Francesco Maurolico e l’ottica fisiologica

Francesco Maurolico e l’ottica fisiologica

Vittorio Tumeo

Francesco Maurolico e l’ottica fisiologica

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venerdì 09 Ottobre 2020 - 08:17

Lo studioso messinese scoprì le funzioni del cristallino già nel 1554

C’è una sorta di filo rosso che lega i destini di molti ingegni messinesi, arrivati per primi nel piantare la bandierina della scoperta e in seguito, per le ragioni più varie, spodestati da chi invece a quella scoperta era approdato per secondo. È questo il caso, riportato alla luce dall’illustre storico Stellario Gregorio, che vide coinvolto anche, per una delle sue (innumerevoli) scoperte e sperimentazioni scientifiche, il nostro Francesco Maurolico. Il fenomeno indagato dal luminare del XVI sec. ha per protagonista l’occhio umano ed è quello che si verifica quando, per ipotesi, poniamo un dito fra il nostro occhio e la pagina di un libro: è impossibile distinguere nitidamente entrambi, sicché è improprio parlare di fenomeno tout court. Simili osservazioni infatti, rispondono ad un ben noto principio di ottica fisiologica. Lo stesso Dante ne fa una descrizione perfetta: “[…] come chi guarda col viso per una retta linea, che prima vede le cose prossime chiaramente; poi procedendo meno le vede chiare; poi più oltre dubita; poi massimamente altra procedendo, lo viso disgiunto nulla vede” (Convivio, III, 3). Tecnicamente, dicono i testi squisitamente scientifici, esiste nell’occhio la condizione per cui i raggi luminosi emessi da oggetti collocati a diversa distanza, formano il loro fuoco sullo strato sensibile della retina e l’occhio ha la facoltà di adattarsi per la visione distinta di oggetti posti appunto a distanze variabili nello spazio. Un tempo, stando alla ricerca del Gregorio, si riteneva che la retina potesse spostarsi avanti e indietro sotto l’azione dei muscoli oculari. Tuttavia non è così. Si è scoperto infatti che tale meccanismo di accomodazione si deve non alla retina, bensì al cristallino. Gli studiosi fanno risalire questa straordinaria scoperta al 1637, attribuendola a Cartesio.

Le cose non stanno così però, dal momento che il vero scopritore è in realtà Francesco Maurolico, che quasi cento anni prima, nel 1554 per la precisione, diede alle stampe il terzo libro “Diaphanorum, intitolato “De organi visualis structura, et conspiciliorum formis”, poi a sua volta confluito nell’opera postuma “Photismi de lumine et umbra”, pubblicata a Venezia nel 1597. Un passo del testo scientifico, che ha tradotto per noi il Professore Macris, è davvero illuminante.

Scrive Maurolico: “Ogni cosa che consideriamo nella struttura dell’occhio o riguarda la vista in sé o la sua protezione. Tra le cose che riguardano la vista costituiscono il punto forte il liquido glaciale o cristallino che, a mio giudizio, possiamo chiamare col termine pupilla, in cui risiede la facoltà del vedere, come se ne fosse la sede. Questa, – prosegue l’illustre scienziato e umanista messinese – convessa da ambedue le parti, ma non sferica, anzi è compressa e un po’ più compressa dalla parte anteriore, perché con maggiore spazio metta a fuoco le forme degli oggetti visibili. Occupa la parte centrale dell’organo, come il più nobile tra gli umori. Dalla sua forma dipende la qualità della vista sia da vicino che da lontano, eccezion fatta per le restanti malattie, come si dirà di seguito”. Un’altra verità storica sul primato di Messina anche in questo particolare settore della scienza è stato così riportato alla luce.

Vittorio Tumeo

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