di costruire un dialogo politico viene accolto in questi quartieri…”. Ma in realtà quest’uomo urlava perché aveva una ragione per gridare».

Perché?

«Perché è recluso in casa: ha una gamba offesa e in quel palazzo l’ascensore è rotto da mesi. Un signore di mezz’età che vive solo in casa da recluso. E noi dobbiamo domandarci se tutto questo abbia una dignità. Quando noi immaginiamo di amministrare e gestire una città, dobbiamo farci carico anche di storie estreme come questa. Dobbiamo partire dagli ultimi per capire come governare al meglio questa città. Ringrazio Franco De Domenico per avermi fatto fare un giro in questi luoghi dimenticati, perché la sofferenza ha diritto di cittadinanza. Un muro invisibile è stato costruito in questi anni perché faceva comodo».

A chi faceva comodo? E voi quali obiettivi vi ponete come centrosinistra?

«C’è stato chi, affacciandosi ogni tanto oltre quel muro, ha proposto un sorriso, una carezza, un’elemosina, una prebenda per ottenere consenso, sedurre e fare prigioniera la speranza degli altri. Il muro c’è, nelle periferie, e il problema è porsi l’obiettivo che la parola periferia non debba più esistere. Occorre un nuovo alfabeto civile e non basta nemmeno il tempo di un sindaco. È un impegno generazionale ma bisogna cominciare».

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3 commenti

  1. Pesantezza intestinale 30 Aprile 2022 16:40

    Caro dott.Fava,qui esistono ghetti che sono dentro una città ghetto,un po’ come le matriosche.
    La lodevole e alquanto utopica intenzione di abbatterne i muri,poi dovrebbe essere accompagnata da una massiccia presenza quotidiana dello stato.
    Io,quando si parla di politica in periodo elettorale,dico sempre che qui non ci vorrebbero sindaci per governare,ma un pool di antimafia, perché il marcio che c’è qui non comincia dai quartieri ghetto;ma da chi detiene il potere e nessun uomo di stato vuol ammanettare per liberarci!

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  2. cittadino sconvolto 1 Maggio 2022 08:02

    ecco qua due politicanti che dovrebbero ritirarsi e andare a dormire

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  3. fava vergognati sei peggio di lui

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