“Edipo e Giocasta”, struggente tragedia dell'inconscio

“Edipo e Giocasta”, struggente tragedia dell’inconscio

Tosi Siragusa

“Edipo e Giocasta”, struggente tragedia dell’inconscio

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domenica 23 Agosto 2015 - 06:44

Intense le interpretazioni di Edoardo Siravo e Caterina Vertova nella suggestiva rilettura delle tragedie sofoclee andata in scena al Teatro Greco di Tindari per il Festival "Teatro dei Due Mari"

Il 18 agosto, alle 21,15, presso il teatro greco di Tindari, risalente al IV sec. A.C., nell’ambito della rassegna “Festival teatro dei due mari”, sotto la direzione del noto regista pattese, Stefano Molica, si è svolta la piece “Edipo e Giocasta”, generando una prova teatrale che ha timbrato debolezze, frustato difetti, ed è stata ammaliante e straniante.
Intensissimi gli interpreti, Caterina Vertova e Edoardo Siravo, in primis, ma anche gli altri, per così dire di supporto, quali Valentina Enea, Cesare Biondolillo e Renato Campese; musiche originali di grande suggestione, quelle di Luca Pincini, hanno armonizzato la tragedia.
La rappresentazione ci ha condotto entro l’atmosfera mitica che fa capo all’”Edipo re” ed all’”Edipo a Colono”, ed abbiamo ritrovato i personaggi di Giocasta ed Edipo, coppia maledetta di coniugi, già legati dal rapporto madre/figlio…. Ma prima ancora ci ha accolto un Tiresia, egregiamente reso da Campese, in abiti contemporanei, che ci ha ricordato quell’antica storia, ormai così radicata da aver prodotto in psicoanalisi la terminologia “complesso di Edipo”.
L’opera teatrale non è in realtà rivisitazione delle tragedie sofoclee, costituendone bensì approfondimento in chiave introspettiva, dal momento che giunge a scavare all’interno della psiche dei protagonisti, scarnificandone gli stati d’animo. Così, se l’Edipo giovanile appare quasi uno sperduto fanciullino, soffocato da complessi di colpa filiale (nei confronti del genitore Laio, verso il quale si è incolpevolmente macchiato anche di parricidio), ma ancor di più da sentimenti maschilisti, che sono sottesi al voler trovare responsabilità della “donna” verso il precedente consorte, per sentirsi così meno colpevole, al contrario, Giocasta, già consapevole dell’identità del nuovo sposo, avendo riconosciuto in lui il proprio perduto bimbo, è materna ed in uno passionale, fortemente consapevole, rivestendo i panni della donna liberata.
Splendida la Vertova in questa toccante interpretazione; potente l’incipit d’ingresso in palcoscenico tindaritano di Edipo, ormai cieco ed invecchiato, del quale un grande Siravo restituisce il potente delirio, nell’invocazione ad un sole fattosi maligno.
Valentina Enea passa con studiato piglio e innegabile competenza dal ruolo della razionale, inarrivabile e pura Antigone, a quello della più fragile e umana Ismene, la sorella, che rievoca la tragedia dei fratelli Eteocle e Polinice, che si sono combattuti mortalmente per la conquista del potere in terra tebana.
Tragedia dell’inconscio dunque, questa innovativa “mise en scene”, che non desacralizza le mitiche figure, rendendole semmai a noi più vicine, perché meno solenni ed enfatiche e assai più umane.
La scenografia, fortemente minimalista, contribuisce alla resa complessiva del prodotto, bello, convincente e mai banale, in quel continuo arrovellarsi dei personaggi, così universale, e nell’incessante ricerca dell’essenza, che connota gli uomini, che vivono un’esistenza, che è “eternità ripiegata”.
In conclusione, non si può che elogiare questa ulteriore rappresentazione all’interno di un cartellone – di notevole spessore, con autori di gran calibro, dense tematiche e validi interpreti -, che sta portando davvero un teatro del quale gli organizzatori mirano a salvaguardare la qualità, rendendolo però accessibile al grande pubblico. Nell’aura mistica della vertiginosa visione dell’orizzonte del tormentato paesaggio siciliano, dalla rocca, si sono godute suggestioni potenti, e quel mitico vento tindaritano, simbolo della memoria quasimodiana, ci ha rapiti insieme alla potente storia, che sempre coinvolge e che, spentesi le luci, si è dissolta, lasciandoci però la tangibile sostanza di quel sogno.

Tosi Siragusa

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